Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 36554 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 36554 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI CATANZARO
nel procedimento a carico di:
NOME nato a CASABONA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 30/01/2025 del TRIBUNALE di CATANZARO
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Udite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale della Corte di cassazione, NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso e per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
Udite le conclusioni del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, nell’interesse dell’indagato non ricorrente, che ha concluso per il rigetto o per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 30 gennaio 2025 depositata in data 12 maggio 2025, il Tribunale di Catanzaro, sezione del riesame, ha annullato l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del medesimo tribunale del 7 gennaio 2025 applicativa
della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di NOME COGNOME in relazione alle contestazioni provvisorie di cui al capo 1 (art. 416 cod. pen.), e ai capi 31, 32, 33, 34, 35 (artt. 476, comma secondo, 479 cod. pen.) per carenza di esigenze cautelari e, in relazione al capo 38 (art. 319 cod. pen.), per carenza di gravità indiziaria.
Le condotte hanno riguardo:
-alla partecipazione ad un’associazione a delinquere finalizzata alla commissione di una serie di delitti in materia di corruzione, truffa e falso con il ruolo di partecipe nella qualità di Veterinario dell’RAGIONE_SOCIALE Catanzaro addetto alle ispezioni nello stabulario dell’U.M.G. (capo 1);
-alla alterazione, in concorso con altri e nella qualità ispettiva, dell’esito dei controlli eseguiti presso gli stabulari dell’U.M.G.;
-alla condotta corruttiva in concorso con altri, nelle rispettive qualità, volta a commettere atti contrari al proprio ufficio ricevendo in cambio l’inserimento in qualità di coautore in 21 scritti scientifici e vari incarichi di docenza.
Con l’unico motivo, articolato in due censure, il ricorrente ha dedotto violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato risultante dal confronto dello stesso con le risultanze processuali.
2.1. Con la prima censura ha dedotto violazione di legge penale e processuale con riferimento all’art. 319 cod. pen. e all’art. 192 cod. proc. pen.
Il Tribunale del riesame ha escluso la sussistenza della gravità indiziaria con riferimento al capo 38) per difetto del sinallagma tra gli atti contrari ai doveri di ufficio e l’utilità ricevuta.
La motivazione sul punto risulta apodittica e apparente senza confutare la argomentazione dell’ordinanza genetica che ha chiarito che la scelta di COGNOME è stata motivata solo da ragioni opportunistiche di COGNOME.
La ordinanza, inoltre, non è aderente alla interpretazione data da questa Corte in punto di prova indiziaria che richiede indizi gravi, precisi e concordanti e necessariamente una valutazione globale degli stessi e non parcellizzata.
Nel caso di specie vanno complessivamente considerate l’identità di contesto illecito, la consapevolezza e volontà di adesione al programma dell’associazione criminale, la coincidenza temporale delle condotte, l’assenza di un curriculum scientifico valido, la sussistenza di un conflitto di interessi tra COGNOME e COGNOME membri di tutte le commissioni rispetto all’indagato, la sussistenza di un conflitto di interessi tra l’indagato e l’Università in ragione della sua qualità di ispettore.
2.2. Con la seconda delle due censure è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione in punto di esigenze cautelari.
Il Tribunale del riesame ha escluso la sussistenza del pericolo di inquinamento probatorio in virtù della pretesa ambiguità della conversazione n. 689 del 26 aprile 2023 senza considerare i molteplici tentativi di inquinamento probatorio posti in essere dai partecipi.
La motivazione si presenta contraddittoria, perché non considera che l’indagato, in quanto partecipe, potrebbe perpetrare l’inquinamento probatorio nei confronti dei soggetti che dovranno essere escussi sino all’udienza dibattimentale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
La prima delle due censure contenuta nell’unico motivo di ricorso è manifestamente infondata.
1.1. Le doglianze contenute nel ricorso – relative alla dedotta carenza motivazionale del rapporto di corrispettività tra l’atto contrario ai doveri di ufficio e l’utilità ricevuta -si risolvono in censure di merito volte a sollecitare il giudice di legittimità ad una rivalutazione o ad una interpretazione di frammenti probatori.
Esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una «rilettura» degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944).
L’ordinanza impugnata ha fornito motivazione in fatto immune da vizi logici (p.9 e ss.) avuto riguardo agli elementi costitutivi della fattispecie.
