Ricorso Inammissibile in Cassazione: Perché non si possono Riesaminare i Fatti
L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre un chiaro esempio dei limiti del giudizio di legittimità, ribadendo un principio fondamentale del nostro sistema processuale: la Suprema Corte non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare le prove. Quando un appello si limita a riproporre le stesse questioni di fatto già decise, il risultato è un ricorso inammissibile, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria. Analizziamo nel dettaglio questa decisione.
I Fatti del Caso
Un imputato, a seguito di una condanna emessa dalla Corte d’Appello, decideva di presentare ricorso per Cassazione. I motivi dell’impugnazione si concentravano su tre punti specifici: sosteneva che non fosse stata provata la destinazione a terzi della sostanza stupefacente, che non gli fosse stata riconosciuta la resistenza passiva e che non fosse stata esclusa la recidiva. In sostanza, il ricorrente contestava la valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La Corte ha osservato che i motivi proposti non sollevavano questioni di diritto o vizi di legittimità della sentenza impugnata. Al contrario, essi erano finalizzati a sollecitare una “rivalutazione e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie”, un’attività preclusa in sede di legittimità.
Di conseguenza, oltre a confermare la sentenza di condanna, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: Un Ricorso Inammissibile per Vizi di Merito
Il cuore della decisione risiede nella netta distinzione tra il giudizio di merito e il giudizio di legittimità. I tribunali e le Corti d’Appello valutano i fatti e le prove (giudizio di merito). La Corte di Cassazione, invece, svolge un “sindacato di legittimità”: il suo compito è verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e non contraddittoria. Non può, quindi, sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici precedenti.
Nel caso specifico, la Suprema Corte ha qualificato i motivi del ricorso come “meramente riproduttivi” di censure già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello con “corretti argomenti giuridici”. L’appello non introduceva nuove questioni di diritto, ma chiedeva semplicemente alla Cassazione di guardare le stesse prove e di giungere a conclusioni diverse. Questa impostazione rende inevitabilmente il ricorso inammissibile.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza è un monito importante: presentare un ricorso in Cassazione non è un’opportunità per ridiscutere l’intero processo. È fondamentale che i motivi del ricorso si concentrino su vizi di legittimità, come l’errata interpretazione di una norma di legge o un difetto palese nella motivazione. Tentare di ottenere un terzo grado di giudizio sui fatti non solo è destinato al fallimento, ma comporta anche conseguenze economiche negative per il ricorrente, come la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, che serve da deterrente contro impugnazioni dilatorie o manifestamente infondate.
Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
La Corte non esamina il merito della questione. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria da versare alla Cassa delle ammende, e la sentenza impugnata diventa definitiva.
Perché la Cassazione non può riesaminare le prove di un caso?
Il suo ruolo è limitato al “sindacato di legittimità”, ovvero al controllo sulla corretta applicazione delle leggi e sulla coerenza logica della motivazione della sentenza precedente. Non è un “terzo grado di giudizio” sui fatti.
Quali tipi di argomenti rendono un ricorso inammissibile secondo questa ordinanza?
I motivi che si limitano a riproporre censure già respinte nel giudizio precedente e che chiedono una nuova e diversa valutazione delle prove (una “rilettura delle fonti probatorie”) sono considerati estranei al giudizio di legittimità e portano alla dichiarazione di inammissibilità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23981 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23981 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 12/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/06/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe;
esaminati gli atti e il provvedimento impugNOME;
rilevato che il ricorso è inammissibile perché i motivi proposti – con cui il ricorrente ha dedotto che non era stata provata la destinazione a terzi della droga, non era stata riconosciuta la resistenza passiva e non era stata esclusa la recidiva – sono tesi a sollecitare una rivalutazione e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie, estranee al sindacato di legittimità, e sono meramente riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal Giudice di merito alle pagine 3 e 4 della sentenza impugnata;
ritenuto che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila da versare in favore della Cassa delle ammende, non sussistendo ragioni di esonero (Corte cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 12/4/2024