Ricorso Inammissibile: Perché la Cassazione Non Può Riesaminare i Fatti
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. La Corte ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per ricettazione, chiarendo i limiti invalicabili dei motivi che possono essere portati al suo esame. Questo caso offre uno spunto prezioso per comprendere la differenza tra valutazione dei fatti e controllo sulla corretta applicazione della legge.
La Vicenda Giudiziaria: dalla Condanna alla Cassazione
Il caso ha origine dalla condanna di un uomo per il reato di ricettazione, ai sensi dell’art. 648 del codice penale. L’imputato era stato trovato in possesso di un assegno di provenienza furtiva. La sua difesa si basava sulla tesi di aver ricevuto il titolo di credito come pagamento per l’affitto di un alloggio condiviso con un’altra persona, negando quindi la consapevolezza della sua origine illecita.
Tuttavia, sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno ritenuto questa versione inverosimile, confermando la responsabilità penale dell’imputato e riconoscendo anche la recidiva specifica. Di fronte a questa doppia condanna, il difensore ha deciso di presentare ricorso alla Corte di Cassazione.
I Motivi del Ricorso e i Limiti del Giudizio di Legittimità
Il ricorso si fondava su due principali motivi:
1. Violazione di legge (art. 648 c.p.): Si contestava la mancanza di prova sull’elemento soggettivo del reato, ovvero la consapevolezza dell’origine illecita dell’assegno. Secondo la difesa, il giudice di merito avrebbe errato nel ritenere provata la colpevolezza.
2. Vizi di motivazione (art. 133 c.p.): Si lamentava un’errata valutazione nel calcolo della pena (trattamento sanzionatorio), sostenendo che non si fosse tenuto conto di tutti gli elementi previsti dalla legge.
La Corte di Cassazione ha esaminato entrambi i motivi, dichiarando l’intero ricorso inammissibile.
La Decisione sul Ricorso Inammissibile: una Netta Chiusura
La Suprema Corte ha respinto le argomentazioni della difesa con motivazioni nette, che delineano chiaramente il perimetro del suo intervento.
Il Divieto di “Rilettura” dei Fatti
In merito al primo motivo, la Corte ha sottolineato che contestare la valutazione dell’elemento soggettivo equivale a chiedere una nuova e diversa ricostruzione dei fatti. Tale operazione, però, è preclusa in sede di legittimità. Il compito della Cassazione non è quello di stabilire se l’imputato fosse o meno consapevole, ma di verificare se la motivazione con cui i giudici di merito sono giunti a tale conclusione sia logica, coerente e priva di vizi giuridici. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva spiegato in modo esauriente perché la versione difensiva fosse inverosimile, e tale valutazione non poteva essere messa in discussione.
La Preclusione dei Motivi Nuovi
Riguardo al secondo motivo, relativo alla pena, la Corte ha rilevato un vizio procedurale decisivo. La censura sollevata in Cassazione era più ampia di quella presentata in appello. Infatti, nel secondo grado di giudizio, la difesa si era limitata a chiedere l’applicazione di un’attenuante specifica. Proporre in Cassazione una doglianza generica sulla determinazione della pena, non precedentemente dedotta, costituisce un motivo nuovo e, come tale, inammissibile ai sensi dell’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La decisione si fonda sulla distinzione cruciale tra “giudizio di merito” e “giudizio di legittimità”. I primi due gradi di giudizio (Tribunale e Corte d’Appello) sono sedi di merito, dove si accertano i fatti e si valutano le prove. La Corte di Cassazione, invece, è un giudice di legittimità: il suo compito è assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge.
Come ribadito anche dalla giurisprudenza citata (Sez. U, n. 6402/1997), è esclusa dai poteri della Corte di Cassazione una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione. Qualsiasi tentativo di spingere la Corte a rivalutare le prove per giungere a un esito diverso da quello dei giudici di merito è destinato a scontrarsi con una dichiarazione di inammissibilità. Allo stesso modo, il principio di specificità dei motivi di appello impedisce di “aggirare” le preclusioni processuali, introducendo per la prima volta in Cassazione doglianze che dovevano essere formulate nel grado precedente.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per chiunque intenda impugnare una sentenza penale. Le conclusioni pratiche sono chiare:
1. Strategia difensiva: È fondamentale strutturare i motivi di appello in modo completo e specifico fin dal secondo grado, poiché le questioni non dedotte non potranno, di regola, essere sollevate successivamente in Cassazione.
