Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 20086 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 20086 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/01/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: RAGIONE_SOCIALE nato il DATA_NASCITA NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/12/2022 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del AVV_NOTAIO Procuratore NOME COGNOME, la quale ha chiesto pronunciarsi l’inammissibilità dei ricorsi.
Ritenuto in fatto
Con sentenza del 6 dicembre 2022, la Corte d’appello di Milano ha confermato la condanna nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME per concorso nel reato di partecipazione ad associazione a delinquere ex art. 416, commi secondo e quinto, cod. pen.
Nell’interesse degli imputati è stato proposto ricorso per cassazione, con due distinti atti a firma dell’AVV_NOTAIO, affidati ai motivi di seguito enunciati nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
3. Ricorso di NOME COGNOME
3.1. Con il primo motivo, si deduce violazione di legge, con riferimento agli artt. 179, 510, comma 2 e 2 bis, 511, comma 3, del codice di rito; la difesa eccepisce la nullità della sentenza per avere la Corte utilizzato le trascrizioni delle conversazioni operate dal perito, malgrado l’assenza di verbalizzazione delle dichiarazioni del perito. Diversamente da quanto ritenuto dalla Corte territoriale, la difesa sostiene di essersi tempestivamente attivata, chiedendo, in occasione dell’udienza del 10 gennaio 2019, l’acquisizione al fascicolo delle trascrizioni relative all’attività dibattimentale compiuta all’udienza del 26 settembre 2018.
3.2 Col secondo motivo, si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 416, secondo e quinto comma, cod. pen., per non avere la Corte territoriale dimostrato la correlazione della condotta attribuita al ricorrente col delitto associativo e per essersi limitata a indicare il contenuto di poche conversazioni telefoniche, ad accomunare immotivatamente la condotta dell’imputato a quella degli altri soggetti maschili coinvolti. In nessun passaggio della motivazione dell’impugnata sentenza, la Corte ha indicato la consapevolezza, in capo al ricorrente, di essere parte di un programma delittuoso proprio di un’associazione a delinquere composta da un numero maggiore di dieci persone, con le quali, peraltro, egli non ha mai avuto rapporti.
3.3 Col terzo motivo, si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, per non avere la Corte esposto un giudizio individualizzato con riferimento al solo imputato, peraltro incensurato, immotivatamente equiparando lo stesso agli altri coimputati, gravati, invece, di precedenti penali.
3.4. Col quarto motivo, si eccepisce vizio di motivazione e violazione di legge, in relazione alla dosimetria della pena, innmotivamente prossima alla metà della pena massima.
4. Ricorso di COGNOME COGNOME
4.1 Col primo motivo, si duole di violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 416, secondo e quinto comma, cod. pen., per non avere la Corte territoriale dimostrato la correlazione della condotta attribuita alla ricorrente col delitto associativo e per essersi limitata a indicare il contenuto di poche conversazioni telefoniche, senza anche illustrare più specificamente le fonti del proprio convincimento.
4.2 Col secondo motivo, si lamenta violazione di legge e carenza assoluta di motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e alla determinazione della pena. L’entità della pena inflitta, prossima al massimo edittale, avrebbe dovuto portare i Giudici del merito a giustificare con rigore particolare, alla luce dei criteri fissati negli artt. 132 e 133 cod. pen.
Sono state trasmesse, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28/10/2020, n. 137, conv. con I. 18/12/2020, n. 176, le conclusioni scritte del AVV_NOTAIO Procuratore generale, AVV_NOTAIO, la quale ha chiesto pronunciarsi l’inammissibilità di entrambi i ricorsi. L’AVV_NOTAIO ha depositato conclusioni in replica alla requisitoria scritta del AVV_NOTAIO Procuratore generale, rilevando peraltro l’intervenuta prescrizione del reato associativo ascritto. Osserva la difesa a tale proposito che la contestazione fa riferimento alla data dell’ottobre 2014 “con condotta tuttora perdurante”, espressione mutuata dall’ordinanza cautelare emessa dal G.i.p. di Milano del 15 dicembre 2015, la cui copia è allegata al ricorso. Al fine della determinazione della data di commessione del reato, trattandosi di reato permanente, risulta necessario stabile quando si sia dissolto il vincolo associativo. Sarebbe infatti illogico supporre che ancora oggi possa dirsi esistente il detto vincolo. Come si desume dalle sentenze di merito, tale data è riferibile ai mesi tra l’ottobre 2014 e il maggio 2015, non evidenziandosi, da parte dei Giudici di merito, date ulteriori e diverse. Ne deriva che il termine di prescrizione è spirato nel mese di novembre 2022 o, al più tardi, nel corso dell’anno 2023.
Considerato in diritto
Il primo motivo del ricorso proposto nell’interesse del RAGIONE_SOCIALE è manifestamente infondato.
