Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Non Può Rivedere i Fatti
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per fare chiarezza su un concetto fondamentale del processo penale: il ricorso inammissibile. Comprendere i limiti del giudizio di legittimità è cruciale per capire perché non tutte le sentenze possono essere riesaminate nel merito dalla Suprema Corte. Questo provvedimento illustra perfettamente due delle più frequenti cause di inammissibilità: la richiesta di una nuova valutazione delle prove e la proposizione di motivi di doglianza non sollevati in appello.
Il Caso in Esame: Dalla Condanna al Ricorso in Cassazione
Il caso trae origine da un ricorso presentato da un imputato contro la sentenza di condanna della Corte d’Appello per il reato di invasione di terreni o edifici, in concorso con altri. L’imputato ha basato il suo ricorso su due motivi principali, entrambi però destinati a scontrarsi con i paletti procedurali che regolano il giudizio di Cassazione.
La Contestazione sulla Responsabilità Penale
Il primo motivo di ricorso contestava la valutazione delle prove effettuata dai giudici di merito. L’imputato sosteneva che la sua responsabilità fosse stata affermata sulla base di un apprezzamento sbagliato delle risultanze processuali, chiedendo di fatto alla Cassazione una nuova e diversa lettura degli elementi di prova. In particolare, la Corte d’Appello aveva ritenuto provata la sua stabile collaborazione nella gestione di un’attività commerciale i cui locali erano stati abusivamente costruiti.
La Censura sull’Aggravante
Con il secondo motivo, il ricorrente denunciava una violazione di legge relativa all’applicazione di un’aggravante specifica (prevista dall’art. 639-bis cod. pen.). Tuttavia, questo punto non era mai stato sollevato nell’atto di appello presentato contro la sentenza di primo grado.
Perché il Ricorso è Inammissibile: i Principi della Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, basando la sua decisione su principi consolidati della procedura penale. L’ordinanza ribadisce con forza il ruolo e i confini del giudizio di legittimità.
Il Divieto di Rivalutazione del Merito
La Cassazione ha chiarito che il suo compito non è quello di agire come un “terzo giudice di merito”. Non può procedere a una nuova valutazione delle prove o a una ricostruzione alternativa dei fatti. Il suo sindacato è limitato al controllo della corretta applicazione della legge e alla verifica che la motivazione della sentenza impugnata sia logica, coerente e non palesemente contraddittoria. Poiché nel caso di specie la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione esente da vizi logici per giustificare la condanna, la richiesta di una nuova valutazione era irricevibile.
L’Importanza della Catena Devolutiva
Per quanto riguarda il secondo motivo, la Corte ha applicato il principio della “catena devolutiva”. Questo principio stabilisce che le questioni non sollevate con l’atto di appello non possono essere introdotte per la prima volta in Cassazione. Presentando un motivo nuovo, il ricorrente ha interrotto questa catena, precludendo alla Suprema Corte la possibilità di esaminare la doglianza. I giudici di merito non avevano avuto modo di pronunciarsi su quel punto specifico, e la Cassazione non può farlo per la prima volta.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha ritenuto il primo motivo formulato in termini non consentiti, poiché mirava a ottenere una riconsiderazione del materiale probatorio, attività preclusa in sede di legittimità. Citando una vasta giurisprudenza, ha riaffermato che non è possibile contrapporre una diversa lettura dei dati processuali a quella, logicamente argomentata, del giudice di merito. Sul secondo motivo, l’inammissibilità è derivata dalla sua novità: l’esame degli atti ha confermato che la questione sull’aggravante non era stata dedotta con l’atto di appello, impedendo così il suo esame in Cassazione.
Conclusioni: Lezioni Pratiche dalla Decisione
Questa ordinanza è un monito importante per chiunque intenda impugnare una sentenza penale. Dimostra che un ricorso in Cassazione non può essere una semplice riproposizione delle proprie tesi difensive, ma deve concentrarsi su specifiche violazioni di legge o vizi logici della motivazione. È fondamentale, inoltre, che tutti i motivi di contestazione siano sollevati fin dal primo atto di appello, per non vederseli preclusi nel successivo grado di giudizio. La decisione si conclude con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, una conseguenza tipica della declaratoria di inammissibilità.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per due ragioni principali: 1) il ricorrente chiedeva una nuova valutazione delle prove e dei fatti, compito che non spetta alla Corte di Cassazione; 2) un motivo di ricorso riguardava una questione (l’applicazione di un’aggravante) che non era stata sollevata nel precedente atto di appello.
Cosa significa che la Corte di Cassazione è un ‘giudice di legittimità’ e non ‘di merito’?
Significa che il suo ruolo non è quello di stabilire come sono andati i fatti (giudizio di merito), ma di controllare che i giudici dei tribunali e delle corti d’appello abbiano applicato correttamente le leggi e abbiano giustificato le loro decisioni con una motivazione logica e non contraddittoria (giudizio di legittimità).
Cosa si intende per ‘interruzione della catena devolutiva’?
Si intende il principio processuale secondo cui un motivo di impugnazione non può essere esaminato da un giudice superiore se non è stato precedentemente sottoposto al giudice del grado immediatamente inferiore. Sollevare un motivo per la prima volta in Cassazione interrompe questa ‘catena’, rendendo il motivo stesso inammissibile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21732 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21732 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 25/12/1975
avverso la sentenza del 10/09/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
I
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME
ritenuto che il primo motivo di ricorso, con il quale si contesta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità per il reato di cui agli artt. 110-633 cod. pen., è formulato in termini non consentiti dalla legge in sede di legittimità, poiché volto a censurare una decisione errata in quanto fondata su un apprezzamento asseritamente sbagliato delle risultanze processuali, di cui si sollecita una rivalutazione mediante criteri diversi da quelli adottati dal giudice del merito;
che, a tal proposito, deve invece ribadirsi come sia precluso alla Corte di cassazione procedere ad una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata nei precedenti gradi, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova (Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, Dos Santos, Rv. 283370; Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217);
che, nel caso di specie, i giudici di appello hanno posto a base del loro convincimento una motivazione esente da vizi di logicità censurabili in questa sede, sottolineando i diversi elementi da cui è stata desunta la stabile collaborazione del ricorrente nella gestione dell’esercizio commerciale di cui i locali abusivamente costruiti erano pertinenze (si vada pag. 6 della impugnata sentenza);
considerato che anche il secondo motivo di ricorso, che denuncia violazione di legge in relazione all’applicazione dell’aggravante di cui all’art. 639-bis cod. pen., non è consentito dalla legge in questa sede, perché tale profilo di censura non risulta essere stato previamente dedotto dinanzi ai giudici di merito con l’atto di appello (come emerge dall’esame dell’atto di appello e dal riepilogo dei motivi di gravame a pag. 2 della sentenza impugnata) con conseguente non consentita interruzione della catena devolutiva;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso, il 23 maggio 2025.