2. Natura del ricorso: Il ricorso per cassazione non è un’ulteriore possibilità di discutere i fatti. Deve concentrarsi esclusivamente su vizi di legge o su difetti manifesti della motivazione (come illogicità o contraddittorietà), senza tentare di sostituire la valutazione del giudice di merito con una propria.
La dichiarazione di ricorso inammissibile non solo pone fine al processo, rendendo la condanna definitiva, ma comporta anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto nel caso di specie.
Può la Corte di Cassazione riesaminare le prove e i fatti di un processo?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità. Il suo compito non è quello di effettuare una nuova valutazione dei fatti o delle prove, ma di verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e fornito una motivazione logica e non contraddittoria.
Cosa significa quando un ricorso viene dichiarato ‘inammissibile’?
Significa che il ricorso non può essere esaminato nel merito perché non rispetta i requisiti previsti dalla legge. Ciò accade, ad esempio, quando si chiede alla Corte una rivalutazione dei fatti (non consentita) o quando si sollevano questioni non presentate nel precedente grado di appello.
È possibile presentare in Cassazione un motivo di ricorso che non era stato sollevato in appello?
No, di regola non è possibile. Il Codice di procedura penale stabilisce il principio per cui non si possono dedurre in Cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, a meno che non si tratti di vizi rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 37146 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: NOME COGNOME
Penale Ord. Sez. 7 Num. 37146 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/09/2025
SETTIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Ord. n. sez. 12911/2025
CC – 23/09/2025
– Relatore –
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
Sul ricorso proposto da:
NOME nato a Cesano Maderno il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 05/12/2024 della Corte d’appello di Venezia dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse diNOME COGNOME;
Rilevato che con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Venezia ha confermato la sentenza in data 28 novembre 2023 del Tribunale di Treviso con la quale era stata affermata la penale responsabilità di NOME in relazione al reato di ricettazione (art. 648 cod. pen.) di un assegno di provenienza furtiva, reato commesso in data antecedente e prossima al 22 agosto 2019. All’imputato Ł stata contestata e riconosciuta la recidiva specifica infraquinquennale.
Considerato che avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo:
Violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. in relazione all’art. 648 cod. pen. non essendo stata raggiunta la prova per ritenere la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato in capo all’imputato, avendo quest’ultimo ricevuto il titolo di credito in pagamento dell’affitto di un alloggio che aveva condiviso con tale NOME COGNOME;
Vizi di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. in relazione al trattamento sanzionatorio non essendosi tenuto conto di tutti gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen.
Rilevato che il primo motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità, non Ł consentito dalla legge in sede di legittimità perchØ tende ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si vedano, in particolare, pag. 4 e 5 della sentenza impugnata) evidenziando l’inverosimiglianza della versione difensiva fornita, con conseguenti effetti anche sull’elemento soggettivo del reato in contestazione;
che esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una ‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione Ł, in via esclusiva,
riservata al giudice di merito (per tutte: Sez. U, n. 6402, del 30/4/1997, Dessimone, Rv. 207944);
Considerato che il secondo motivo di ricorso, con cui si deduce violazione della motivazione posta a base della pena irrogata, non Ł consentito dalla legge in sede di legittimità, essendosi prospettata una censura che non previamente dedotta dinanzi alla Corte territoriale, secondo quanto Ł prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606 comma 3 cod. proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata, che l’odierno ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente nell’odierno ricorso, se incompleto o comunque non corretto (si veda in particolare la pag. 4 dell’impugnata sentenza, ove emerge che nel secondo motivo di appello, in punto di trattamento sanzionatorio ci si Ł limitati alla richiesta di applicazione dell’attenuante di cui all’art. 648, quarto comma, cod. pen.);
Rilevato , pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così Ł deciso, 23/09/2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME