Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Non Può Riesaminare i Fatti
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di ricorso inammissibile, un esito processuale che sottolinea i precisi confini del giudizio davanti alla Corte di Cassazione. Quest’ultima, come vedremo, non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti, ma un organo che vigila sulla corretta applicazione della legge. Analizziamo una decisione che ha respinto le doglianze di un imputato condannato per danneggiamento, confermando la solidità della sentenza di merito.
Il Caso: Dal Danneggiamento al Ricorso in Cassazione
La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di danneggiamento, previsto dall’articolo 635 del codice penale. Dopo la conferma della condanna in Corte d’Appello, l’imputato ha deciso di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, affidandosi a due principali motivi di contestazione.
Il primo motivo mirava a contestare la correttezza della motivazione che aveva portato alla sua condanna, chiedendo di fatto una nuova valutazione delle prove. Il secondo, invece, lamentava l’eccessività della pena inflitta e la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
I Motivi del Ricorso Inammissibile: Fatti e Pena
La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i motivi, dichiarando l’intero ricorso inammissibile. La decisione si basa su principi consolidati della procedura penale che definiscono nettamente il ruolo e i poteri della Suprema Corte.
La Pretesa di una “Rilettura” dei Fatti
Con il primo motivo, il ricorrente non contestava un errore di diritto, ma la valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito. La Cassazione ha ribadito che una simile richiesta è inammissibile. Il giudizio di legittimità, infatti, non consente una “rilettura” degli elementi di fatto che sono a fondamento della decisione. La valutazione delle prove è riservata in via esclusiva al giudice di merito, e la Suprema Corte può intervenire solo se la motivazione è manifestamente illogica, contraddittoria o giuridicamente viziata, cosa che in questo caso non è stata riscontrata.
La Discrezionalità del Giudice sulla Pena
Anche il secondo motivo, relativo alla quantificazione della pena, è stato giudicato infondato. La graduazione della sanzione rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in base ai criteri degli articoli 132 e 133 del codice penale. In questo caso, la Corte ha ritenuto che il giudice d’appello avesse adeguatamente motivato la sua decisione, facendo riferimento a elementi specifici come la gravità del fatto, le modalità aggressive dell’azione e la pluralità di precedenti penali a carico dell’imputato. Non vi era quindi spazio per una censura in sede di legittimità.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha spiegato che il primo motivo di ricorso si traduceva in un tentativo di ottenere una nuova e non consentita ricostruzione dei fatti, utilizzando criteri di valutazione diversi da quelli, immuni da vizi logici e giuridici, adottati dal giudice di merito. Citando un consolidato orientamento delle Sezioni Unite, la Corte ha ricordato che la valutazione degli elementi di fatto è riservata in via esclusiva al giudice di merito.
Per quanto riguarda il secondo motivo, la decisione ha evidenziato come la giurisprudenza sia costante nel riconoscere al giudice di merito un’ampia discrezionalità nella determinazione della pena. Tale potere discrezionale è stato esercitato correttamente, con una motivazione congrua che ha tenuto conto di tutti gli elementi rilevanti del caso concreto, assolvendo così all’onere argomentativo richiesto dalla legge.
Conclusioni: L’Importanza dei Limiti del Giudizio di Legittimità
Questa ordinanza riafferma un principio cardine del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione è giudice della legge, non del fatto. Chi intende presentare un ricorso deve quindi concentrarsi su vizi di legittimità, come l’errata applicazione di una norma o una motivazione palesemente illogica, e non sperare in una terza valutazione del merito della vicenda. La dichiarazione di inammissibilità comporta, come in questo caso, non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché tendeva a ottenere una nuova valutazione dei fatti e della pena, attività che non rientrano nelle competenze della Corte di Cassazione, la quale si limita a un controllo sulla corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità).
È possibile contestare la ricostruzione dei fatti di un processo davanti alla Corte di Cassazione?
No, sulla base di questa ordinanza non è possibile. La valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti sono di competenza esclusiva dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Cassazione può intervenire solo se la motivazione della sentenza impugnata è palesemente illogica o giuridicamente viziata.
Il giudice può decidere liberamente l’entità della pena?
Il giudice ha un potere discrezionale nel determinare l’entità della pena, ma deve esercitarlo seguendo i principi stabiliti dalla legge (articoli 132 e 133 del codice penale) e fornendo una motivazione adeguata. In questo caso, la pena è stata giustificata in base alla gravità del fatto, alle modalità aggressive e ai precedenti dell’imputato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 44181 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 44181 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a SAN GIORGIO A CREMANO il 01/08/1988
avverso la sentenza del 26/02/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME,
Ritenuto che il primo motivo di ricorso, con il quale si contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità per il reato di cui all’art. 63 cod. pen., non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché tende ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati d giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitatc ragioni del suo convincimento a pag. 3;
che esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una ‘rilettura degli elemen di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata giudice di merito (per tutte: Sez. U, n. 6402, del 30/4/1997, COGNOME, Rv. 207944);
che il secondo motivo di ricorso, con il quale si contestano l’eccessività della pena e la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, non è consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; che nella specie l’onere argomentativo del giudice è stato adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi tra i quali la gravità del fatto, le modalità aggressi la pluralità di precedenti a carico dell’imputato;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 12 novembre 2024
Il Consigliere estensore
Il President