Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31196 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31196 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOMECOGNOME nato a Milano il 27/05/1976
avverso la sentenza del 23/01/2025 della Corte d’appello di Milano
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME
osservato che il primo motivo di ricorso, con cui si contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità penale dell’odierno ricorrente in merito al delitto di rapina aggravata, non è consentito poiché, reiterando profili di censura già dedotti in appello e adeguatamente esaminati e disattesi dalla Corte territoriale, esso risulta, invero, teso a censurare una decisione errata, perché fondata su una valutazione asseritamente sbagliata del materiale probatorio (con particolare riferimento alle dichiarazioni rese dal Sig. COGNOME e ai tabulati telefonici del cellulare in uso al ricorrente), prospettando così una diversa lettura e una rivalutazione dello stesso materiale, estranea al sindacato di legittimità, essendo questo finalizzato, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 226074);
che, con motivazione esente dai descritti vizi logici, il giudice di merito, nelle pagine 4 e 5 dell’impugnata sentenza, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento, facendo applicazione di corretti argomenti in fatto e in diritto;
considerato che il secondo motivo di doglianza, con cui si contesta il vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dell’aggravante dell’uso dell’arma disciplinata dall’art. 628, comma 3, n. 1), cod. pen., non è consentito in sede di legittimità, dal momento che la censura non risulta essere stata previamente dedotta tramite apposito motivo di appello secondo quanto è prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata (si veda, in merito, la pag. 4), che l’odierno ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente nell’odierno ricorso, se incompleto o comunque non corretto;
reputato che il terzo motivo di ricorso, con cui si contesta la violazione di legge in merito alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, è generico per indeterminatezza poiché privo dei requisiti di cui all’art. 581, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta (si vedano, infatti, le pagg. 9-10, ove innanzitutto, contrariamente a quanto contestato dalla difesa, si dà atto dell’avvenuta applicazione delle attenuanti generiche, e, inoltre, si spiega come il riconoscimento delle stesse con il solo giudizio di equivalenza rispetto ad altre circostanze aggravanti sia giustificato dalla personalità dell’imputato che, gravato da precedenti penali e di polizia, ha commesso il fatto travisato e con l’uso di armi), non indica gli elementi su cui si fonda la censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato;
che, inoltre, in tema di attenuanti generiche, il giudice di merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell ammende.
Così deciso in Roma, il 15 luglio 2025.