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Ricorso inammissibile: limiti del giudizio di Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro una condanna per spaccio di lieve entità. Il ricorso mirava a una nuova valutazione delle prove testimoniali, ma la Corte ha ribadito che il suo ruolo è limitato al controllo della logicità della motivazione, non al riesame dei fatti, confermando la condanna e le sanzioni pecuniarie.

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Pubblicato il 7 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione non può riesaminare le prove

La Corte di Cassazione ha recentemente ribadito i confini del proprio giudizio, chiarendo perché un ricorso inammissibile non possa trasformarsi in un terzo grado di merito. Con l’ordinanza in esame, i giudici hanno respinto il tentativo di un imputato di ottenere una nuova valutazione delle prove testimoniali, confermando una condanna per detenzione di sostanze stupefacenti di lieve entità. Questo caso offre uno spunto fondamentale per comprendere il ruolo della Suprema Corte e le conseguenze di un ricorso presentato al di fuori dei limiti previsti dalla legge.

I fatti del processo

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un uomo per il reato previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. L’imputato era stato ritenuto colpevole di aver occultato una modica quantità di sostanza stupefacente all’interno del bagno di un locale pubblico. La prova decisiva, secondo i giudici di primo e secondo grado, era costituita dalla testimonianza di un agente dei Carabinieri. L’agente aveva riferito di aver udito un distintivo rumore di plastica provenire dal bagno subito dopo l’ingresso dell’imputato e, durante l’immediata perquisizione, aveva rinvenuto la droga nascosta in un tubo. A nulla era valsa la testimonianza a discarico della titolare del bar, ritenuta contraddittoria e inattendibile.

I motivi del ricorso e il principio della “doppia conforme”

L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione lamentando un vizio di motivazione da parte della Corte d’Appello, in particolare per una presunta mancata o inadeguata valutazione della testimonianza a suo favore. La difesa sosteneva che le dichiarazioni della teste avrebbero dovuto portare a un esito diverso del processo.

Tuttavia, la sua posizione si scontrava con il principio della cosiddetta “doppia conforme”. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano raggiunto la stessa conclusione, basando la condanna su un apparato probatorio ritenuto solido e coerente. Questa doppia valutazione convergente rende più difficile contestare la ricostruzione dei fatti in sede di legittimità.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, spiegando in modo netto i limiti del proprio intervento. I giudici hanno sottolineato che il ricorso non individuava vizi logici o giuridici nella sentenza impugnata, ma si limitava a proporre una rilettura alternativa delle prove, in particolare della testimonianza. Questa attività, però, è preclusa alla Corte di legittimità.

Il sindacato della Cassazione, infatti, non è un terzo grado di giudizio dove si possono riesaminare i fatti e l’attendibilità delle prove. Il suo compito è verificare che i giudici di merito abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico, coerente e non contraddittorio. Nel caso specifico, le sentenze di primo e secondo grado erano state ritenute ben motivate, esaustive e idonee a spiegare l’iter logico-giuridico che aveva portato alla condanna. La prova decisiva non era la testimonianza confusa della titolare del bar, ma quella, ritenuta attendibile, dell’agente che aveva materialmente assistito ai momenti cruciali dell’occultamento e del ritrovamento della sostanza.

le conclusioni

La dichiarazione di inammissibilità ha avuto conseguenze significative per il ricorrente. Oltre alla conferma definitiva della condanna, l’uomo è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria è una conseguenza diretta della colpa del ricorrente nel proporre un’impugnazione per motivi non consentiti dalla legge.

Questa decisione insegna una lezione importante: il ricorso in Cassazione deve essere fondato su specifici vizi di legittimità (violazione di legge o vizi logici della motivazione) e non può essere utilizzato come un pretesto per chiedere ai giudici supremi di rivalutare le prove e sostituire il proprio giudizio a quello dei tribunali di merito. Un ricorso che non rispetta questi paletti è destinato a essere dichiarato ricorso inammissibile, con aggravio di spese per chi lo ha proposto.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile senza un nuovo esame delle testimonianze?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché chiedeva alla Corte di Cassazione di rivalutare le prove e l’attendibilità dei testimoni, un compito che spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado. La Cassazione può solo controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non riesaminare i fatti.

Su quale prova si è basata la condanna se la testimonianza della difesa era contraddittoria?
La condanna si è fondata principalmente sulla testimonianza di un Carabiniere, ritenuta pienamente attendibile. L’agente ha testimoniato di aver sentito il rumore di plastica prodotto dall’imputato mentre nascondeva la droga in un tubo del bagno e di averla poi trovata durante la perquisizione immediatamente successiva.

Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso inammissibile?
La persona che presenta un ricorso dichiarato inammissibile per sua colpa non solo vede confermata la condanna, ma è anche tenuta a pagare le spese del procedimento e una sanzione pecuniaria, in questo caso di 3.000 euro, a favore della cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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