Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 25878 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 25878 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 02/07/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato a GELA il 03/10/1984
NOME COGNOME NOME nato a GELA il 18/06/1971
avverso la sentenza del 17/10/2024 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che NOME NOME NOME COGNOME ed NOME COGNOME ricorrono avverso la sentenza della Corte di appello di Caltanissetta, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Gela, con cui sono stati ritenuti responsabili del reato di cui agli artt. 612, secondo comma, cod. pen., e condannati alla pena ritenuta di giustizia;
Ritenuto che il primo motivo di ricorso, con cui entrambi gli imputati contestano la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità denunciando la illogicità della motivazione sulla base della diversa lettura dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova, non è consentito dalla legge, stante la preclusione per la Corte di cassazione non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260). Inoltre, il motivo è manifestamente infondato, atteso che il giudice di merito, con motivazione esente da vizi logici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si vedano, in particolare, pagg. 3,4 e 5, a riguardo del giudizio di credibilità della persona offesa, dei riscontri esterni, della non decisività di provvedimenti giudiziari non irrevocabili) facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini della dichiarazione di responsabilità e della sussistenza del reato;
Ritenuto che il secondo motivo di ricorso, con cui entrambi gli imputati contestano l’eccessività della pena e la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, non è consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; che nella specie l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, in particolare pag. 7 e 8 della sentenza impugnata, con la stigmatizzazione della scelta, da parte del COGNOME, di farsi assistere da personaggio di spessore criminale per risolvere un contrasto di natura privatistica ed avuto riguardo alla spregiudicatezza del contegno del COGNOME, anche al lume dell’esito della patita perquisizione);
Considerato che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in euro 3.000,00;
Rilevato che nulla consentono di aggiungere le considerazioni della memoria difensiva tempestivamente trasmessa a questa Corte dal difensore di fiducia del Susino, con allegazioni in parte inammissibili ove relative a documenti di data antecedente alla proposizione del ricorso per cassazione; di taglio generico, non conducente ed esplorativo è la richiesta di spiegare “la ragione per la quale” il ricorrente, che aveva già adito il giudice in precedenza e lo avrebbe fatto anche successivamente, avrebbe dovuto rivolgersi al pregiudicato NOME per risolvere i problemi di vicinato con l’antagonista; in realtà, è di piana logicità l’osservazione della Corte di merito, che ha sostanzialmente tratto dai fatti occorsi l’intendimento del Susino di affrontare il problema in modo più rapido e suggestivo, anche in pendenza di controversie giudiziarie; altrettanto vago è il riferimento al contenuto delle sentenze che si assumono irrevocabili, in assenza di specifiche deduzioni sulla loro decisività, in una prospettiva di disarticolazione del ragionamento esposto nella decisione impugnata, che si è occupata di una minaccia patita dal COGNOME, ad opera dei due imputati; non si esplicita, in particolare, perché una pronuncia che avrebbe dato conto delle violazioni “poste in essere dal COGNOME“, a sua volta gravato da precedenti, a riguardo della rimozione dei paletti e delle catene poste dal Susino a presidio del proprio fondo, produrrebbe l’effetto di “demolire” la ricostruzione dell’episodio a cui è circoscritto il presente giudizio, rappresentato dall’esibizione di una pistola al cospetto della persona offesa, accompagnata dalle inequivoche espressioni citate nell’imputazione; e infine, totalmente destituita di fondamento è la pretesa – che pare evincersi dalla lettura della memoria – di veder “obliterata” la circostanza aggravante dell’uso dell’arma, in relazione alla minaccia, perché il primo giudice aveva dichiarato l’estinzione per prescrizione della contravvenzione di cui all’art. 4 L. n. 110 del 1975 – di cui ad altro capo di addebito, attribuito peraltro al solo NOME – qui bastando ricordare la nozione istituzionale di diritto penale, in virtù della quale il decorso della prescrizione non elide la condotta tenuta e la sua antigiuridicità, ma opera soltanto in virtù della scelta legislativa di rinunciare alla punibilità del reato, perfetto nei suoi elementi costitutivi, una volta decorso un periodo di tempo dalla sua commissione; e men che meno è possibile “traslare” gli effetti della prescrizione di un reato sulla punibilità di un reato differente. E’ dunque evidente che la prescrizione statuita per il reato contravvenzionale – porto di armi ingiustificato in luogo pubblico – non Corte di Cassazione – copia non ufficiale
riverberi alcun effetto sulla consumazione del diverso reato di minaccia, il cui dato circostanziale aggravatore, rappresentato dall’utilizzo dell’arma ostesa alla
vittima, permane agli effetti della legge penale.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 02/07/2025.