Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18666 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18666 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a DOMODOSSOLA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/06/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTO E DIRITTO
Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Milano confermava la sentenza con cui il tribunale di Milano, in data 9.11.2021, aveva condanNOME COGNOME NOME alla pena ritenuta di giustizia, in relazione al reato ex art. 496, c.p., così diversamente qualificata l’imputazione originariamente elevata a suo carico.
Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede l’annullamento, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato lamentando violazione di legge e vizio di motivazione in punto di inadeguata valutazione delle risultanze processuali da parte del giudice di merito, in punto di affermazione di responsabilità, non essendo emerso che il COGNOME abbia reso le false dichiarazioni sulla sua appartenenza all’RAGIONE_SOCIALE su richiesta dell’agente operante, e di mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis, c.p.
Il ricorso va dichiarato inammissibile, perché fondato su censure di merito e del tutto generiche, non scrutinabili in questa sede di legittimità, in cui è precluso il percorso argomentativo seguito dal ricorrente, che si risolve in una mera e del tutto generica lettura alternativa o rivalutazione del compendio probatorio, posto che, in tal caso, si demanderebbe alla Cassazione il compimento di un’ operazione estranea al giudizio di legittimità, quale è quella di reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione (cfr. ex plurimis, Cass., sez. VI, 22/01/2014, n. 10289; Cass., Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Rv. 273217; Cass., Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Rv. 253099; Cass., Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, Rv. 277758).
Come evidenziato del resto nella sentenza resa dal giudice di primo grado, la cui motivazione, trattandosi di “doppia conforme”, si salda con quella di appello, le false dichiarazioni avevano fatto seguito proprio alla richiesta dell’agente operante di declinare le generalità.
Quanto al secondo motivo di ricorso, esso appare assolutamente generico, in violazione di quanto previsto in tema di forma dell’impugnazione, a pena di inammissibilità, dall’art. 581, co. 1, c.p.p.
Senza tacere che il tema dell’applicabilità della previsione dell’art. 131 bis, c.p., come risulta dalla incontestata sintesi dei motivi di appello operata dalla corte territoriale, risulta proposto per la prima volta con il ricorso per cassazione e non con i motivi di appello, ragione per la quale sul punto il ricorso va dichiarato inammissibile anche ai sensi dell’art. 606, co. 3, c.p.p.
4. Alla dichiarazione di inammissibilità, segue la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 3000,00 a favore della cassa delle ammende, tenuto conto della circostanza che l’evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione, non consente di ritenere quest’ultimo immune da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilità (cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 13.12.2023.