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Ricorso inammissibile: limiti del giudizio di Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro una condanna per rifiuto di alcoltest (art. 186, co. 7, CdS). L’ordinanza chiarisce che la Cassazione non può rivalutare i fatti del processo o la congruità della pena se la motivazione della Corte d’Appello è logica e la sanzione non è arbitraria.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione non Riesamina il Merito

L’ordinanza della Corte di Cassazione che analizziamo oggi offre un’importante lezione sui limiti del giudizio di legittimità. Spesso si crede, erroneamente, che la Cassazione rappresenti un ‘terzo grado’ di giudizio dove tutto può essere ridiscusso. In realtà, il suo ruolo è ben definito: garantire l’osservanza e la corretta interpretazione della legge, non riesaminare i fatti. Il caso in esame, relativo a una condanna per rifiuto di sottoporsi all’alcoltest, si conclude con una dichiarazione di ricorso inammissibile, e ci permette di capire esattamente perché.

Il Caso in Esame: Rifiuto dell’Alcoltest e la Condanna

Un automobilista veniva condannato in primo grado e in appello per il reato previsto dall’articolo 186, comma 7, del Codice della Strada. Questa norma punisce chi, senza giustificato motivo, si rifiuta di sottoporsi agli accertamenti sullo stato di ebbrezza alcolica. Insoddisfatto della decisione della Corte d’Appello, l’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, lamentando due aspetti principali: un errore nella valutazione dei fatti che avrebbe dovuto portare alla sua assoluzione e un trattamento sanzionatorio ritenuto eccessivo.

I Motivi del Ricorso e perché è un ricorso inammissibile

L’imputato, tramite il suo difensore, ha tentato di portare all’attenzione della Suprema Corte questioni che, per loro natura, non possono trovare spazio in quella sede. La difesa ha contestato la ricostruzione del fatto e la valutazione del materiale probatorio, chiedendo di fatto ai giudici di legittimità di esprimere un nuovo giudizio sul merito della vicenda. Questo è il primo e fondamentale motivo per cui il ricorso è stato giudicato inammissibile.

La Corte di Cassazione non è un terzo giudice del fatto. Il suo compito non è stabilire se l’imputato ‘ha fatto o non ha fatto’, ma verificare se i giudici dei gradi precedenti (Tribunale e Corte d’Appello) hanno applicato correttamente le norme di legge e se hanno motivato la loro decisione in modo logico, coerente e non contraddittorio.

La Valutazione della Pena: Altro Profilo di Inammissibilità

Un secondo punto sollevato nel ricorso riguardava la pena inflitta. Anche su questo fronte, la Cassazione ha ribadito un principio consolidato: la determinazione della pena è una valutazione di merito, rimessa alla discrezionalità del giudice, che deve esercitarla all’interno dei limiti minimi e massimi previsti dalla legge (la cosiddetta ‘forbice edittale’).

È possibile contestare la pena in Cassazione solo in casi eccezionali, ovvero quando la decisione del giudice è frutto di ‘mero arbitrio’ o di un ‘ragionamento illogico’. Nel caso di specie, la pena era stata fissata in una misura molto vicina al minimo edittale, dimostrando che il giudice d’appello aveva esercitato la sua discrezionalità in modo ponderato e non arbitrario. Pertanto, anche questa doglianza è stata ritenuta inammissibile.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso con una motivazione chiara e lineare. In primo luogo, ha sottolineato che le critiche alla ricostruzione dei fatti ‘investono profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza della Corte di appello’. Quest’ultima, secondo gli Ermellini, aveva fornito una motivazione ‘congrua e adeguata’, priva di vizi logici e basata su corretti criteri di inferenza. Non essendoci un errore di diritto o un vizio logico palese nella sentenza impugnata, la Cassazione non aveva alcun potere di intervenire.

Per quanto riguarda la pena, la Corte ha richiamato la propria giurisprudenza costante (citando la sentenza n. 5582 del 2014), ribadendo che non è possibile in sede di legittimità chiedere una nuova valutazione sulla congruità della sanzione, a meno che non si dimostri l’illogicità o l’arbitrarietà del calcolo effettuato dal giudice di merito. Poiché la pena era quasi al minimo, tale critica è stata giudicata infondata.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza è un promemoria fondamentale sui ruoli e i limiti dei diversi gradi di giudizio nel nostro sistema processuale penale. Dichiarare un ricorso inammissibile non è un mero formalismo, ma la conseguenza diretta del tentativo di trasformare la Corte di Cassazione in un giudice di merito. Per l’imputato, la dichiarazione di inammissibilità comporta non solo la conferma definitiva della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende, che in questo caso ammontava a tremila euro. Questa decisione ribadisce che un ricorso in Cassazione deve essere fondato su precise violazioni di legge o vizi logici della motivazione, e non su un semplice disaccordo con la valutazione dei fatti o della pena effettuata dai giudici di merito.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare come sono andati i fatti di un processo?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti o valutare nuovamente le prove. Questo compito spetta esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello), a meno che la motivazione della sentenza impugnata non sia palesemente illogica o contraddittoria.

Si può contestare in Cassazione la quantità della pena ricevuta se la si ritiene troppo alta?
No, la censura sulla congruità della pena è inammissibile in Cassazione se la determinazione del giudice non è frutto di mero arbitrio o di un ragionamento illogico. Nel caso specifico, la pena era vicina al minimo previsto dalla legge, rendendo la critica infondata.

Cosa succede quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la condanna diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito nell’ordinanza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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