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Ricorso inammissibile: limiti del giudizio di Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile presentato da due appellanti. Il primo appello, relativo a un patteggiamento, è respinto poiché tali accordi non sono impugnabili in Cassazione. Il secondo è rigettato per tentativo di riesame dei fatti, errata interpretazione di un’omessa pronuncia e uso di uno strumento processuale errato per contestare un sequestro preventivo. La Corte conferma le decisioni dei gradi inferiori.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: la Cassazione chiarisce i limiti del giudizio

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da due imputati, offrendo importanti chiarimenti sui limiti del giudizio di legittimità e sulle corrette procedure da seguire. La pronuncia analizza tre questioni distinte ma ugualmente rilevanti: l’impugnabilità del cosiddetto “patteggiamento in appello”, la natura dell’omessa pronuncia su un capo d’imputazione e gli strumenti per contestare il mantenimento di un sequestro preventivo.

I fatti di causa e i motivi dei ricorsi

Il caso trae origine dalla decisione della Corte d’Appello che, in parziale riforma di una sentenza di primo grado, aveva ridotto la pena per un imputato e confermato la condanna per un’altra imputata per reati tra cui l’associazione per delinquere e diversi illeciti fiscali. Avverso tale decisione, entrambi gli imputati proponevano ricorso per cassazione.

Il primo ricorrente, che aveva concordato la pena in appello, lamentava che la Corte non avesse valutato la possibilità di un suo proscioglimento immediato per evidente innocenza, come previsto dall’art. 129 del codice di procedura penale.

La seconda ricorrente articolava il suo appello su tre motivi:
1. Vizio di motivazione: sosteneva che la sua condanna per il reato associativo fosse basata su una motivazione illogica e contraddittoria.
2. Omessa pronuncia: affermava che il giudice di primo grado, non menzionando un capo d’imputazione nel dispositivo, l’avesse di fatto assolta, e che la Corte d’Appello avesse erroneamente dichiarato la nullità della sentenza su quel punto.
3. Sequestro preventivo: contestava il mantenimento del sequestro su beni per un valore superiore al profitto del reato per cui era stata condannata in via definitiva.

Le ragioni del ricorso inammissibile secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, fornendo una disamina precisa per ciascuna doglianza.

Il patteggiamento in appello non è ricorribile

Per quanto riguarda il primo ricorso, la Corte ha ribadito un principio consolidato: le sentenze emesse a seguito di “patteggiamento in appello” (art. 599-bis c.p.p.) non sono soggette a ricorso per cassazione. Inoltre, in questi casi, il giudice d’appello non è tenuto a motivare il mancato proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p. La rinuncia ai motivi d’appello da parte dell’imputato, infatti, limita la cognizione del giudice all’accordo sulla pena, in virtù dell’effetto devolutivo dell’impugnazione.

Un ricorso inammissibile per genericità e per errata valutazione dei fatti

Anche il secondo ricorso è stato giudicato inammissibile in ogni suo punto.
* Il motivo sulla condanna per il reato associativo è stato ritenuto generico. La ricorrente si era limitata a richiamare genericamente gli “atti di causa” senza denunciare uno specifico travisamento della prova, tentando di fatto di ottenere una nuova valutazione del merito, attività preclusa nel giudizio di legittimità.
* Riguardo all’omessa pronuncia, la Cassazione ha chiarito che non si trattava di un contrasto tra dispositivo e motivazione, ma di una vera e propria assenza di decisione su un capo d’imputazione. Tale vizio rende la sentenza, su quel punto specifico, giuridicamente inesistente e non sanabile. Correttamente, quindi, la Corte d’Appello aveva disposto la restituzione degli atti al giudice di primo grado per un nuovo giudizio su quel reato.
* Infine, la doglianza sul sequestro è stata dichiarata inammissibile perché proposta con lo strumento processuale sbagliato. La ricorrente avrebbe dovuto utilizzare l’appello specifico contro le misure cautelari reali (art. 322-bis c.p.p.), non il ricorso per cassazione avverso la sentenza di condanna.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su principi cardine della procedura penale. In primo luogo, viene riaffermata la natura del giudizio di Cassazione come giudizio di legittimità, non di merito. La Corte non può rivalutare le prove o sostituire la propria interpretazione dei fatti a quella dei giudici dei gradi precedenti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. In secondo luogo, la sentenza sottolinea l’importanza di utilizzare gli strumenti processuali corretti per ogni tipo di contestazione. L’impugnazione del sequestro preventivo segue un percorso autonomo e specifico, distinto da quello della sentenza di condanna. Confondere questi percorsi porta inevitabilmente all’inammissibilità del gravame. Infine, la decisione sul patteggiamento in appello conferma la natura negoziale dell’istituto: l’accordo sulla pena implica una rinuncia a contestare nel merito la propria colpevolezza, limitando il potere del giudice alla verifica della correttezza dell’accordo stesso.

Le conclusioni

La pronuncia in esame rappresenta un importante vademecum sui limiti dell’impugnazione in Cassazione. Essa evidenzia come la presentazione di un ricorso inammissibile non solo sia un esito processuale sfavorevole, ma comporti anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La sentenza ribadisce la necessità di una difesa tecnica rigorosa, che sappia individuare i vizi effettivamente denunciabili in sede di legittimità e utilizzare i corretti strumenti procedurali, evitando di trasformare il ricorso in un improprio terzo grado di giudizio sul merito della vicenda.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza di “patteggiamento in appello”?
No, la sentenza chiarisce che, in base all’art. 599-bis del codice di procedura penale, non è consentito proporre ricorso per cassazione avverso le sentenze pronunciate a seguito di accordo sulla pena in grado di appello.

Cosa accade se un giudice omette di pronunciarsi su un capo d’imputazione nel dispositivo della sentenza?
La Corte spiega che tale omissione non equivale a un’assoluzione, ma rende la sentenza “inesistente” per quel capo d’imputazione. La conseguenza corretta è la restituzione degli atti al giudice di primo grado affinché celebri un nuovo giudizio su quel punto specifico.

Qual è lo strumento corretto per contestare il mantenimento di un sequestro preventivo dopo una sentenza di condanna?
La sentenza stabilisce che il sequestro preventivo deve essere impugnato attraverso l’appello specifico previsto per le misure cautelari reali (art. 322-bis cod. proc. pen.) e non all’interno del ricorso per cassazione contro la sentenza di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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