Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4121 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4121 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BRESCIA il 24/10/2000
avverso la sentenza del 15/09/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
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RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME
considerato che il primo motivo di ricorso, con cui si lamenta l’illogicità della motivazione posta a base dell’affermazione di responsabilità per il reato di cui al capo b), come riqualificato nella fattispecie di cui all’art. 582 cod. pen., risul manifestamente infondato, dal momento che la motivazione della sentenza impugnata (cfr. pag. 9-12 della impugnata sentenza) non presenta alcun vizio riconducibile alla nozione delineata nell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., avendo i giudici di appello compiutamente indicato le ragioni di fatto e di diritto i base alle quali è pienamente affermata l’integrazione del reato di lesioni da parte del ricorrente;
che infatti, nel caso di specie, pur avendo formalmente lamentato un vizio di motivazione, in realtà, il ricorrente ha prospettato una diversa ricostruzione dei fatti e un differente giudizio di attendibilità delle fonti di prova (in particola dichiarazioni rese dalla persona offesa), dovendosi invece affermare che esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una ‘rilettura’ degli elemen di fatto e delle risultanze processuali posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito (per tutte: Sez. U, n. 6402, del 30/4/1997, COGNOME, Rv. 207944);
osservato che anche gli altri due motivi di ricorso, attinenti, l’un all’eccessività della pena, e l’altro, alla mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche con criterio di equivalenza rispetto alle contestate aggravanti, risultano entrambi manifestamente infondati;
che, invero, si è rivendicato un inesistente diritto al minimo della pena, dovendosi, invece, a tal proposito, sottolineare che, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza di legittimità, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., cosicché nel giudizio di cassazione è comunque inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione (come nel caso di specie) non sia frutto di arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288; Sez. 2, n. 39716 del 12/07/2018, COGNOME, Rv. 273819, in motivazione; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142);
che, dunque, in conclusione, l’onere argomentativo sul punto è stato adeguatamente assolto attraverso un congruo e non illogico riferimento agli
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elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, in particolare, pagg. 12-13 dell sentenza impugnata);
che, inoltre, con specifico riferimento all’ultimo motivo di ricorso, si deve sottolineare, da un lato, che il giudice di appello non è tenuto a motivare il diniego delle circostanze attenuanti generiche sia quando nei motivi di impugnazione si ripropongano, ai fini del riconoscimento, gli stessi elementi già sottoposti all’attenzione del giudice di primo grado e da quest’ultimo disattesi, sia quando come in questo caso – si insista per quel riconoscimento senza addurre alcuna particolare ragione (Sez. 1, n. 33951 del 19/05/2021, COGNOME, Rv. 281999), prospettando una doglianza connotata da genericità; e dall’altro lato come la Corte di appello, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, invero, ha adeguatamente indicato, con argomentazioni congrue e non illogiche, tutti gli elementi posti a base del diniego delle circostanze ex art.62-bis cod. pen. (si vedano in particolare le pagg. 13-14 della impugnata sentenza);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 29/10/2024.