Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 20971 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 20971 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 19/04/1966
avverso la sentenza del 11/05/2023 del GIUDICE COGNOME PRELIMINARE di TORINO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Procuratore generale, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Torino, con la sentenza indicata in epigrafe, ha applicato la pena su richiesta delle parti ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. nei confronti di COGNOME Mali relazione al delitto di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 per illeci detenzione a fini di spaccio di gr. 80,6014 di hashish con milligrammi 13863 di THC, pari a 554 dosi medie singole e gr. 7,6806 di cocaina, suddivisa in 16 dosi, con mg. 5853 di cocaina base. In Torino, 14 giugno 2022.
COGNOME propone ricorso avverso tale sentenza deducendo inosservanza degli artt. 448 e 546, comma 1 lett. e) nn.1 e 2, cod. proc. pen. sostenendo che il provvedimento impugnato si è limitato a considerare la correttezza della diversa
qualificazione giuridica del fatto e l’applicazione di circostanze di segno diverso prospettato dalle parti. Tale esame, si assume risulta parzialmente carente manc un’approfondita disamina logico-giuridica atta a far emergere il pensiero del giudi circa l’adeguamento in concreto delle pene inflitte alla gravità effettiva del soprattutto alle condizioni di vita individuale, familiare e sociale dell’i connotate da marginalità. Il giudice si è limitato ad accennare alla posizione lav instabile e occasionale dell’imputato senza ricavarne alcun ulteriore dato circosta non sfavorevole come sarebbe stato possibile e legittimo.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha conclu l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Si tratta di ricorso proposto avverso una sentenza applicativa di pena (art cod. proc. pen.), per un motivo non deducibile (carenza della motivazione) ai s dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. (inserito dall’art. 1, comma 50, legge 2 giugno 2017, n.103).
Il Collegio, pur constatando che la pronuncia impugnata è stata emessa in da 11 maggio 2023 e che, alla data odierna, risulta decorso il termine di procedi fissato dall’art. 344 bis cod. proc. pen., osserva quanto segue:
Il comma 2 dell’art. 2 legge 27 settembre 2021, n. 134, alla lettera introdotto nel codice di rito penale l’art. 344 bis (rubricato «Improcedibilità per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione») ai sensi d quale costituisce causa di improcedibilità dell’azione penale la mancata definizion giudizio d’appello entro il termine di due anni (comma 1) e del giudizio di Cassa entro il termine di un anno (comma 2). Tale causa di improcedibilità è altresì de «prescrizione processuale» per distinguerla dal diverso istituto della c.d. «presc sostanziale» disciplinata dagli artt. 157 ss. cod. pen. e incide, non più sul reat potere statuale di proseguire “nell’esame del merito e di giungere ad una condanna definitiva, caducando la precedente pronuncia” (Rel. illustrativa al d.lgs. 10 2022, n. 150)
Secondo un principio costantemente recepito dalla giurisprudenza di legittim (Sez. U, n. .12602 del 17/12/2015, dep. 2016, COGNOME, 266818 – 01; sull’ass
genericità dei motivi, Sez. U, n. 23428 del 22/03/2005, COGNOME, Rv. 231164 – 01; s manifesta infondatezza dei motivi, Sez. U, n.15 del 30/06/1999, Piepoli, Rv. 21398 01 e Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, D.L., Rv. 217266 – 01; sui motivi non consenti non dedotti in appello, Sez. U, n. 21 del
11/11/1994, COGNOME, Rv. 199903-01), la presentazione di un ricorso per cassazi invalido comporta l’inammissibilità del medesimo, osta alla costituzione di valido a della corrispondente fase processuale e determina la formazione del “giudic sostanziale”, con la conseguenza che il giudice, in quanto non investito del pot cognizione e decisione sul merito del processo, non può rilevare eventuali cause di punibilità.
Ci si deve chiedere se, anche rispetto all’istituto dell’improcedibilità continuare ad assumere rilievo il primato della causa di inammissibilità (con evid esclusione dei casi di tardività del ricorso per i quali il giudicato impedisce l’op dell’improcedibilità), e, con esso, la distinzione tra ricorsi ammissibili inammissibili, laddove solo i primi sono in grado di radicare il valido rap processuale e, di conseguenza, di attribuire rilievo al decorso del termine di presc (sia sostanziale che processuale).
Il Collegio ritiene che non vi siano ragioni per non estendere anche alla prescrizione processuale i su indicati principi, già operanti con riguardo al prescrizione sostanziale, posto che l’inammissibilità impedisce a priori la corretta instaurazione del giudizio di impugnazione, invalidando tutti gli atti in ipot compiuti prima della sua declaratoria e considerato che, d’altro canto, l’improcedi pur precludendo la pronuncia nel merito, presuppone un’impugnazione regolarmente proposta e, quindi, ammissibile, definendo il giudizio d’impugnazione con una decisi in rito.
L’accertamento dell’inammissibilità dell’impugnazione, in altre parole, re inoperante l’improcedibilità in quanto ciò che rileva non è il momento in l’inammissibilità è accertata, ma quello in cui essa si realizza; la circost l’inammissibilità sia dichiarata dopo il decorso dei termini di cui all’art. 344 bis cod. proc. pen. non esclude che logicamente preceda tale decorso ogni qualvolta la fa protratta oltre i termini massimi, si sia avviata mediante un atto inammiss L’esigenza di ragionevole durata dei processi sottesa all’istituto dell’improcedibil può, infatti, sopravanzare la necessità di rispettare le regole sulla corretta inst del rapporto processuale che presiedono all’introduzione dei giudizi di impugnazione.
In definitiva, gli unici casi nei quali, nonostante l’inammissibilità del ri giudice dell’impugnazione sia consentita una pronuncia diversa, rimangono quelli de abolitio criminis, della dichiarazione di illegittimità costituzionale della nor incriminatrice formante oggetto dell’incriminazione, dell’ipotesi in cui debba dichiarata l’estinzione del reato a norma dell’art. 150 cod. pen. (Sez. U, COGNOME, cit.).
Secondo quanto già, condivisibilmente, affermato in precedenti pronunce di questa Corte, pertanto, deve ritenersi che «in tema di impugnazioni, l’inammissibilità
del ricorso per cassazione, precludendo la costituzione di un valido rapporto processuale, impedisce la declaratoria di improcedibilità del giudizio per superamento
bis del termine di durata massima di un anno di cui all’art. 344
cod. proc. pen. inserito dall’art. 2, comma 2 lett. a), legge 27 settembre 2021, n. 134», (Sez. 2, n. 40349 del
27/06/2024, Piano, Rv. 287085 – 01; Sez. 7, Ord. n. 43883 del 19/11/2021, Cusmà
COGNOME, Rv. 283043 – 01).
4. Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000,
n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità», il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in euro 3.000,00 in favore
della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Così deciso il 13/05/2025.