Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14609 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14609 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 13/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME EP NOME nata il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/07/2023 della CORTE D’APPELLO DI GENOVA;
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Rilevato che con la sentenza impugnata la Corte di appello di Genova, pur accertando i fatti diffamatori, assolveva la ricorrente in quanto non punibile per particolare tenuità del fatto;
Considerato che l’imputata, con il primo, il terzo e il quarto motivo, formula censure di mero fatto concernenti il riconoscimento della persona offesa e l’attendibilità dei testi e ciò a fronte di una motivazione congrua su tali aspetti che ha valorizzato quanto dichiarato dalla teste COGNOME, indifferente, la quale ha riferito che la persona offesa, anche se ritratta di spalle nella foto, era ben riconoscibile;
Ritenuti dunque tali motivi inammissibili perché l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944 – 01, la quale ha sottolineato che esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per i ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali);
Considerato che con il secondo motivo la ricorrente lamenta l’omessa dimostrazione che la pubblicazione della foto era avvenuta su sua iniziativa, non confrontandosi, di qui, con la parte della motivazione della decisione denunciata nella quale è evidenziato che era stata la medesima imputata a dichiarare alla teste COGNOME di aver effettuato la pubblicazione della foto in un momento di nervosismo e di averla, poi, rimossa subito dopo;
Ritenuto dunque anche questo motivo inammissibile perché privo della necessaria specificità (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822 – 01);
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
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Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13/03/2024