Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Non Può Rivedere i Fatti
L’esito di un processo penale non sempre si conclude con l’appello. Spesso, la difesa tenta un’ultima via: il ricorso alla Corte di Cassazione. Tuttavia, questa strada è stretta e piena di insidie procedurali. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di quando un appello viene dichiarato ricorso inammissibile, illustrando i precisi confini del giudizio di legittimità e le conseguenze per chi cerca di superarli.
I Fatti del Processo
Il caso in esame ha origine dalla condanna, confermata in primo e secondo grado dalla Corte d’Appello di Firenze, di un individuo per i reati di minacce (art. 612 c.p.) e tentate lesioni aggravate (art. 56, 582, 585 c.p.). Non accettando la decisione, l’imputato, tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione, basando la sua difesa su diversi motivi.
I Motivi del Ricorso e la Decisione della Cassazione
La Corte ha esaminato i motivi presentati, rigettandoli tutti e dichiarando il ricorso inammissibile. Analizziamo punto per punto le ragioni di questa decisione.
Il Limite del Sindacato di Merito sul Ricorso Inammissibile
Il primo motivo del ricorso conteneva censure che, secondo la Corte, erano palesemente dirette a ottenere una nuova e diversa ricostruzione dei fatti. L’imputato, in sostanza, non contestava un errore di diritto, ma la valutazione delle prove effettuata dai giudici di merito. La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: essa è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è rivalutare le prove, ma verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza impugnata sia logica e non contraddittoria. Un ricorso che chiede una semplice rilettura dei fatti, senza denunciare uno specifico ‘travisamento della prova’, è destinato a essere dichiarato ricorso inammissibile.
L’Esclusione della “Particolare Tenuità del Fatto”
Con il secondo motivo, la difesa sosteneva che all’imputato dovesse essere applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale. Anche questa censura è stata respinta. La Corte d’Appello aveva correttamente escluso tale beneficio in ragione dei plurimi precedenti penali dell’imputato per reati caratterizzati da violenza e minacce. Questi precedenti dimostravano una tendenza a delinquere che rendeva il comportamento non occasionale, requisito essenziale per l’applicazione dell’art. 131-bis c.p.
L’Inammissibilità dei Motivi “Nuovi”
Infine, un ulteriore motivo di ricorso è stato giudicato ‘inedito’, ovvero sollevato per la prima volta in sede di Cassazione. La legge processuale stabilisce che i motivi di ricorso alla Suprema Corte devono, di norma, essere stati già sottoposti al giudice d’appello. Introdurre una doglianza per la prima volta in Cassazione è una pratica non consentita che porta inevitabilmente all’inammissibilità della censura.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione centrale dell’ordinanza risiede nella natura stessa del giudizio di Cassazione. La Corte non è un ‘terzo grado’ di giudizio dove si può ridiscutere l’intera vicenda. Il suo ruolo è garantire l’uniforme interpretazione della legge e il rispetto delle norme processuali. Pertanto, i motivi di ricorso devono concentrarsi su questioni di diritto o su vizi logici macroscopici della motivazione. La richiesta di una nuova valutazione delle prove, la contestazione della credibilità di un testimone o la proposta di una ricostruzione alternativa dei fatti sono tutte attività proprie del giudizio di merito e precluse in sede di legittimità. La decisione della Corte è dunque un’applicazione rigorosa di questi principi, che mira a preservare la funzione nomofilattica della Cassazione e a sanzionare i ricorsi meramente dilatori o esplorativi.
Conclusioni
Questa ordinanza è un monito importante per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione. Un ricorso, per avere successo, deve essere tecnicamente impeccabile e fondato su vizi specifici previsti dalla legge. Tentare di trasformare il giudizio di legittimità in un terzo grado di merito è una strategia destinata al fallimento, che si conclude con la declaratoria di ricorso inammissibile e la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. La vicenda sottolinea l’importanza di una difesa tecnica che conosca a fondo i limiti e le potenzialità di ogni grado di giudizio.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente perché i motivi presentati miravano a ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove, compito che non spetta alla Corte di Cassazione. Inoltre, un motivo è stato considerato ‘inedito’ in quanto sollevato per la prima volta in questa sede.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove di un processo?
No, non è possibile chiedere una generica rivalutazione delle prove o una diversa ricostruzione dei fatti. La Cassazione interviene solo se si denuncia un errore di diritto o un vizio logico manifesto nella motivazione della sentenza precedente. L’unica eccezione riguarda il ‘travisamento della prova’, cioè quando si dimostra che il giudice ha letto o interpretato una prova in modo palesemente errato e decisivo.
Perché all’imputato non è stata applicata la non punibilità per ‘particolare tenuità del fatto’?
La causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis c.p. non è stata applicata perché l’imputato aveva numerosi precedenti penali per reati caratterizzati da violenza e minacce. Questa circostanza ha fatto ritenere il suo comportamento non occasionale, escludendo così uno dei requisiti fondamentali per poter beneficiare di tale norma.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7914 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7914 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 01/01/1970
avverso la sentenza del 11/07/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
– che, con l’impugnata sentenza, la Corte di appello di Firenze ha confermato la pronuncia di primo grado con la quale NOME COGNOME era stato condannato per i reati di cui agli artt. 612 e 56-582-585 cod. pen.;
– che, avverso detta sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del proprio difensore;
che il ricorrente, con il primo motivo di ricorso, ha articolato alcune censure che sono all’evidenza dirette a ottenere un inammissibile sindacato sul merito delle valutazioni effettua dalla Corte territoriale e una pronuncia su una diversa ricostruzione dei fatti, al di dell’allegazione di specifici travisamenti di prove (Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Rv. 216260 e n. 6402 del 30/04/1997, Rv. 207944), e in presenza, comunque, di un apparato motivazionale che non si espone a rilievi di carenza o di illogicità di macroscopica evidenza (Sez. U, n. 24 de 24/11/1999, Rv. 214794), né di inesatta applicazione della legge penale, come evincibile dal tenore delle argomentazioni esposte nella sentenza impugnata;
che il secondo motivo di ricorso si palesa manifestamente infondato, atteso che la Corte di appello, con motivazione adeguata, coerente e priva di vizi logici, ha correttamente escluso che, nel caso di specie, potesse trovare applicazione l’art. 131-bis cod. pen., in ragione d plurimi precedenti dell’imputato per reati caratterizzati da violenze e minacce;
che il quarto motivo di ricorso è inedito, posto che non risulta dall’incontestata sint dei motivi di appello, per come riportata nella sentenza impugnata, che il deducente avesse formulato doglianze in ordine, appunto, al tema dedotto con il ricorso in cassazione;
che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 29 gennaio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente