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Ricorso inammissibile: limiti alla Cassazione sulla pena

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per tentato furto aggravato. Il motivo, basato sulla presunta erronea applicazione dei criteri per la determinazione della pena, è stato ritenuto generico e non deducibile in sede di legittimità, confermando la condanna al pagamento delle spese e di una sanzione.

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Pubblicato il 8 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione non può decidere sulla congruità della pena

Presentare un ricorso alla Corte di Cassazione richiede il rispetto di precisi requisiti formali e sostanziali. Una recente ordinanza ha ribadito un principio fondamentale: la valutazione sulla congruità della pena è, di norma, di competenza dei giudici di merito e non può essere oggetto di un riesame in sede di legittimità, pena un ricorso inammissibile. Questo caso offre uno spunto cruciale per comprendere i limiti del giudizio della Suprema Corte e le conseguenze di un’impugnazione non correttamente formulata.

I Fatti di Causa

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di tentato furto aggravato in concorso. La Corte d’Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva rideterminato la pena inflitta all’imputato in un anno e quattro mesi di reclusione, oltre a una multa di 300 euro.

Contro questa decisione, l’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a un unico motivo: la violazione di legge per illegalità della pena. Nello specifico, si lamentava un’erronea applicazione dei criteri di commisurazione della pena previsti dagli articoli 133 e 133-bis del codice penale.

L’analisi del ricorso inammissibile da parte della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo il motivo proposto non deducibile in quella sede. Il Collegio ha sottolineato che la valutazione sull’adeguatezza della sanzione penale rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Tale valutazione può essere sindacata in sede di legittimità solo se la motivazione fornita dal giudice di merito risulta assente, manifestamente illogica o contraddittoria.

Nel caso di specie, i giudici di legittimità hanno invece riscontrato che la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione completa e priva di vizi logico-giuridici, giustificando adeguatamente sia il riconoscimento della responsabilità penale dell’imputato sia la congruità della pena inflittagli.

La genericità come causa del ricorso inammissibile

Un ulteriore profilo di criticità evidenziato dalla Corte è stata la natura generica e aspecifica del motivo di ricorso. L’impugnazione, secondo i giudici, non puntualizzava in modo chiaro le ragioni di doglianza in fatto e in diritto e, soprattutto, non si confrontava in modo costruttivo con le argomentazioni espresse nella sentenza impugnata. Questo difetto rende il ricorso manifestamente inammissibile ai sensi dell’art. 591, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale.

Le motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si fonda sulla netta distinzione tra il giudizio di merito e il giudizio di legittimità. I primi due gradi di giudizio (Tribunale e Corte d’Appello) sono deputati ad accertare i fatti e a valutare le prove, inclusa la determinazione della pena più adeguata al caso concreto. La Corte di Cassazione, invece, ha il compito di assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge. Non può, quindi, sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito sulla congruità della pena, a meno che la decisione impugnata non presenti vizi di legittimità evidenti nella sua struttura argomentativa.

Le conclusioni

La decisione in esame conferma un orientamento consolidato: contestare la misura della pena in Cassazione è un’operazione complessa che non può limitarsi a una generica critica sulla sua eccessività. È necessario dimostrare che il giudice di merito ha omesso del tutto la motivazione o ha utilizzato un ragionamento palesemente illogico. In assenza di tali vizi, il ricorso verrà dichiarato inammissibile. La conseguenza diretta, come stabilito nel caso di specie, è la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma significativa in favore della Cassa delle ammende, rendendo l’impugnazione un’iniziativa processuale onerosa e controproducente.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché contestava la misura della pena, una valutazione che rientra nella discrezionalità del giudice di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità, salvo vizi logici o giuridici nella motivazione, che in questo caso non sono stati riscontrati. Inoltre, il motivo è stato ritenuto generico e aspecifico.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000,00 euro.

È possibile contestare l’entità di una pena davanti alla Corte di Cassazione?
Sì, ma solo a condizioni molto specifiche. Non è sufficiente sostenere che la pena sia troppo alta. È necessario dimostrare che la motivazione del giudice di merito è inesistente, manifestamente illogica o contraddittoria nell’applicazione dei criteri legali per la determinazione della pena (come quelli dell’art. 133 cod. pen.).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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