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Ricorso inammissibile: limiti alla prova nel reato di usura

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per usura. La Corte ha ribadito che il suo ruolo non è rivalutare i fatti, ma controllare la legittimità della sentenza. È stato confermato che la testimonianza della persona offesa può essere sufficiente per la condanna, se vagliata con rigore, e che le nuove norme sull’improcedibilità per superamento dei termini non sono retroattive.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione sui Limiti della Prova nel Reato di Usura

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha dichiarato un ricorso inammissibile, consolidando principi fondamentali sulla valutazione della prova nel reato di usura e sui limiti del giudizio di legittimità. La decisione offre spunti cruciali sull’attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa e sull’irretroattività delle norme processuali favorevoli. Analizziamo insieme i dettagli di questo importante caso.

I Fatti del Caso: Dalla Condanna per Usura all’Appello in Cassazione

Il caso ha origine dalla condanna di un’imputata per tre episodi di usura, ritenuti in continuazione tra loro e commessi nel 2012. La sentenza di primo grado, emessa dal Tribunale, è stata parzialmente riformata dalla Corte d’Appello, che ha modificato solo il trattamento sanzionatorio, confermando però la responsabilità penale. Contro questa decisione, la difesa dell’imputata ha proposto ricorso per cassazione, basandolo su due motivi principali.

I Motivi del Ricorso: Tra Norme Processuali e Attendibilità della Prova

La difesa ha sollevato due questioni fondamentali:
1. Applicazione retroattiva di una norma favorevole: Si chiedeva di applicare l’art. 344-bis del codice di procedura penale, che prevede l’improcedibilità per superamento dei termini massimi di durata del processo. Sebbene la norma si applichi ai reati commessi dal 1° gennaio 2020, la difesa sosteneva la sua natura sostanziale e quindi la sua applicabilità retroattiva.
2. Vizio di motivazione e valutazione della prova: Si contestava la valutazione delle prove, in particolare le dichiarazioni delle persone offese, ritenute inattendibili e mendaci. La ricorrente negava di aver pattuito interessi usurari e contestava l’attribuzione di uno dei contratti, mettendo in discussione anche l’esito della perizia grafica.

La Decisione della Corte: un Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambe le argomentazioni, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza, ma stabilisce che i motivi presentati non rispettavano i requisiti richiesti per un giudizio di legittimità.

Le Motivazioni: Ruolo della Cassazione e Valutazione della Prova

La Corte ha fornito motivazioni chiare e dettagliate per la sua decisione.

In primo luogo, ha stabilito che l’art. 344-bis c.p.p. è una norma puramente processuale e non sostanziale. La sua limitazione temporale è una scelta discrezionale del legislatore, non irragionevole, e pertanto non può essere applicata retroattivamente.

In secondo luogo, e con maggiore rilevanza per la pratica, la Corte ha ribadito che il suo compito non è quello di riesaminare i fatti o di offrire una lettura alternativa delle prove. Il ricorso è stato giudicato aspecifico perché si limitava a contrapporre una diversa interpretazione delle risultanze processuali senza individuare vizi logici o giuridici manifesti nella motivazione della Corte d’Appello. I giudici di merito avevano fondato la loro decisione non solo sulle testimonianze delle vittime, ma anche su prove documentali e perizie, valutando l’attendibilità delle dichiarazioni in modo congruo e non illogico.

La Corte ha inoltre ricordato il principio consolidato secondo cui le dichiarazioni della persona offesa possono, da sole, fondare un’affermazione di responsabilità penale. Ciò è possibile a condizione che la loro credibilità sia vagliata in modo particolarmente rigoroso e penetrante, come avvenuto nei gradi di merito.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza riafferma due principi cardine del nostro sistema processuale. Primo, il giudizio di Cassazione è un controllo di legittimità, non un terzo grado di merito. I ricorsi che mirano a una rivalutazione delle prove sono destinati a essere dichiarati inammissibili. Secondo, la testimonianza della vittima di un reato come l’usura ha un peso probatorio significativo, a patto che sia corroborata da una motivazione solida e priva di vizi logici da parte del giudice. Infine, viene confermato il principio di irretroattività delle norme processuali, anche quando potrebbero avere effetti favorevoli per l’imputato.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando non si confronta con tutte le fonti di prova alla base della decisione, propone una mera rilettura dei fatti (che non compete alla Cassazione), o è fondato su motivi non specifici o manifestamente infondati, discostandosi dai parametri di legittimità stabiliti dall’art. 606 cod. proc. pen.

La testimonianza della vittima è sufficiente per una condanna?
Sì, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite, le dichiarazioni della persona offesa possono essere legittimamente poste da sole a fondamento della responsabilità penale dell’imputato. Tuttavia, è necessaria una verifica rigorosa e penetrante della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto.

Le nuove norme sulla improcedibilità per superamento dei termini sono retroattive?
No. La Corte ha stabilito che l’art. 344-bis cod. proc. pen., che limita l’applicazione della causa di improcedibilità ai reati commessi dal 1° gennaio 2020, è una norma tipicamente processuale. La sua limitazione cronologica è frutto di una scelta discrezionale del legislatore e non viola alcun principio costituzionale, pertanto non può essere applicata retroattivamente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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