Ricorso Inammissibile: la Cassazione ribadisce i suoi confini
Con l’ordinanza n. 11422/2024, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di ricettazione, fornendo chiarimenti cruciali sui limiti del proprio sindacato. La decisione evidenzia un principio fondamentale del nostro sistema processuale: la netta distinzione tra il giudizio di merito e quello di legittimità. Quando un ricorso viene dichiarato ricorso inammissibile, significa che non supera il vaglio preliminare della Corte, la quale non può entrare nel merito della vicenda.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da una sentenza della Corte d’Appello di L’Aquila, che aveva confermato la condanna di un imputato per il reato di ricettazione di un’autovettura. L’imputato ha proposto ricorso per cassazione, basandolo su due motivi principali. Con il primo, contestava la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove operata dai giudici di merito, proponendo una lettura alternativa delle risultanze processuali. Con il secondo motivo, lamentava l’eccessività della pena inflitta, ritenendola sproporzionata.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. La Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende. La decisione si fonda su principi consolidati della giurisprudenza di legittimità, che limitano severamente l’ambito di intervento della Cassazione.
Le motivazioni del ricorso inammissibile
La Corte ha smontato punto per punto i motivi del ricorso, spiegando le ragioni della sua inammissibilità.
Primo Motivo: il divieto di rilettura del fatto
In relazione al primo motivo, i giudici hanno ribadito che la Corte di Cassazione non è un “terzo grado” di merito. Il suo compito non è quello di ricostruire nuovamente i fatti o di valutare l’attendibilità delle fonti di prova, come testimoni o documenti. Questo tipo di valutazione spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado (i cosiddetti giudici di merito). Il ricorso che tenta di ottenere dalla Cassazione una diversa interpretazione dei dati processuali o una nuova valutazione delle prove è, per sua natura, inammissibile. La Corte può solo verificare se la motivazione della sentenza impugnata sia logicamente coerente e priva di vizi giuridici, non se sia condivisibile nel merito. Nel caso specifico, i giudici di merito avevano adeguatamente motivato la responsabilità dell’imputato, sottolineando, ad esempio, che la persona offesa non avrebbe sporto denuncia se avesse semplicemente prestato l’auto.
Secondo Motivo: la discrezionalità sulla pena
Anche il secondo motivo, relativo all’eccessività della pena, è stato giudicato infondato e inammissibile. La Corte ha ricordato che la determinazione della pena, nel rispetto dei limiti minimi e massimi previsti dalla legge, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Tale potere viene esercitato sulla base dei criteri indicati dagli articoli 132 e 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere del reo, etc.). La Corte di Cassazione può intervenire solo se tale potere discrezionale è stato esercitato in modo palesemente illogico o arbitrario, ma non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito. In questo caso, la pena era stata motivata in modo congruo, facendo riferimento al valore economico non trascurabile dell’autovettura oggetto del reato.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame rappresenta un importante promemoria sui ruoli e le competenze all’interno del processo penale. Conferma che il ricorso per cassazione deve concentrarsi su questioni di diritto (violazioni di legge o vizi logici della motivazione) e non può trasformarsi in un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti. Per gli operatori del diritto, ciò significa redigere ricorsi che rispettino rigorosamente questi confini, evitando motivi che si risolvano in una mera contestazione della ricostruzione fattuale operata nei gradi precedenti, pena la dichiarazione di un ricorso inammissibile e la condanna alle spese.
Perché il ricorso contro la dichiarazione di responsabilità è stato ritenuto inammissibile?
Perché contestava la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove, proponendo una lettura alternativa. La Corte di Cassazione non può sovrapporre la propria valutazione a quella del giudice di merito, ma solo verificare la logicità della motivazione e la corretta applicazione della legge.
È possibile contestare l’entità della pena in Cassazione?
Sì, ma solo entro limiti molto stretti. Non è possibile contestare la pena perché ritenuta semplicemente “eccessiva”. Si può contestare solo se la motivazione del giudice di merito sulla quantificazione della pena è palesemente illogica, arbitraria o del tutto assente, cosa che non è avvenuta nel caso di specie.
Qual è il ruolo della Corte di Cassazione nel processo penale secondo questa ordinanza?
Il ruolo della Corte di Cassazione è quello di giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, nonché il rispetto delle norme sul procedimento. Non può riesaminare le prove o sostituire il proprio giudizio sui fatti a quello dei giudici dei gradi precedenti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11422 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11422 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/03/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME NOME COGNOME, ritenuto che il primo motivo di ricorso che contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità denunciando la illogicità della motivazione sulla base della diversa lettura dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova, non è consentito dalla legge, stante la preclusione per la Corte di cassazione non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260);
che il giudice di merito, con motivazione esente da vizi logici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini della dichiarazione di responsabilità e della sussistenza del reato, così come emerge da pagina 3 della sentenza impugnata, ove il giudice di appello sostiene integralmente sussistenti gli elementi costitutivi del reato di ricettazione a prescindere dal mancato esame della persona offesa, poiché quest’ultima non avrebbe sporto denuncia se avesse effettivamente dato in prestito la sua autovettura all’imputato;
ritenuto che il secondo motivo di ricorso che contesta l’eccessività della pena non è consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.;
che nella specie l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi e rilevanti a p.4 della sentenza impugnata, in virtù della non particolare tenuil:à del fatto data dal valore economico non trascurabile dell’autovettura oggetto del fatto delittuoso;
ritenuto che la memoria difensiva del 2 febbraio 2024 è generica e nulla aggiunge di decisivo ai fini dello scrutinio di inammissibilità del ricorso;
rilevato che la richiesta deve essere dichiarata inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro tremila in favore delle Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 6 febbraio 2024.