Ricorso Inammissibile in Cassazione: Quando le Doglianze sui Fatti non Bastano
L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile possa nascere dal tentativo di trasformare il giudizio di legittimità in un terzo grado di merito. Il caso, relativo a una condanna per rapina, si arena di fronte a un principio cardine del nostro ordinamento: la Suprema Corte non è un giudice dei fatti, ma un custode della legge.
Questo provvedimento ci permette di analizzare i confini precisi del ricorso in Cassazione e di comprendere perché determinate contestazioni, per quanto rilevanti per la difesa, non possano trovare accoglimento in tale sede.
Il Caso: dalla Condanna al Ricorso
Un soggetto, condannato per il reato di rapina aggravata (art. 628 c.p.) dalla Corte d’Appello di Torino, decide di presentare ricorso per Cassazione. La sua difesa si concentra su due punti principali, entrambi mirati a scardinare l’impianto probatorio che aveva portato alla sua condanna.
In primo luogo, l’imputato contesta l’utilizzabilità di un verbale di riconoscimento fotografico effettuato da un testimone durante la fase delle indagini preliminari. In secondo luogo, critica in modo più generale la motivazione della sentenza di condanna, sostenendo che la Corte d’Appello avesse valutato erroneamente le prove a suo carico.
I Limiti al Giudizio e il Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione, con una motivazione tanto sintetica quanto netta, dichiara il ricorso inammissibile. La decisione si fonda sulla natura stessa del giudizio di legittimità. I giudici supremi chiariscono che entrambi i motivi presentati dall’imputato si traducono in “mere doglianze in punto di fatto”.
Contestare l’utilizzabilità di un riconoscimento fotografico o la valutazione complessiva delle prove significa chiedere alla Cassazione di effettuare una nuova e diversa valutazione del materiale probatorio. Questo, però, è un compito che spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado (i cosiddetti giudici di merito). Il ruolo della Cassazione è diverso: verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza impugnata sia logica, coerente e priva di vizi giuridici.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte ribadisce che il suo potere non si estende a una “rilettura” degli elementi di fatto. Il giudice di merito, nel caso specifico, aveva esplicitato in modo chiaro e logico le ragioni del suo convincimento, ritenendo provata la responsabilità penale dell’imputato “oltre ogni ragionevole dubbio”.
Qualsiasi tentativo di proporre una ricostruzione alternativa dei fatti, basata su criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, è destinato a scontrarsi con il muro dell’inammissibilità. La Cassazione cita a supporto la propria giurisprudenza consolidata, sottolineando come la valutazione delle prove sia, in via esclusiva, riservata al giudice del merito.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
La decisione in commento è un monito fondamentale per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione. Il ricorso deve essere rigorosamente impostato su questioni di diritto (violazione di legge) o su vizi logici manifesti della motivazione (ad esempio, una contraddizione insanabile o una palese illogicità del ragionamento). Non è sufficiente essere in disaccordo con la conclusione a cui è giunto il giudice di merito.
L’esito per il ricorrente è duplice: non solo il ricorso viene respinto, ma egli viene anche condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende. Questa conseguenza sottolinea ulteriormente l’importanza di presentare ricorsi fondati su motivi legalmente ammissibili, per non incorrere in un’ulteriore condanna economica oltre alla conferma della pena.
È possibile contestare in Cassazione come sono stati valutati i fatti da un giudice di merito?
No, la Corte di Cassazione svolge un giudizio di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione, non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione dei fatti a quella del giudice precedente. Un ricorso basato solo su una diversa interpretazione dei fatti è dichiarato inammissibile.
Perché la contestazione sul riconoscimento fotografico è stata ritenuta inammissibile?
La Corte ha qualificato la questione come una “doglianza in punto di fatto”. Invece di evidenziare un errore nell’applicazione delle norme procedurali, il ricorso mirava a rimettere in discussione il valore probatorio attribuito dal giudice a quel riconoscimento. Tale valutazione è di competenza esclusiva del giudice di merito e non può essere oggetto del giudizio di Cassazione.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la sentenza impugnata diventa definitiva. Come stabilito in questa ordinanza, il ricorrente viene inoltre condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione per aver proposto un’impugnazione non consentita.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 44162 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 44162 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TORINO il 27/11/1977
avverso la sentenza del 06/02/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti il ricorso e la memoria presentata nell’interesse di COGNOME Sebastiano; ritenuto che il primo motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità in relazione al reato di cui all’art. 628 comma 1 e comma 3 n. 1 cod. pen. e che, specificatamente, contesta l’inutilizzabilità del verbale di riconoscimento fotografico reso da un testimone nel corso delle indagini preliminari, non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché costituito da mere doglianze in punto di fatto ponendosi, inoltre, in contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità (si veda sul punto Sez. 2 n. 25122 del 07/03/2023, Zuka, Rv. 284859, Sez. 2 n. 20489 del 07/05/2019, COGNOME, Rv. 275585);
ritenuto che il secondo motivo di ricorso, che reiteratamente contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità per il reato di cui all’art. 628 comma 1 e comma 3 n. 1 cod. pen., non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché tende ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si vedano, in particolare, pag. 7-9 della sentenza impugnata dove il giudice del merito ha correttamente ritenuto provata oltre ogni ragionevole dubbio la penale responsabilità dell’imputato);
che esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una ‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito (per tutte: Sez. U, n. 6402, del 30/4/1997, COGNOME, Rv. 207944);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila alla cassa delle ammende.
Roma, 12/11/2024