Ricorso Inammissibile: la Cassazione fissa i paletti per l’impugnazione del concordato in appello
L’istituto del ‘concordato in appello’, o patteggiamento in secondo grado, rappresenta uno strumento per definire il processo in modo più rapido. Tuttavia, quali sono i limiti per impugnare la sentenza che ne deriva? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce quando un ricorso è destinato a essere dichiarato ricorso inammissibile, ribadendo che l’accordo tra le parti implica una rinuncia a contestare il merito della vicenda.
Il caso: dal concordato al ricorso per cassazione
La vicenda trae origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello per un reato previsto dalla legge sugli stupefacenti (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990). La sentenza era stata pronunciata ai sensi dell’art. 599 bis del codice di procedura penale, ovvero a seguito di un accordo tra l’imputato e la Procura Generale sulla rideterminazione della pena.
Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato ha deciso di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, sollevando un unico motivo: la violazione di legge e il vizio di motivazione riguardo alla qualificazione giuridica dei fatti. In sostanza, pur avendo concordato la pena, contestava la correttezza della classificazione del reato.
I limiti del ricorso contro il concordato e il conseguente ricorso inammissibile
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile sulla base di un principio consolidato. Quando si impugna una sentenza emessa a seguito di concordato in appello, i motivi di ricorso sono estremamente limitati. La giurisprudenza ammette il ricorso in Cassazione solo per contestare:
1. Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere al concordato.
2. Difetti nel consenso del Procuratore Generale.
3. Un contenuto della sentenza difforme rispetto all’accordo raggiunto tra le parti.
Sono invece inammissibili le doglianze relative a ‘motivi rinunciati’. Accettando il concordato, l’imputato rinuncia implicitamente a tutte le questioni che riguardano il merito della causa, come la valutazione delle prove o, come in questo caso, la qualificazione giuridica del fatto. Non è possibile, quindi, accettare un accordo sulla pena e poi contestarne i presupposti di fatto e di diritto.
Quando è possibile contestare la pena
La Corte specifica che uno spazio di ammissibilità può esistere per vizi che riguardano la determinazione della pena, ma solo se questi si traducono in una ‘illegalità della sanzione’. Ciò significa che si può contestare un errore di calcolo che viola la legge (es. una pena inferiore al minimo edittale) ma non la valutazione discrezionale del giudice che ha portato a quella specifica quantificazione, poiché anche questo aspetto è coperto dall’accordo.
Le motivazioni della decisione
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13685/2024, ha stabilito che il ricorso era proposto per motivi non consentiti dalla legge. Le critiche sulla qualificazione dei fatti rientrano tra le questioni di merito a cui il ricorrente aveva rinunciato aderendo al concordato in appello. La volontà di patteggiare la pena in secondo grado implica l’accettazione del quadro accusatorio e della sua qualificazione giuridica. Di conseguenza, non essendo stati dedotti vizi procedurali relativi alla formazione dell’accordo né una manifesta illegalità della pena, il ricorso non poteva che essere dichiarato inammissibile. In applicazione dell’art. 616 c.p.p., la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Le conclusioni
Questa pronuncia rafforza la natura dell’istituto del concordato in appello come strumento deflattivo basato sull’accordo delle parti. Chi sceglie questa strada processuale deve essere consapevole che sta compiendo una scelta che preclude, in larga misura, la possibilità di future contestazioni. Il ricorso in Cassazione rimane un’opzione percorribile solo per vizi gravi e specifici che minano la validità dell’accordo stesso, ma non per rimettere in discussione il merito della decisione. La decisione sottolinea l’importanza di una valutazione attenta e consapevole prima di aderire a un concordato, poiché le porte per un’ulteriore impugnazione si chiudono quasi completamente.
È possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza decisa con ‘concordato in appello’?
Sì, ma solo per motivi molto specifici. Il ricorso è ammissibile unicamente se si contestano vizi nella formazione della volontà di accordarsi, nel consenso del Procuratore Generale, oppure se la sentenza del giudice è diversa da quanto pattuito.
Si può contestare la qualificazione giuridica dei fatti dopo aver accettato un concordato in appello?
No. Secondo la Corte, accettando il concordato la parte rinuncia a contestare i motivi di merito, come la qualificazione giuridica dei fatti. Tali doglianze, se proposte, rendono il ricorso inammissibile.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso di questo tipo?
Quando il ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, stabilita equitativamente dal giudice, in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13685 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13685 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 26/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ACERRA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/02/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
diEilICIE~1=1);
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata con la quale Corte di appello di Napoli lo ha condanNOME, ai sensi dell’art. 599 bis cod. proc.pen. per il di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990. Il ricorrente deduce, con unico motivo di rico violazione di legge e vizio della motivazione in ordine alla qualificazione dei fatti.
Considerato che il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi non consentiti Quanto ai vizi denunciabili, infatti, è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sen emessa ex art. 599 bis cod. proc. pen., purchè il ricorrente deduca motivi relativi alla formaz della volontà della parte di accedere al concordato in appello, al consenso del Procurato generale sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre so inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati o alla mancata valutazione delle condi di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 30990 del 01/06/2018, Rv. 272969) Pertanto, le uniche doglianze proponibili siano quelle relative ad eventuali vizi della sent rispetto alla formazione della volontà delle parti di accedere al concordato in appell all’eventuale contenuto difforme della pronuncia del giudice di appello, mentre alcuno spazio pu essere ammesso per quei vizi che attengano alla determinazione della pena e che non si siano trasfusi in una illegalità della sanzione inflitta (Sez. 2 n. 22002 del 10/04/2019, Marinell 276102 – 01).
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia prop il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen. l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processua ed al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 26 gennaio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente