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Ricorso inammissibile: l’errore di calcolo della pena

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile poiché basato su un presupposto di fatto errato. L’appellante lamentava una presunta disparità nel calcolo della riduzione della pena detentiva e pecuniaria, ma la Corte ha verificato che la riduzione di un terzo era stata applicata uniformemente a entrambe, come correttamente indicato nella sentenza impugnata. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 17 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: l’errore di calcolo della pena

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: un’impugnazione deve basarsi su presupposti fattuali e giuridici corretti. In caso contrario, la conseguenza è la dichiarazione di ricorso inammissibile, con la conseguente condanna al pagamento delle spese. Analizziamo questa decisione per comprendere l’importanza della precisione nella formulazione dei motivi di ricorso.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte di Appello di Catania. Quest’ultima, in seguito a un precedente annullamento con rinvio da parte della stessa Corte di Cassazione, aveva rideterminato la pena inflitta a un’imputata in un anno e dieci giorni di reclusione e 2.554,00 euro di multa.

La difesa della ricorrente ha impugnato questa nuova decisione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse commesso un errore nel calcolo della pena pecuniaria relativa a uno specifico capo d’imputazione. Secondo la tesi difensiva, i giudici di secondo grado avrebbero applicato una riduzione diversa per la pena detentiva (ridotta della metà) e per quella pecuniaria (ridotta solo di un terzo), creando così una disparità di trattamento ingiustificata.

La questione sottoposta alla Corte

Il nucleo del ricorso si concentrava su questa presunta incongruenza nel calcolo della riduzione della pena. La difesa sosteneva che, a fronte di una pena base di sei mesi di reclusione e 180,00 euro di multa, la Corte territoriale avesse ridotto la reclusione a tre mesi ma la multa a 80,00 euro invece che a 60,00 euro, applicando riduzioni non omogenee.

La Decisione della Corte: Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha esaminato i motivi del ricorso e li ha ritenuti manifestamente infondati, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si basa su una semplice, ma decisiva, verifica del contenuto della sentenza impugnata. Contrariamente a quanto affermato dalla difesa, non vi era alcuna discrepanza nel calcolo della pena.

La Corte di Cassazione ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione prevista proprio per i casi di ricorsi inammissibili che impegnano inutilmente il sistema giudiziario.

Le Motivazioni

Il ragionamento della Corte è stato lineare e si è fondato sulla lettura diretta della sentenza di appello. I giudici di legittimità hanno evidenziato come la difesa avesse proposto una doglianza basata su un presupposto fattuale “non corrispondente al vero”.

La sentenza impugnata, infatti, a pagina 4, specificava chiaramente che la pena base per il reato in questione, quantificata in sei mesi di reclusione e 180,00 euro di multa, doveva essere “ridotta di un terzo per il tentativo ex art. 56 c.p. a mesi 4 e € 120 […]”.

Di conseguenza, la Corte d’Appello aveva applicato la medesima riduzione di un terzo sia alla pena detentiva (da 6 a 4 mesi) sia a quella pecuniaria (da 180 a 120 euro). L’argomentazione della difesa, che parlava di una riduzione della metà per la pena detentiva, era quindi palesemente errata e basata su una lettura distorta del provvedimento.

Le Conclusioni

Questa ordinanza sottolinea un principio cruciale per chiunque intenda presentare un ricorso in Cassazione: la meticolosità e la correttezza fattuale dei motivi di impugnazione sono requisiti imprescindibili. Proporre un ricorso basato su un’errata interpretazione o rappresentazione della decisione impugnata non solo non ha alcuna possibilità di successo, ma espone il ricorrente a conseguenze economiche significative.

La dichiarazione di inammissibilità serve a scoraggiare impugnazioni dilatorie o fondate su argomenti pretestuosi, garantendo che le risorse della Suprema Corte siano dedicate all’esame di questioni giuridiche rilevanti e correttamente prospettate.

Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si basava su un presupposto di fatto errato. La difesa sosteneva una disparità nella riduzione della pena detentiva e pecuniaria che, alla verifica della sentenza impugnata, è risultata inesistente.

Qual era l’errore che la difesa attribuiva alla Corte d’Appello?
La difesa affermava che la Corte d’Appello avesse applicato riduzioni di pena diverse per la reclusione e per la multa, mentre la Corte di Cassazione ha accertato che a entrambe le pene era stata applicata la stessa riduzione di un terzo.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile in questo caso?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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