Poiché viene in rilievo una questione eminentemente giuridica, essa va risolta da questa Corte attraverso l’interpretazione delle norme processuali, indipendentemente da ogni altra valutazione.
Ciò posto, si osserva che, secondo la condivisa giurisprudenza di questa Corte, in tema di documentazione degli atti, le carenze od omissioni nella trascrizione o sottoscrizione dei verbali stenotipici delle udienze dibattimentali non danno luogo ad alcuna nullità, atteso che l’art. 142 cod. proc. pen. prevede come causa di nullità della documentazione delle attività processuali soltanto la mancata sottoscrizione del verbale riassuntivo d’udienza da parte dell’ausiliario del giudice che lo ha redatto, mentre la trascrizione stenotipica delle udienze o il testo delle relative registrazioni costituiscono documenti che devono essere uniti agli atti del processo insieme ai nastri e, come tali, è sempre possibile procedere a una loro rilettura o trascrizione (Sez. 1, n. 857 del 15/05/2019, dep. 2020, Gentile, Rv. 278084 – 01).
Nel caso di specie, peraltro, la Corte territoriale ha condivisibilmente valorizzato il fatto che non erano state indicate contestazioni a quanto dichiarato dal perito o censure alla sua attività di traduzione: e, ciò, senza dire che non era stata formulata alcuna richiesta di ascolto delle bobine ancora conservate e utilizzate per la traduzione.
In altri termini, la manifesta infondatezza della questione giuridica si accompagna all’assenza di qualunque pregiudizio alle ragioni difensive.
Il secondo motivo del medesimo ricorso è di assoluta genericità, in quanto, attraverso una stringata esposizione di proposizioni di carattere non precipuo, omette di confrontarsi con i puntuali rilievi svolti dai giudici di merito (di primo e di secondo grado, secondo la prospettiva di integrazione recepita dalla giurisprudenza di questa Corte: v., ad es., Sez. 5, n. 14022 del 12/01/2016, Genitore, Rv. 266617) a proposito della emersione dalle conversazioni intercettate di un sodalizio ampio, finalizzato alla commissione di una serie indefinita di furti all’interno della stazione centrale di Milano, con una ripartizione di ruoli e collaudate modalità operative.
Il terzo e il quarto motivo dello stesso ricorso sono inammissibili in quanto: a) la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è giustificata, nella sentenza impugnata, con motivazione esente da manifesta illogicità (lo svolgimento di attività professionale posta in essere con professionalità), che si sottrae, pertanto, al sindacato di questa Corte (Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, Rv. 242419), anche considerato il principio, espressione della consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli facci
riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, COGNOME, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane, Rv. 248244); b) la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 04/02/2014, Ferrario, Rv. 259142), ciò che – nel caso di specie – non ricorre.
Il primo motivo del ricorso proposto nell’interesse del NOME è caratterizzato da assoluta genericità di formulazione e ripropone gli stessi vizi che caratterizzano il secondo motivo del precedente ricorso.
Il secondo motivo del ricorso proposto nell’interesse del NOME è inammissibile per le medesime ragioni di cui al punto 3 che precede.
Con riferimento alla questione dell’intervenuta prescrizione, in data antecedente alla sentenza di secondo grado (giacché quella eventualmente intervenuta in epoca successiva sarebbe irrilevante, alla luce dell’inammissibilità dei ricorsi: v., ad es., Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, D.L., Rv. 217266 – 01), si osserva, innanzitutto, che l’inammissibilità del ricorso per cassazione preclude la possibilità di rilevare d’ufficio, ai sensi degli artt. 129 e 609 comma secondo, cod. proc. pen., l’estinzione del reato per prescrizione maturata in data anteriore alla pronuncia della sentenza di appello, ma non rilevata né eccepita in quella sede e neppure dedotta con i motivi di ricorso (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci, Rv. 266818 – 01).
In ogni caso, anche quando il rilievo della prescrizione antecedente alla sentenza impugnata sia tempestivamente e ritualmente introdotto, va ribadito che il presupposto in fatto della richiesta sviluppata nelle conclusioni scritte nell’interesse dei ricorrenti, quanto alla cessazione della condotta permanente, è caratterizzata da totale genericità, laddove, al contrario, il ricorrente che, nel giudizio di cassazione, invochi la prescrizione del reato, assumendo, per la prima volta in detta sede, che la data di consumazione è antecedente a quella contestata, ha l’onere di riscontrare le sue affermazioni, fornendo elementi incontrovertibili, idonei da soli a confermare che il reato risulta stato consumato
in data anteriore e insuscettibili di essere smentiti da altri elementi di prova acquisiti al processo (Sez. 2, n. 41151 del 28/09/2023, Mega, Rv. 285300 – 01).
Il Collegio dichiara, pertanto, inammissibili i ricorsi. Alla pronuncia di inammissibilità consegue ex art. 616 cod. proc. pen, la condanna di ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare equo determinare in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 12/01/2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente )