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Ricorso inammissibile: limiti al riesame della pena

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per spaccio e detenzione di stupefacenti. La Corte ha stabilito che non è possibile contestare per la prima volta in Cassazione il diniego delle attenuanti generiche, né si può chiedere un riesame nel merito della congruità della pena se questa è stata adeguatamente motivata dai giudici di appello. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Non Può Riesaminare la Pena

Presentare un ricorso in Cassazione richiede il rispetto di precisi limiti formali e sostanziali. Un’ordinanza recente della Suprema Corte chiarisce ancora una volta le conseguenze di un ricorso inammissibile, soprattutto quando si tenta di ottenere una revisione del merito della pena inflitta. Analizziamo una decisione che riguarda un caso di detenzione e spaccio di stupefacenti, evidenziando i principi procedurali che ogni avvocato e cittadino dovrebbe conoscere.

I Fatti del Caso

Il ricorrente si era rivolto alla Corte di Cassazione per contestare una sentenza della Corte d’Appello di Milano. La condanna riguardava due episodi di cessione di cocaina e la detenzione, presso la propria abitazione, di ulteriori 17,92 grammi della stessa sostanza, da cui si sarebbero potute ricavare circa 75 dosi. I motivi del ricorso si concentravano su due aspetti principali: il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e l’eccessiva severità del trattamento sanzionatorio.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18749/2024, ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle richieste del ricorrente, ma si ferma a una valutazione preliminare sulla correttezza formale e sostanziale dell’impugnazione. Vediamo nel dettaglio le ragioni di questa scelta.

Le Motivazioni: Perché il ricorso è inammissibile?

La Corte ha basato la sua decisione su tre pilastri argomentativi interconnessi, che definiscono chiaramente i confini del giudizio di legittimità.

1. Il Principio di Preclusione: Motivi Non Proposti in Appello

Il primo motivo di inammissibilità riguarda la richiesta di concessione delle attenuanti generiche. La Corte ha rilevato che questa specifica doglianza non era stata presentata come motivo di appello nel grado di giudizio precedente. In ambito processuale, vige il principio secondo cui non si possono introdurre per la prima volta in Cassazione questioni che dovevano e potevano essere sollevate davanti alla Corte d’Appello. Tale omissione crea una preclusione, rendendo la censura tardiva e, quindi, inammissibile.

2. I Limiti del Giudizio di Cassazione sul Trattamento Sanzionatorio

Il secondo punto, centrale nella decisione, riguarda la critica alla congruità della pena. La Corte di Cassazione non è un “terzo giudice” del fatto, ma un giudice di “legittimità”. Il suo compito non è rivalutare se la pena sia giusta o equa nel merito, ma solo verificare che la motivazione con cui i giudici precedenti l’hanno determinata sia logica, coerente e non viziata da errori di diritto. Nel caso di specie, il ricorso cercava di ottenere una nuova valutazione di merito, censurando l’adeguatezza della pena: un’operazione non consentita in sede di legittimità.

3. L’Adeguatezza della Motivazione della Pena

Infine, la Corte ha sottolineato che, in ogni caso, la motivazione della Corte d’Appello era pienamente adeguata. La pena inflitta era addirittura inferiore alla media prevista dalla legge per quel reato. I giudici di merito avevano correttamente giustificato la loro decisione tenendo conto di elementi concreti: le modalità della condotta (due cessioni e una detenzione significativa), la quantità di sostanza stupefacente (quasi 18 grammi) e il numero di dosi ricavabili (circa 75). Questa motivazione, basata su fatti specifici, è stata ritenuta idonea e non censurabile in Cassazione.

Le Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

La declaratoria di ricorso inammissibile comporta conseguenze economiche dirette per il ricorrente. Come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale, egli è stato condannato non solo al pagamento delle spese del procedimento, ma anche a versare una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende. Questa pronuncia ribadisce un insegnamento fondamentale: l’appello alla Corte di Cassazione deve essere fondato su vizi di legittimità (violazioni di legge o difetti gravi di motivazione) e non può essere utilizzato come un terzo tentativo per ridiscutere la valutazione dei fatti o la discrezionalità del giudice nella commisurazione della pena, se esercitata in modo logico e motivato.

È possibile contestare per la prima volta in Cassazione la mancata concessione delle attenuanti generiche?
No, secondo questa ordinanza, se il diniego delle attenuanti generiche non è stato uno specifico motivo di appello nel grado precedente, la questione è preclusa e non può essere sollevata per la prima volta davanti alla Corte di Cassazione.

La Corte di Cassazione può ridurre una pena se la si ritiene troppo alta?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare nel merito l’adeguatezza della pena. Il suo compito è verificare che la motivazione dei giudici precedenti sia logica e priva di errori di diritto. Non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito sulla congruità della sanzione.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La declaratoria di inammissibilità, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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