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Ricorso inammissibile: limiti del giudizio di Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile poiché l’imputato chiedeva una nuova valutazione delle prove, compito che non spetta al giudice di legittimità. L’ordinanza conferma che i motivi basati su una diversa lettura dei fatti, sulla recidiva già correttamente valutata e su una pena ritenuta congrua non possono essere accolti, comportando la condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione non può riesaminare i fatti

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio dei limiti del giudizio di legittimità, ribadendo un principio fondamentale del nostro sistema processuale: la Suprema Corte non è un ‘terzo grado’ di giudizio dove si possono rivalutare le prove. Quando un appello si fonda su tale richiesta, il risultato è un ricorso inammissibile. Questo caso analizza la vicenda di un imputato che, dopo la condanna in Corte d’Appello, ha tentato di ottenere una diversa lettura dei fatti, scontrandosi con i consolidati paletti procedurali.

I fatti alla base del ricorso

Il ricorrente, condannato dalla Corte d’Appello di Messina, ha presentato ricorso in Cassazione basando le sue doglianze su tre motivi principali:
1. Vizio di motivazione: Contestava l’affermazione della sua responsabilità penale, auspicando una riconsiderazione complessiva del materiale probatorio.
2. Errata valutazione della recidiva: Sosteneva che l’aggravante della recidiva fosse stata applicata senza un’adeguata valutazione.
3. Eccessività della pena: Riteneva la sanzione inflitta sproporzionata.

L’obiettivo del ricorrente era, in sostanza, quello di sollecitare la Suprema Corte a un nuovo esame del merito della vicenda, sostituendo la propria valutazione a quella dei giudici dei gradi precedenti.

I limiti del giudizio di legittimità e il ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha immediatamente qualificato il primo motivo come ricorso inammissibile. I giudici hanno richiamato il principio, ormai pacifico, secondo cui il giudizio di legittimità non consente una rilettura degli elementi di fatto. Il compito della Cassazione è verificare che i giudici di merito abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e non contraddittorio. Proporre una ‘diversa valutazione delle risultanze processuali’ ritenute più adeguate non integra un vizio di legittimità, ma si traduce in una richiesta di un nuovo giudizio di merito, precluso in quella sede.

La corretta valutazione della recidiva e della pena

Anche gli altri due motivi sono stati respinti. Riguardo alla recidiva, la Corte ha osservato che il giudice di merito aveva già compiuto una valutazione approfondita e non superficiale. La decisione di applicare l’aggravante si basava su aspetti concreti legati alla ‘capacità a delinquere’ dell’imputato, come previsto dall’art. 133 del codice penale. Le condanne precedenti sono state considerate un ‘fattore criminogeno’ indicativo di una ‘perdurante inclinazione al delitto’, giustificando così l’aumento di pena. Il motivo di ricorso, su questo punto, è stato giudicato una mera riproposizione di argomenti già disattesi.

Infine, il motivo sulla pena è stato ritenuto ‘manifestamente infondato’, poiché la Corte d’Appello l’aveva giudicata congrua, esercitando correttamente il proprio potere discrezionale.

Le motivazioni della decisione

La Corte ha dichiarato l’intero ricorso inammissibile basandosi su una solida linea argomentativa. Il primo motivo era inammissibile perché mirava a un riesame del merito, vietato in sede di legittimità. Il secondo motivo era riproduttivo di censure già adeguatamente respinte nei gradi precedenti. Il terzo motivo era manifestamente infondato. La decisione riflette un’applicazione rigorosa dei confini procedurali, volta a preservare la funzione nomofilattica della Corte di Cassazione, ovvero quella di garantire l’uniforme interpretazione della legge.

Le conclusioni

Questa ordinanza è un monito importante: il ricorso in Cassazione deve essere fondato su vizi di legittimità (violazione di legge o vizi di motivazione specifici), non su un disaccordo con la valutazione dei fatti compiuta dai giudici di primo e secondo grado. Un ricorso inammissibile non solo non ottiene il risultato sperato, ma comporta anche conseguenze economiche per il ricorrente, che viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito inutilmente la Suprema Corte.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi proposti miravano a ottenere una nuova valutazione delle prove e dei fatti, un’attività che esula dai poteri del giudice di legittimità. Inoltre, le censure sulla recidiva erano una semplice riproposizione di argomenti già respinti e il motivo sulla pena era manifestamente infondato.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove di un processo?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione svolge un giudizio di legittimità, il cui scopo è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza della motivazione, non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici di merito.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver presentato un ricorso che non poteva essere accolto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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