Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Conferma la Condanna per Incendio sulla Base di Indizi
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha dichiarato il ricorso inammissibile di un imputato, confermando così la sua condanna per il reato di incendio. Questa decisione offre un’importante lezione sui limiti del giudizio di legittimità e sulla valenza di un quadro probatorio composto da plurimi indizi gravi, precisi e concordanti. Analizziamo insieme i dettagli di questa vicenda processuale per comprendere le ragioni che hanno portato a tale esito.
I Fatti del Processo
La vicenda trae origine da un incendio doloso appiccato in un immobile. L’imputato, condannato nei primi due gradi di giudizio, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. A suo dire, la responsabilità penale era stata accertata unicamente sulla base delle dichiarazioni della persona offesa, la proprietaria dell’abitazione.
Tuttavia, la ricostruzione emersa nel corso del processo era ben più complessa e articolata. La Corte d’Appello aveva infatti evidenziato una serie di elementi che, letti congiuntamente, formavano un quadro accusatorio solido:
* Testimonianze: Una condomina aveva visto l’imputato aggirarsi nei pressi dell’immobile la sera prima dell’incendio e aveva sentito la tapparella del suo appartamento aprirsi la mattina successiva, in un orario compatibile con il fatto.
* Ulteriori Avvistamenti: Un altro testimone aveva notato, la mattina del rogo, uno scooter simile a quello dell’imputato e una persona che corrispondeva alla sua descrizione.
* Assenza di Effrazione: Non erano stati riscontrati segni di scasso sugli infissi. Anzi, la porta d’ingresso risultava chiusa dall’esterno con un lucchetto apposto proprio dall’imputato.
* Il Movente: Era emerso un chiaro movente. La proprietaria di casa aveva infatti avviato un’azione di sfratto nei confronti dell’imputato, un fatto che poteva spiegare il gesto ritorsivo.
La Decisione della Corte: il Ricorso Inammissibile
Di fronte a questo scenario, la Corte di Cassazione ha rigettato le censure della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno chiarito che le doglianze sollevate non riguardavano reali violazioni di legge, ma miravano a una rilettura alternativa delle fonti di prova. L’imputato, in sostanza, non contestava l’errata applicazione di una norma, ma proponeva una propria versione dei fatti, diversa da quella, logicamente argomentata, dei giudici di merito.
Questo tipo di operazione è preclusa in sede di legittimità. Il ruolo della Cassazione non è quello di un terzo grado di giudizio dove si può riesaminare il fatto, ma quello di verificare la corretta applicazione del diritto e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata.
Le Motivazioni: La Solidità del Quadro Indiziario
La motivazione della Corte si fonda sulla constatazione che la sentenza d’appello non si basava affatto sulle sole dichiarazioni della persona offesa. Al contrario, essa poggiava su un mosaico di indizi che, nel loro insieme, convergevano in modo univoco verso la colpevolezza dell’imputato. Ogni tassello – dalla testimonianza della vicina all’avvistamento dello scooter, dall’assenza di scasso fino al movente dello sfratto – rafforzava gli altri, creando una costruzione logica e coerente che escludeva spiegazioni alternative plausibili.
La Corte ha quindi ritenuto che la decisione impugnata fosse immune da vizi, poiché aveva valutato correttamente tutti gli elementi a disposizione, fornendo una spiegazione logica e giuridicamente corretta del perché l’incendio non potesse che essere stato appiccato dal ricorrente.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: non è possibile utilizzare il ricorso per Cassazione come un appello mascherato per tentare di ottenere una nuova valutazione delle prove. Se la motivazione della sentenza di merito è logica, coerente e basata su un’analisi completa delle risultanze processuali, essa non è censurabile in sede di legittimità. Per l’imputato, il tentativo di superare questo limite si è tradotto non solo nella conferma della condanna, ma anche nell’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Perché non contestava errori di diritto, ma proponeva una rilettura delle prove e una ricostruzione dei fatti alternativa a quella dei giudici di merito. Questo tipo di valutazione è preclusa alla Corte di Cassazione, che giudica solo la legittimità della decisione.
La condanna si basava solo sulla parola della vittima?
No. La Corte ha specificato che la condanna era supportata da molteplici elementi indiziari, tra cui le testimonianze di due persone, l’assenza di segni di scasso sull’immobile e l’esistenza di un movente chiaro, legato a una procedura di sfratto.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
Oltre alla conferma della condanna, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver presentato un ricorso inammissibile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 43500 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 43500 Anno 2024
Presidente: FIORDALISI DOMENICO
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME FIORAVANTE nato a LECCE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/11/2023 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Rilevato in fatto e considerato in diritto
Rilevato che le censure dedotte nel ricorso di NOME COGNOME – nel quale il difensore si duole della violazione di legge e del vizio di motivazione in ordine all’accertamento della responsabilità penale dell’imputato sulla base delle sole dichiarazioni della persona offesa – non sono consentite in sede di legittimità, perché volte a prefigurare una lettura alternativa delle fonti probatorie.
Nella pronuncia impugnata si evidenzia che: – il ricorrente era stato visto dalla condomina NOME COGNOME nella serata del 24.12.2015 mentre si aggirava nell’immobile; – nella mattina successiva, in orario compatibile con l’appiccamento del fuoco, la COGNOME udiva la tapparella della camera da letto dell’appartamento di COGNOME che si apriva; – anche il teste NOME COGNOME notava la mattina del 25 dicembre uno scooter di color grigio simile a quello abitualmente utilizzato da COGNOME e una persona che gli era sembrata appunto l’imputato; – non vi erano segni di effrazione sugli infissi dell’abitazione e la porta di ingresso principale era chiusa dall’esterno mediante un lucchetto apposto dallo stesso COGNOME; – a carico dell’imputato non vi sono solo le dichiarazioni della persona offesa, bensì anche gli ulteriori elementi suddetti che evidenziano come l’incendio non potesse che essere stato appiccato dal ricorrente; – l’azione di sfratto posta in essere nei confronti d COGNOME dalla proprietaria di casa può spiegare il movente che ha spinto l’imputato ad appiccare l’incendio all’immobile.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2024.