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Ricorso inammissibile: limiti Cassazione su fatti e pena

Un soggetto condannato per riciclaggio ha presentato ricorso in Cassazione lamentando l’insufficienza delle prove e l’eccessività della pena. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che non può riesaminare i fatti del processo, compito riservato ai giudici di merito. Inoltre, ha confermato che la determinazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice, che nel caso specifico aveva motivato adeguatamente la sua decisione.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Non Può Riesaminare i Fatti

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cardine del nostro sistema processuale: il suo ruolo di giudice di legittimità, non di merito. La decisione scaturisce dal ricorso di un imputato condannato per il grave reato di riciclaggio, che si è visto respingere le sue doglianze. Questo caso offre uno spunto fondamentale per comprendere i limiti di un appello in Cassazione e le ragioni che portano a un ricorso inammissibile.

I Fatti del Processo

Il ricorrente, condannato in Corte d’Appello, ha basato il suo ricorso per Cassazione su due motivi principali. In primo luogo, ha contestato l’impianto probatorio, sostenendo che le prove raccolte non fossero sufficienti a dimostrare la sua responsabilità penale per il reato di cui all’art. 648-bis del codice penale. In secondo luogo, ha lamentato l’eccessività della pena inflittagli, ritenendola sproporzionata.

L’Analisi della Corte: perché il ricorso è inammissibile

La Suprema Corte ha esaminato entrambi i motivi, concludendo per la loro manifesta infondatezza e dichiarando l’inammissibilità del ricorso. Vediamo nel dettaglio le argomentazioni dei giudici.

Il Divieto di Riesame dei Fatti

Sul primo punto, relativo alla valutazione delle prove, la Corte ha ricordato che la sua funzione non è quella di effettuare una “rilettura” degli elementi di fatto. Il tentativo del ricorrente di ottenere una nuova e diversa ricostruzione dei fatti, utilizzando criteri di valutazione differenti da quelli adottati dal giudice di merito, è stato ritenuto inammissibile. La Corte di Cassazione può sindacare la motivazione di una sentenza solo se presenta vizi logici o giuridici evidenti, ma non può sostituire la propria valutazione a quella, insindacabile, dei giudici dei gradi precedenti che hanno esaminato direttamente le prove. Nel caso di specie, la motivazione della Corte d’Appello è stata giudicata esente da tali vizi.

La Discrezionalità nella Determinazione della Pena

Anche il secondo motivo, relativo all’eccessività della sanzione, è stato respinto. La Cassazione ha ribadito che la graduazione della pena rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Tale potere deve essere esercitato nel rispetto dei principi stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che guidano il giudice nella valutazione della gravità del reato e della capacità a delinquere del reo. La Corte ha ritenuto che il giudice d’appello avesse adeguatamente giustificato la sua decisione, facendo riferimento a elementi concreti come i numerosi e recenti precedenti specifici dell’imputato e l’assenza di circostanze attenuanti significative.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Corte si fonda su un principio consolidato: la netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure mosse dal ricorrente non riguardavano errori di diritto o vizi logici della sentenza, ma miravano a ottenere una nuova valutazione nel merito della vicenda processuale. Tale richiesta esula completamente dai poteri della Corte di Cassazione, la cui funzione è garantire l’uniforme interpretazione della legge e il rispetto delle regole processuali.

Conclusioni

Questa ordinanza è un chiaro monito: un ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio in cui si possono ridiscutere i fatti. Per avere successo, il ricorso deve concentrarsi esclusivamente su questioni di diritto, come l’errata applicazione di una norma penale o un difetto palese nel ragionamento logico-giuridico del giudice. Ogni tentativo di rimettere in discussione l’apprezzamento delle prove o la commisurazione della pena, se non supportato da vizi specifici, è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Perché la Corte di Cassazione non può riesaminare le prove di un processo?
La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata, non effettuare una nuova valutazione dei fatti o delle prove, che è di competenza esclusiva dei giudici dei primi due gradi di giudizio.

Su quali basi un giudice decide l’entità di una pena?
Il giudice determina l’entità della pena esercitando un potere discrezionale guidato dai principi degli articoli 132 e 133 del codice penale. Valuta elementi come la gravità del reato, i precedenti penali dell’imputato, le circostanze aggravanti e attenuanti, e deve fornire una motivazione adeguata per la sua decisione.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Comporta il rigetto del ricorso senza che la Corte ne esamini il merito. La sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, di una somma in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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