Ricorso Inammissibile: Quando la Genericità Costa Cara
Presentare un’impugnazione in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma per essere esaminata nel merito, deve rispettare requisiti stringenti. Un ricorso inammissibile non solo vanifica la possibilità di una revisione della sentenza, ma comporta anche conseguenze economiche per chi lo propone. Un’ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio, illustrando come la genericità dei motivi e la riproposizione di argomenti già trattati rendano l’appello sterile e controproducente.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Milano, che aveva confermato la condanna di un imputato per il reato di resistenza a pubblico ufficiale. L’imputato, tramite il suo difensore, ha sollevato diverse censure, contestando sia la valutazione delle prove che il diniego delle circostanze attenuanti generiche. Inoltre, ha criticato il rigetto della sua richiesta di rinnovazione dell’istruttoria in appello.
La Decisione sul Ricorso Inammissibile della Cassazione
La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile con una motivazione netta e precisa. I giudici hanno rilevato che i motivi addotti dal ricorrente erano affetti da una palese genericità. Invece di contestare specificamente le argomentazioni logico-giuridiche della Corte d’Appello, il ricorso si limitava a riproporre le stesse questioni già ampiamente e congruamente affrontate e respinte nel giudizio precedente. Questo approccio, secondo la Corte, non costituisce un valido motivo di impugnazione, poiché manca un confronto effettivo con la decisione impugnata.
La Rinnovazione Istruttoria e il Rito Abbreviato
Un punto cruciale della decisione riguarda la richiesta di rinnovazione istruttoria. La Corte ha osservato che in primo grado l’imputato aveva richiesto un giudizio abbreviato non condizionato, dopo che gli era stato negato quello condizionato all’assunzione di una prova. Di conseguenza, la mancata ammissione di quella prova non poteva essere riproposta come motivo di gravame in appello. L’unica via percorribile sarebbe stata quella di sollecitare l’esercizio dei poteri istruttori d’ufficio del giudice d’appello (ex art. 603, co. 3, c.p.p.), cosa che il ricorrente non aveva fatto, limitandosi a criticare la valutazione delle prove già acquisite.
Le Motivazioni
La Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del diritto processuale: l’appello non è un’occasione per ripetere argomenti già vagliati, ma deve contenere una critica specifica e puntuale dei passaggi della sentenza che si ritengono errati. La riproposizione di questioni già decise, senza evidenziare un vizio logico o un errore di diritto determinato, si traduce in una doglianza generica. Tale genericità rende il ricorso non meritevole di un esame nel merito, configurandosi come un ricorso inammissibile. Anche la censura sul diniego delle attenuanti generiche è stata giudicata infondata, poiché la Corte d’Appello aveva adeguatamente motivato la sua decisione sulla base della gravità dei fatti, caratterizzati da reiterate condotte violente e minacciose.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame è un monito importante per chiunque intenda impugnare una sentenza penale. La redazione di un ricorso richiede un’analisi approfondita e critica della decisione precedente, non una semplice riproposizione delle proprie tesi. La conseguenza di un ricorso inammissibile non è solo la conferma della condanna, ma anche, come stabilito dall’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata quantificata in 3.000 euro. Questa pronuncia rafforza l’idea che l’accesso alla giustizia deve essere esercitato con serietà e competenza, per evitare di aggravare la propria posizione processuale ed economica.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano generici e si limitavano a riproporre questioni già valutate e motivate dalla Corte d’Appello, senza un confronto critico e specifico con la sentenza impugnata.
Si può contestare in Cassazione la mancata ammissione di una prova se si è scelto il rito abbreviato?
No, la sentenza chiarisce che se l’imputato, dopo il rigetto di un rito abbreviato condizionato a una prova, opta per un rito abbreviato non condizionato, non può successivamente lamentare la mancata ammissione di quella prova come motivo di gravame in appello.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso 3000 euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33492 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33492 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 26/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a MONZA il 16/08/1977
avverso la sentenza del 11/03/2025 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che i motivi dedotti dal. ricorrente sono affetti da genericità rispetto alla puntuale motivazione della Corte di appello di Milano, che, contrariamente a quanto dedotto nel ricorso, ha congruamente motivato sia sulle ragioni della ritenuta sussistenza del reato di resistenza a pubblico ufficiale per opporsi alle formalità necessarie alla sua identificazione, in coerenza con le risultanze processuali, mentre con riferimento alle ragioni del rigetto della richiesta di rinnovazione istruttoria in appello, considerato che in primo grado l’imputato ha richiesto il giudizio abbreviato non condizionato dopo il rigetto di quello condizionato, la mancata ammissione della prova cui era subordinata l’iniziale richiesta non può essere dedotta come motivo di gravame, residuando solo la facoltà di sollecitare l’esercizio dei poteri di integrazione istruttoria “ex officio” ai sensi dell’art. 603, comma 3, cod. proc. pen., cosa che il ricorrente non ha fatto, essendosi limitato in sede di appello solo a censurare la valutazione delle risultanze probatorie acquisite (Sez. 1, n. 12818 del 14/02/2020, Rv. 279324);
ritenuto che la riproposizione delle medesime questioni affrontate in modo approfondito lcon motivazione puntuale, in assenza di un confronto effettivo con le valutazioni del giudice di merito, non è ammissibile in sede di legittimità, sia per l’insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato (Sez. 3, n. 44882 del 18.7.2014, COGNOME e altri, Rv. 260608); analoghe considerazioni valgono anche per il motivo relativo al diniego delle circostanze attenuanti generiche, adeguatamente argomentato nella sentenza impugnata in relazione alle modalità dei fatti per le reiterate condotte violente e minacciose;
rilevato che dalla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26 settembre 2025
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Il Presidente