Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 43333 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 43333 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), nato in Sri Lanka il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/03/2024 della Corte d’appello di Genova
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di Koonpiti Kananamalage Punja Koonpi Lasitha;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, con cui si lamenta vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità per i reati di rapina impropria e di lesioni, entrambi in forma aggravata, così formulato, non è consentito in sede di legittimità, oltre che manifestamente infondato;
che, infatti, pur avendo formalmente espresso censure riconducibili alle categorie del vizio di motivazione, in realtà il ricorrente non ha lamentato una motivazione contraddittoria o manifestamente illogica, ma una decisione erronea, in quanto fondata su una valutazione asseritamente sbagliata del materiale probatorio (in particolare, dell’attendibilità delle dichiarazioni rilasciate dal persona offesa), invocando così una diversa lettura delle risultanze processuali e, nello specifico, un diverso giudizio sull’attendibilità delle fonti di prova, senz tenere conto del principio per cui è precluso alla Corte di cassazione non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta
nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U., n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260);
che, dunque, a fronte di una adeguata e non illogica motivazione posta alla base della pronuncia del giudice di prime cure, e a cui – come sottolineato dalla Corte territoriale stessa (cfr. la sesta pagina) – la sentenza impugnata si “salda” , formando così un unico complessivo corpo argomentativo, deve ribadirsi il principio in base al quale in questa sede «non sono consentite tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento. Tutto ciò è “fatto”, riservato al giudice del merito» (così, efficacemente, Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965; nel medesimo senso, più di recente: Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Caradonna, Rv. 280747);
osservato, inoltre, che il secondo motivo di ricorso unitamente al terzo, con cui si contesta, rispettivamente, vizio di motivazione e vizio di violazione legge in relazione alla ritenuta sussistenza del reato di lesioni di cui al capo b) dell’imputazione, a loro volta, non sono consentiti in questa sede, perché tali censure non risultano essere state previamente dedotte come motivo di appello, secondo quanto è prescritto, a pena di inammissibilità, dall’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata (si veda la quinta pagina), che l’odierno ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente nel ricorso, se incompleto o comunque non corretto;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2024.