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Ricorso inammissibile: l’appello deve essere specifico

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile avverso una condanna per furto aggravato. La decisione si fonda sulla genericità e aspecificità dei motivi di appello, i quali non si confrontavano criticamente con la motivazione della sentenza impugnata. La Corte ha ribadito che la determinazione della pena è un potere discrezionale del giudice di merito, sindacabile solo in caso di manifesta illogicità, assente nel caso di specie.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Sottolinea la Necessità di Motivi Specifici

Presentare un’impugnazione è un diritto fondamentale nel nostro ordinamento, ma deve essere esercitato nel rispetto di precise regole procedurali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda un principio cruciale: un ricorso inammissibile per genericità non ha alcuna possibilità di essere esaminato nel merito. Questa decisione evidenzia l’importanza di formulare motivi di appello chiari, specifici e direttamente correlati alle argomentazioni della sentenza che si contesta.

I fatti del caso in esame

Il caso trae origine da una condanna emessa dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello. L’imputato era stato ritenuto colpevole del reato di furto pluriaggravato, ai sensi degli articoli 624 e 625 del codice penale, e condannato a una pena di sei mesi di reclusione e 200,00 euro di multa.
Contro la sentenza di secondo grado, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando una presunta “mancanza assoluta di motivazione” sia riguardo l’affermazione della sua responsabilità penale sia per quanto concerne la determinazione della pena (la cosiddetta dosimetria).

La Decisione della Corte: un Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, senza entrare nel merito delle questioni sollevate. La decisione si basa su due pilastri fondamentali della procedura penale: la specificità dei motivi di impugnazione e i limiti del sindacato di legittimità sulla dosimetria della pena.

La Genericità come Causa Fatale dell’Impugnazione

Il primo e decisivo punto affrontato dalla Corte è la natura “generica e aspecifica” delle censure mosse dal ricorrente. Secondo gli Ermellini, l’atto di impugnazione non teneva minimamente conto della motivazione della sentenza della Corte d’Appello. In pratica, il ricorso si limitava a enunciare doglianze astratte, senza creare un collegamento critico e puntuale con le ragioni che avevano spinto i giudici di secondo grado a confermare la condanna.
La Cassazione ha richiamato il suo consolidato orientamento, secondo cui l’impugnazione è inammissibile se manca ogni indicazione della correlazione tra le argomentazioni della decisione impugnata e quelle poste a fondamento del ricorso. Non si può, in altre parole, ignorare ciò che il giudice ha scritto e proporre critiche decontestualizzate.

La Dosimetria della Pena e la Discrezionalità del Giudice

Anche la critica relativa alla quantificazione della pena è stata respinta. La Corte ha sottolineato che non vi era alcun vizio di motivazione. I giudici di merito avevano correttamente basato la loro valutazione sulla gravità del fatto, secondo il criterio dell’art. 133 del codice penale. Questo stesso criterio era stato utilizzato anche per il giudizio di bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti (art. 69 c.p.).
È stato ribadito un principio cardine: la determinazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito. Questo potere può essere censurato in sede di legittimità solo se la motivazione è frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico, circostanze che la Corte ha escluso nel caso di specie. Anche una motivazione sintetica, se chiara, è sufficiente a giustificare la pena inflitta.

Le motivazioni

La motivazione della Corte di Cassazione si fonda sulla necessità di preservare la funzione del giudizio di legittimità, che non è un terzo grado di merito. Il ricorso deve essere uno strumento di critica mirata e non un’occasione per ridiscutere l’intero processo. L’inammissibilità per genericità serve a filtrare le impugnazioni che non rispettano questo canone, evitando di appesantire il lavoro della Corte con questioni non pertinenti o mal formulate. La condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma alla cassa delle ammende, attribuendo la colpa dell’inammissibilità al ricorrente, funge da deterrente contro la presentazione di ricorsi esplorativi o dilatori.

Le conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: un ricorso, per avere successo, deve essere un dialogo critico con la sentenza impugnata. È indispensabile analizzare punto per punto le argomentazioni del giudice e costruire su di esse delle censure specifiche, pertinenti e giuridicamente fondate. Le lamentele generiche o astratte sono destinate a essere dichiarate inammissibili, con conseguente condanna alle spese e alla sanzione pecuniaria. La discrezionalità del giudice di merito nella quantificazione della pena resta ampia e può essere scalfita solo dimostrando un’evidente illogicità nel suo ragionamento, un onere probatorio particolarmente gravoso per il ricorrente.

Perché un ricorso può essere dichiarato inammissibile per genericità?
Un ricorso è dichiarato inammissibile per genericità quando i motivi presentati non si confrontano specificamente con le ragioni esposte nella sentenza impugnata, ma si limitano a critiche astratte o che ignorano le argomentazioni del giudice.

Fino a che punto la Corte di Cassazione può valutare la correttezza della pena inflitta?
La Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito sulla quantità della pena. Il suo controllo, definito sindacato di legittimità, è limitato a verificare che la decisione non sia frutto di arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico.

Cosa comporta per il ricorrente la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Quando il ricorso è dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente, quest’ultimo viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un’impugnazione non valida.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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