Ricorso Inammissibile: Quando l’Appello Costa Caro
Presentare un ricorso in Cassazione è un diritto fondamentale, ma non è un’azione priva di conseguenze. Un’ordinanza recente della Suprema Corte chiarisce le implicazioni economiche di un ricorso inammissibile, specialmente quando questo risulta manifestamente infondato. La decisione sottolinea che l’impugnazione non può essere un tentativo sterile, ma deve basarsi su motivi validi e concreti, pena la condanna a sanzioni pecuniarie.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Roma. L’appellante contestava il calcolo della pena, ritenendolo viziato nella motivazione. La Corte di merito aveva rideterminato la sanzione attraverso un percorso aritmetico preciso: partendo da una pena base, l’aveva prima ridotta per la concessione di attenuanti generiche, poi aumentata per la continuazione del reato, e infine diminuita di un terzo per la scelta del rito processuale abbreviato. A questa pena detentiva si aggiungeva una multa di 3.000 euro. Insoddisfatto, l’imputato decideva di portare la questione dinanzi alla Corte di Cassazione.
La Decisione della Corte: Focus sul Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha liquidato rapidamente, dichiarandolo ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. Secondo i giudici supremi, la Corte d’Appello aveva non solo applicato correttamente le norme di legge, ma aveva anche esplicitato in modo chiaro e logico il percorso di calcolo della pena nella sua sentenza. Il motivo di ricorso sollevato dall’imputato è stato quindi giudicato privo di qualsiasi pregio giuridico. Di conseguenza, la Corte non è nemmeno entrata nel merito della questione, fermandosi a questa valutazione preliminare.
Le Motivazioni
La motivazione della Cassazione è netta e si basa su due pilastri. In primo luogo, la correttezza del calcolo della pena operato dal giudice d’appello. La sentenza impugnata dettagliava ogni passaggio: pena base di un anno e nove mesi, ridotta a un anno e due mesi (ex art. 62-bis c.p.), aumentata a un anno e sei mesi per la continuazione (ex art. 81 cpv. c.p.), e infine ridotta di un terzo per il rito. Questo calcolo è stato ritenuto ineccepibile. In secondo luogo, la Corte applica rigorosamente l’art. 616 del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che, in caso di inammissibilità del ricorso, se non vi è prova di assenza di colpa da parte del ricorrente (come chiarito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 186/2000), scattano due sanzioni automatiche: la condanna al pagamento delle spese processuali e il versamento di una somma alla Cassa delle ammende. Nel caso specifico, tale somma è stata quantificata in 3.000 euro, ritenuta equa dalla Corte.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: l’accesso alla giustizia deve essere esercitato con responsabilità. Un ricorso inammissibile, perché basato su motivi pretestuosi o palesemente infondati, non solo non porta al risultato sperato, ma si traduce in un costo economico tangibile per chi lo propone. La decisione serve da monito: prima di impugnare una sentenza, è cruciale una valutazione attenta e professionale sulla reale fondatezza dei motivi, per evitare di incorrere in sanzioni che aggravano ulteriormente la propria posizione processuale. La condanna alla Cassa delle ammende non è una mera formalità, ma una sanzione concreta volta a scoraggiare impugnazioni dilatorie o avventate.
Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente, quest’ultimo viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Perché il ricorso in questo specifico caso è stato ritenuto manifestamente infondato?
Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato perché la Corte d’Appello aveva calcolato la pena in modo corretto e trasparente, esplicitando chiaramente tutti i passaggi matematici previsti dalla legge, rendendo le doglianze del ricorrente prive di qualsiasi base giuridica.
A quanto ammonta la sanzione pecuniaria inflitta al ricorrente?
Oltre al pagamento delle spese processuali, il ricorrente è stato condannato a versare la somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende, una cifra ritenuta equa dalla Corte.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36647 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36647 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
SIGILLO NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/11/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che il ricorso proposto da NOME COGNOME, che deduce il vizio di motivazione in relazione alla rideterminazione della pena, è inammissibile essendo manifestamente infondato, avendo la Corte di merito correttamente quantificato la pena, riducendola a un anno di reclusione – ferma restando la pena pecuniaria di 3.000 euro di multa – secondo il computo esplicitato a p. 3 della sentenza impugnata, ossia: pena base un anno e nove mesi, ridotta ex art. 62-bis cod. pen. a 1 anno e due mesi, aumentata ex art. 81 cpv. cod. pen. a un anno e sei mesi, ridotta di un terzo per il rito;
stante l’inammissibilità del ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 13 settembre 2024.