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Ricorso inammissibile: l’appello non è un copia-incolla

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro una condanna per furto aggravato. La decisione si fonda sul principio che l’atto di impugnazione non può limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni del grado precedente, ma deve confrontarsi criticamente e specificamente con le motivazioni della sentenza impugnata. La mancata critica argomentata porta alla reiezione del ricorso e alla condanna alle spese.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: l’appello non è un copia-incolla

Presentare un ricorso in Cassazione richiede tecnica, precisione e, soprattutto, la capacità di costruire una critica argomentata. Un ricorso inammissibile non è solo una sconfitta processuale, ma rappresenta spesso un’occasione mancata a causa di errori strategici. La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ribadisce un principio fondamentale: l’atto di impugnazione non può essere una mera riproposizione dei motivi già presentati in appello, ma deve confrontarsi puntualmente con la decisione che si intende contestare. Analizziamo insieme questo caso per comprendere le implicazioni pratiche di tale principio.

I Fatti del Caso: Dalla Condanna al Ricorso per Cassazione

La vicenda processuale ha origine da una condanna emessa dal Tribunale per il reato di furto aggravato. L’imputato era stato ritenuto colpevole di un furto commesso con violenza sulle cose e su beni esposti alla pubblica fede, vedendosi infliggere una pena di quattro mesi di reclusione e 200 euro di multa. La sentenza di primo grado veniva successivamente confermata integralmente dalla Corte di Appello.

Contro la decisione di secondo grado, la difesa dell’imputato proponeva ricorso per cassazione, articolando un unico motivo: un presunto vizio di motivazione e violazione di legge riguardo alla sussistenza delle due circostanze aggravanti contestate. Tuttavia, l’esito del giudizio di legittimità sarà netto e sfavorevole al ricorrente.

Il Ricorso Inammissibile e i Motivi della Decisione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, evidenziando come esso fosse viziato alla radice. Il motivo di ricorso, infatti, non faceva altro che reiterare le medesime considerazioni critiche già espresse nell’atto di appello avverso la sentenza di primo grado. In altre parole, la difesa non si era confrontata con la motivazione della Corte di Appello, ma si era limitata a riproporre argomenti che erano già stati esaminati e respinti.

Questo approccio rende l’impugnazione priva della sua funzione essenziale. Secondo la giurisprudenza costante, richiamata nell’ordinanza, la funzione tipica di ogni impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento che si contesta. Tale critica deve realizzarsi attraverso motivi specifici che indichino le ragioni di diritto e gli elementi di fatto a sostegno della richiesta.

Il Confronto Puntuale come Requisito Essenziale

Il contenuto essenziale di un atto di impugnazione, per non incorrere in una declaratoria di inammissibilità, è il “confronto puntuale” con le argomentazioni del provvedimento impugnato. L’appellante deve indicare specificamente dove e perché la decisione del giudice precedente è errata, fondando il proprio dissenso su precisi elementi di fatto e di diritto. Se il ricorso, come nel caso di specie, ignora la motivazione della sentenza di appello e si limita a un “copia-incolla” dei motivi precedenti, perde la sua unica funzione e si destina inevitabilmente all’inammissibilità.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha sottolineato che un ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi già prospettati con l’atto di appello, e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nella sentenza impugnata, è inammissibile. Il ricorso si limitava a lamentare in maniera generica una presunta carenza o illogicità della motivazione, senza però attaccare specificamente il ragionamento logico-giuridico seguito dalla Corte territoriale per confermare la condanna.

La decisione si allinea a un consolidato orientamento giurisprudenziale che sanziona la mancanza di specificità e criticità nei motivi di ricorso. La legge processuale (artt. 581 e 591 c.p.p.) esige che l’impugnazione sia uno strumento di dialogo critico tra le parti e il giudice, non un mero esercizio formale di ripetizione.

Le Conclusioni

La pronuncia in esame offre un importante monito per la pratica forense. La redazione di un atto di impugnazione, specialmente in sede di legittimità, richiede uno studio approfondito della sentenza che si intende censurare e la capacità di formulare critiche nuove, pertinenti e specifiche. Evitare la semplice riproposizione di argomenti già vagliati non è solo una questione di stile, ma un requisito di ammissibilità imposto dalla legge. La conseguenza di un ricorso inammissibile non è solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria, in questo caso fissata in 3.000,00 euro. Un costo significativo che sottolinea la serietà con cui l’ordinamento guarda alla corretta formulazione degli atti processuali.

Quando un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando, tra le altre ragioni, si limita a riproporre le stesse argomentazioni già presentate nel precedente grado di giudizio, senza confrontarsi in modo critico e specifico con le motivazioni della sentenza che si sta impugnando.

Qual è la funzione essenziale di un atto di impugnazione secondo la Corte?
La funzione essenziale è quella di una “critica argomentata” al provvedimento. Ciò significa che l’atto deve contenere un confronto puntuale con le argomentazioni del giudice, indicando specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sostengono la richiesta di riforma della decisione.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
Oltre alla definitività della condanna, la declaratoria di inammissibilità comporta per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata quantificata in 3.000,00 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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