1.2. Quanto al rapporto di sinallagma, l’ordinanza impugnata anche in tal caso ha logicamente e adeguatamente motivato in ordine all’assenza nel materiale probatorio di elementi da cui risulti concretamente il prescritto collegamento tra le prestazioni.
Il Tribunale ha in primo luogo richiamato la giurisprudenza di questa Corte secondo cui ai fini dell’accertamento del reato di corruzione, nell’ipotesi in cui risulti provata la dazione di denaro o di altra utilità in favore del pubblico ufficiale, è necessario dimostrare che il compimento dell’atto sia stato la causa della prestazione dell’utilità e della sua accettazione da parte del pubblico ufficiale, non essendo sufficiente a tal fine la mera circostanza dell’avvenuta dazione (Sez.6, n.2749 del 3/10/2023, dep.2024, non mass. che richiama in motivazione Sez. 6, n. 39008 del 06/05/2016, Biagi, Rv. 268088; Sez. 6, n. 5017 del 07/11/2011,
dep.2012, Bisignani, Rv. 251867, nonché Sez. 6, n. 24439 del 25/03/2010, COGNOME, Rv. 247382).
Ha quindi specificato che il rapporto di corrispondenza tra le prestazioni di NOME e quella della controparte universitaria non è individuabile soprattutto sulla scorta della inesistenza di contatti, incontri, rapporti, accordi, ringraziamenti reciproci tra corrotti e corruttori, anche tramite terzi intermediari.
Ha altresì precisato che manca anche la prova indiziaria della dazione della utilità con particolare riferimento all’attribuzione degli incarichi di docenza, difettando la prova che gli stessi siano stati concessi alterando le procedure concorsuali per favorire l’indagato COGNOME.
2. La seconda censura risulta priva di specificità.
Nell’ordinanza impugnata sono stati ritenuti sussistenti i gravi indizi di colpevolezza in relazione a tutti i capi di imputazione ad eccezione del capo 38.
Inoltre, il Tribunale del riesame, in punto di esigenze cautelari, ha escluso il pericolo di reiterazione di reato in ragione dell’avvenuto pensionamento dell’indagato.
Quanto al pericolo di inquinamento probatorio, il Tribunale ha fornito due distinte ed autonome rationes decidendi, con la conseguenza che è sufficiente una sola di esse a sostenere la decisione.
Più precisamente (pagg. 11 e 12 dell’ordinanza), ha in primo luogo affermato che, escludendo il pericolo di reiterazione e permanendo il solo pericolo di inquinamento probatorio, la ordinanza cautelare, quanto alla posizione del COGNOME, sarebbe affetta da nullità per difetto dell’interrogatorio preventivo.
Il Tribunale ha poi affermato che «in ogni caso» – ossia anche senza considerare detta nullità – il pericolo di inquinamento probatorio non si ricava dalla conversazione intercettata.
Non avendo il Procuratore della Repubblica impugnato l’ordinanza laddove nega il pericolo di reiterazione, l’unica esigenza cautelare che residuerebbe sarebbe il pericolo di inquinamento probatorio.
Tuttavia, il motivo non censura l’ordinanza del Tribunale del riesame nella parte in cui si afferma la nullità dell’ordinanza coercitiva per difetto dell’interrogatorio preventivo.
Ne consegue che difetta l’interesse ad impugnare l’ordinanza del Tribunale del riesame nella parte in cui si afferma che in ogni caso non sussiste il pericolo di inquinamento probatorio, atteso che anche laddove il pericolo sussistesse, rimarrebbe ferma, in difetto di impugnazione sul punto, l’affermazione di nullità per omissione dell’interrogatorio preventivo.
Sul punto questa Corte ha chiarito che è inammissibile, per difetto di specificità, il ricorso per cassazione che si limiti alla critica di una sola delle diverse rationes decidendi poste a fondamento della decisione, ove queste siano autonome ed autosufficienti (Sez. 3, n. 2754 del 06/12/2017, dep.2018, Bimonte, Rv. 272448).
Poiché la ordinanza risulterebbe nulla anche laddove sussistesse l’unica esigenza cautelare alla quale si riferisce il PM nella sua impugnazione, ossia quella di prevenire l’inquinamento probatorio, neppure sussiste un interesse del Pubblico ministero all’accoglimento del primo motivo di ricorso, relativo ai gravi indizi per il reato di cui al capo 38.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso il 26/09/2025 Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME