Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8257 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8257 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a RAGUSA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/01/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 24 gennaio 2023 la Corte di Appello di Catania, confermando la sentenza del 6 luglio 2022 del GIP presso il Tribunale di Ragusa, ha complessivamente determinato in anni 1 e mesi 4 di reclusione ed euro 1.333,00 di multa la pena inflitta a NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 73 comma 5 del d.P.R. 309/90, con confisca del denaro e confisca e distruzione della sostanza in sequestro, nonché in giorni 12 di arresto per il reato di cui all’articolo 697 cod. pen..
E’ stato proposto ricorso per cassazione.
2.1. Con il primo motivo l’imputato ha lamentato la violazione di legge e vizio motivazionale con riguardo alle dichiarazioni, ritenute decisive, rese da un soggetto chiamato in reità e prive di credibilità soggettiva, alla luce dell’interesse personale del dichiarante.
2.2. Con il secondo motivo l’imputato ha lamentato la violazione di legge e vizio motivazionale in riferimento alla mancata risposta ai motivi di appello.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. Al riguardo, occorre innanzitutto ribadire che il controllo del Giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia l’oggettiva tenuta sotto il profilo logico-argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; Sez. 3, n. 12110 del 19/3/2009, Campanella, n. 12110, Rv. 243247).
1.2. In tal modo individuato il perimetro di giudizio proprio della Suprema Corte, osserva allora il Collegio che le censure mosse dal ricorrente al provvedimento impugnato sono inammissibili: dietro la parvenza del vizio motivazionale, infatti, lo stesso tende ad ottenere in questa sede una nuova ed alternativa lettura delle medesime emergenze istruttorie già esaminate dai Giudici di merito, sollecitandone una valutazione diversa e più favorevole.
Il che, come riportato, non è consentito.
Vero è, al contrario, che la Corte territoriale ha puntualmente valutato e dichiarato la penale responsabilità dell’odierno ricorrente.
2.1. Quanto al primo motivo, è agevole rilevare come il giudicante abbia puntualmente argomentato in ordine alla credibilità della testimone COGNOME NOME, le cui dichiarazioni sono state ritenute coerenti, precise e attendibili, non ravvisandosi alcuna plausibile ragione per cui la medesima, dopo aver chiamato i soccorsi per il ricorrente – colto da malore a seguito dell’assunzione di eroina, avrebbe dovuto mentire accusando il predetto di spaccio in ordine a precedenti episodi di cessione da parte del prevenuto nei suoi confronti e nei confronti di altri soggetti.
2.2. Quanto al secondo motivo, la Corte territoriale richiama il primo giudizio, ritenendo, con motivazione ineccepibile, che il rinvenimento di tre tipi diverse di sostanze stupefacenti, materiale per il confezionamento e denaro (480 euro in banconote di piccolo taglio) fosse incompatibile con la detenzione per uso personale.
L’impugnazione, che neppure si confronta appieno con l’iter argomentativo e che in definitiva propone censure estranee al giudizio di legittimità (v. supra), è quindi manifestamente infondata.
Non può quindi che dichiararsi la complessiva inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 15 dicembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente