Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione non può riesaminare il caso
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile in Cassazione segni il punto di arrivo di un percorso giudiziario. La Suprema Corte ha ribadito i confini invalicabili del proprio giudizio, chiarendo perché non può trasformarsi in un terzo grado di merito. Analizziamo una decisione che riguarda reati di eccezionale gravità, tra cui l’associazione mafiosa e l’omicidio aggravato, e che si concentra su due aspetti cruciali: la concessione delle attenuanti generiche e la gestione della recidiva.
I Fatti di Causa
Il ricorrente, già condannato in primo grado per partecipazione ad associazione mafiosa, omicidio aggravato, detenzione illegale di armi e violenza privata, si era visto parzialmente riformare la sentenza dalla Corte d’Assise d’Appello. Nonostante una parziale riforma (dichiarazione di non doversi procedere per un capo d’imputazione), la struttura portante della condanna era rimasta invariata.
L’imputato ha quindi presentato ricorso in Cassazione, affidandosi a due principali motivi:
1. Il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, con conseguente richiesta di riduzione della pena ritenuta eccessiva.
2. La richiesta di revoca della recidiva, basata sul lungo tempo trascorso dai fatti e sul percorso collaborativo intrapreso.
La Decisione della Corte di Cassazione: un Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha rigettato completamente le richieste del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione non è entrata nel merito delle richieste, ma si è fermata a un livello procedurale, stabilendo che i motivi presentati non potevano essere esaminati in quella sede. La Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, una sanzione tipica per i ricorsi inammissibili.
Le Motivazioni della Sentenza
La decisione della Suprema Corte si fonda su principi consolidati della procedura penale, che definiscono in modo netto i limiti del suo intervento. Esaminiamo le ragioni dietro questa pronuncia.
Sulla Mancata Concessione delle Attenuanti Generiche
La Corte ha definito ‘manifestamente infondate’ le censure relative al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. Il punto centrale è che il giudice di merito (in questo caso, la Corte d’Appello) aveva fornito una motivazione logica e coerente per la sua decisione, basandosi su specifici indici di natura personale e fattuale che sconsigliavano un trattamento sanzionatorio più mite.
La Cassazione ha ricordato un suo principio costante: il giudice, nel negare le attenuanti, non è obbligato a esaminare analiticamente tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli. Può, invece, concentrarsi su quelli che ritiene decisivi. Il giudizio della Cassazione è un controllo di legittimità, non di merito: non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice d’appello, ma solo verificare che la motivazione di quest’ultimo sia priva di vizi logici o giuridici. In questo caso, la motivazione è stata ritenuta adeguata.
Sull’Inammissibilità della Questione Relativa alla Recidiva
Ancora più netta è stata la posizione sulla questione della recidiva. La Corte ha dichiarato questo motivo di ricorso ‘inammissibile’ perché la questione non era stata devoluta, con la necessaria specificità, al giudice d’appello. In altre parole, il ricorrente non aveva sollevato la richiesta di revoca della recidiva in modo corretto e dettagliato nel precedente grado di giudizio.
Il codice di procedura penale (art. 606, comma 3) stabilisce che non possono essere dedotte in Cassazione questioni che non siano state proposte nei motivi di appello, a meno che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento. La revoca della recidiva, in questo contesto, non rientrava in tale categoria. Di conseguenza, la Corte d’Appello aveva correttamente omesso di pronunciarsi su un punto non sollevato, e la Cassazione non poteva sanare tale omissione.
Le Conclusioni
Questa ordinanza offre due importanti lezioni pratiche:
1. I limiti del giudizio di Cassazione: La Suprema Corte non è un ‘terzo giudice’ dei fatti. Il suo ruolo è garantire l’uniforme interpretazione della legge e il rispetto delle regole processuali. Le valutazioni di merito, come la concessione delle attenuanti, se supportate da una motivazione congrua e non illogica, sono insindacabili in sede di legittimità.
2. L’importanza della strategia difensiva: Tutte le questioni rilevanti devono essere sollevate in modo specifico e tempestivo nei motivi d’appello. Una questione non dedotta o dedotta genericamente in appello è, di regola, persa per sempre e non può essere recuperata con un ricorso in Cassazione. La dichiarazione di ricorso inammissibile è la diretta conseguenza di una violazione di questi principi procedurali.
La Corte di Cassazione può riconsiderare la decisione di un giudice di non concedere le attenuanti generiche?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare nel merito la decisione di non concedere le attenuanti generiche. Il suo controllo è limitato a verificare che la motivazione del giudice di grado inferiore sia logica e non contraddittoria. Se la motivazione esiste ed è congrua, la decisione è insindacabile.
Perché il motivo di ricorso sulla recidiva è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché la questione non era stata sollevata con la dovuta specificità nei motivi di appello. Salvo casi eccezionali previsti dalla legge, non è possibile presentare in Cassazione questioni nuove o non correttamente formulate nei precedenti gradi di giudizio.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
Comporta che la Corte di Cassazione non esamina il merito delle questioni sollevate. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, di norma, al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso non ammissibile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3638 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3638 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il 23/02/1966
avverso la sentenza del 28/11/2023 della CORTE RAGIONE_SOCIALE di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Assise di Appello di Napoli che, dichiarando il non doversi procedere per mancanza della condizione di procedibilità in ordine al reato di cui al capo 4) dell’imputazione, ha parzialmente riformato la pronunzia di primo grado con la quale il ricorrente era stato ritenuto responsabile dei delitti di partecipazione ad associazione mafiosa (capo 1), omicidio aggravato (capo 2), detenzione illegale di armi (capo 3) e violenza privata (capo 4);
Preso atto del motivo aggiunto tempestivamente depositato.
Considerato che le argomentazioni dedotte nella prima parte dell’unico motivo di ricorso e nel motivo aggiunto – con cui il ricorrente censura il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e, conseguentemente, l’eccessività del trattamento sanzionatorio – sono manifestamente infondate perché la Corte di cassazione non può censurare le scelte dei giudici di appello sul punto, scelte che sono state congruamente motivate (cfr. pag. 8 della sentenza impugnata), facendo riferimento agli indici di natura personale e fattuale che hanno imposto di non accedere al trattamento di favore. Tale interpretazione è ispirata alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il giudice, quando nega la concessione delle circostanze attenuanti generiche, non deve necessariamente prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma può limitarsi a fare riferimento a quelli ritenuti decisiv comunque rilevanti (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, COGNOME, Rv. 259899; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane e altri, Rv. 248244).
Considerato che le censure mosse nella seconda parte del motivo di ricorso – con cui si sostiene che la recidiva contestata al momento del rinvio a giudizio debba essere revocata in virtù dell’ampio lasso temporale intercorrente tra la commissione dei fatti e il percorso collaborativo intrapreso dal ricorrente negli ultimi anni – sono inammissibili perché non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare siccome non devolute con la dovuta specificità alla sua cognizione, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del giudizio o che no sarebbe stato possibile dedurre in precedenza (cfr. l’art. 606, comma 3, cod. proc. pen. quanto alla violazione di legge; si vedano, con specifico riferimento al vizio di motivazione, Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316; Sez. 2, n. 13826
del 17/02/2017, Bolognese, Rv. 269745; Sez. 2, n. 22362 del 19/04/2013, Di Domenica);
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 27 novembre 2024.