Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Non Può Riesaminare i Fatti
L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre un importante chiarimento sui confini del giudizio di legittimità, specialmente nei casi in cui la difesa tenta di ottenere una nuova valutazione delle prove. Il caso riguarda una condanna per guida in stato di ebbrezza, ma il principio affermato è di portata generale: la Suprema Corte non è un ‘terzo grado’ di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. L’esito, un ricorso inammissibile, sottolinea una regola fondamentale del nostro sistema processuale.
Il Caso: Dalla Condanna per Guida in Stato di Ebbrezza al Ricorso
Un automobilista veniva condannato sia in primo grado che in appello per il reato previsto dall’art. 186, comma 2, del Codice della Strada. Ritenendo ingiusta la decisione, proponeva ricorso per Cassazione attraverso il suo difensore, articolando due principali motivi di doglianza.
I Motivi del Ricorso: Un Tentativo di Riesaminare i Fatti
Il ricorso si basava su due argomenti principali, entrambi finalizzati a scardinare la decisione della Corte d’Appello.
La Critica alla Valutazione delle Prove
Il primo motivo, pur presentato come un ‘vizio di legittimità’, mirava in realtà a contestare la ricostruzione dei fatti e l’apprezzamento del materiale probatorio effettuati dai giudici di merito. La difesa, in sostanza, chiedeva alla Cassazione di riesaminare le prove e giungere a una conclusione diversa da quella della Corte d’Appello.
La Richiesta di Applicazione della Particolare Tenuità del Fatto
In secondo luogo, il ricorrente lamentava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale. Secondo la difesa, le circostanze del reato erano tali da giustificare l’esclusione della punibilità.
Le Motivazioni della Suprema Corte: Perché il Ricorso è Inammissibile
La Corte di Cassazione ha respinto entrambi i motivi, dichiarando l’intero ricorso inammissibile. Le motivazioni della decisione sono nette e ribadiscono principi consolidati.
La Corte ha chiarito che il primo motivo era inaccettabile perché invadeva un campo riservato esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Questi ultimi avevano già fornito una motivazione ‘congrua e adeguata’, priva di vizi logici e basata su corretti criteri di inferenza. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici che hanno esaminato direttamente le prove.
Riguardo al secondo motivo, la Suprema Corte ha stabilito che la Corte d’Appello aveva correttamente escluso l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. La decisione era fondata sul ‘rilevato disvalore oggettivo della condotta’, un elemento apprezzato con un ragionamento logico e coerente con le risultanze processuali. Anche in questo caso, la valutazione del giudice di merito è stata considerata insindacabile in sede di legittimità.
Conclusioni: L’Importanza di Distinguere tra Merito e Legittimità
Questa ordinanza è un chiaro monito: il ricorso in Cassazione non è una terza istanza per discutere i fatti. Il suo scopo è garantire l’uniforme interpretazione e la corretta applicazione della legge. Quando un ricorso, come in questo caso, si limita a criticare la valutazione delle prove senza individuare un reale vizio di legittimità, il suo destino è segnato: l’inammissibilità. La conseguenza per il ricorrente non è solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso ammonta a tremila euro.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, pur prospettando vizi di legittimità, in realtà mirava a ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove, compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) e non alla Corte di Cassazione.
La Corte di Cassazione può riesaminare le prove di un caso?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo ruolo è controllare la corretta applicazione delle norme di diritto e la logicità della motivazione, ma non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella espressa nelle sentenze dei gradi precedenti.
Per quale motivo non è stata concessa la non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis c.p. è stata esclusa perché i giudici di merito hanno ritenuto che la condotta dell’imputato avesse un ‘disvalore oggettivo’ tale da non poter essere considerata di particolare tenuità. Questa valutazione, essendo stata motivata in modo logico e coerente, non è stata ritenuta censurabile dalla Corte di Cassazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36601 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36601 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/10/2023 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso proposto a mezzo del difensore da COGNOME NOME, ritenuto responsabile nelle conformi sentenze di merito del reato di cui all’art. 186, comma 2, cod. strada.
Considerato che le deduzioni sviluppate dalla difesa nel primo motivo di ricorso, dietro l’apparente prospettazione del vizio di legittimità, concernendo in realtà la ricostruzione e la valutazione del fatto, nonché l’apprezzamento del materiale probatorio, investono profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza della Corte di appello, che ha fornito, unitamente al primo giudice, una congrua e adeguata motivazione, esente da vizi logici, perché basata su corretti criteri di inferenza, espressi in un ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza e convergente con quello del Tribunale.
Considerato, quanto al secondo motivo di ricorso, che la causa di non punibilità di cui all’art 131-bis cod. pen. è stata validamente esclusa in sentenza alla luce del rilevato disvalore oggettivo della condotta accertata, elemento apprezzato con argomentare immune da incongruenze logiche e coerente con le risultanze istruttorie, tale da portare la decisione adottata in parte qua al ripar da censure prospettabili in sede di legittimità.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10 luglio 2024