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Ricorso inammissibile: l’analisi della Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una sentenza della Corte d’Appello per ricettazione. I motivi del ricorso sono stati ritenuti generici, poiché riproponevano questioni già valutate e respinte nel grado precedente. Inoltre, un motivo relativo alla non applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto è stato considerato inammissibile perché non sollevato in appello. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Chiude le Porte

Un recente provvedimento della Corte di Cassazione, l’Ordinanza n. 2180 del 2024, offre un chiaro esempio di come e perché un ricorso possa essere dichiarato ricorso inammissibile. Questo caso, riguardante un’accusa di ricettazione, evidenzia l’importanza di presentare motivi di impugnazione specifici e nuovi, anziché limitarsi a riproporre questioni già discusse e decise nei precedenti gradi di giudizio. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione per comprendere meglio i criteri che guidano la Suprema Corte.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine da un ricorso presentato contro una sentenza della Corte d’Appello di Lecce, che aveva confermato una condanna per il reato di ricettazione (art. 648 del codice penale). L’imputato, tramite il suo difensore, ha sollevato tre motivi di ricorso davanti alla Corte di Cassazione, sperando di ottenere l’annullamento della condanna.

I primi due motivi contestavano la decisione dei giudici di merito sotto due profili:
1. Vizio di motivazione e violazione di legge: Si lamentava un’errata applicazione dell’art. 648 c.p. per la presunta mancata individuazione dell’oggetto del reato.
2. Mancata assunzione di una prova decisiva: Si contestava il fatto che non fosse stata ammessa una prova ritenuta fondamentale nel contraddittorio tra le parti.

Il terzo motivo, invece, riguardava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131 bis del codice penale.

La Decisione della Corte di Cassazione sul ricorso inammissibile

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato i motivi presentati e ha concluso per la loro manifesta infondatezza e genericità, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato dettagliatamente le ragioni della sua decisione, analizzando ciascun motivo di ricorso.

Per quanto riguarda i primi due motivi, i giudici li hanno qualificati come generici. La Corte ha osservato che le argomentazioni proposte non facevano altro che ripresentare censure già valutate e respinte in modo motivato dalla Corte d’Appello. Riproporre le stesse questioni senza introdurre nuovi elementi di critica specifici contro la logica della sentenza impugnata non è sufficiente per ottenere un riesame in sede di legittimità. La Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si rivalutano i fatti, ma un organo che controlla la corretta applicazione della legge e la coerenza logica delle motivazioni. La Corte territoriale, secondo la Cassazione, aveva fornito una motivazione adeguata, anche riguardo alla mancata esibizione del corpo del reato.

Il terzo motivo, relativo all’art. 131 bis c.p., è stato dichiarato inammissibile per una ragione procedurale cruciale: la questione non era stata sollevata nel giudizio di secondo grado. La Corte ha sottolineato che, sebbene la Corte Costituzionale (con la sentenza n. 156/2000) avesse esteso l’applicabilità di questa causa di non punibilità anche alla ricettazione attenuata, la difesa avrebbe dovuto farne richiesta specifica davanti alla Corte d’Appello. Non avendolo fatto, la questione non poteva essere proposta per la prima volta in Cassazione.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce due principi fondamentali del processo penale:
1. Specificità dei motivi di ricorso: Per essere ammissibile, un ricorso in Cassazione non può limitarsi a ripetere le argomentazioni già respinte nei gradi di merito. Deve, invece, individuare con precisione i vizi logici o giuridici della sentenza impugnata.
2. Principio devolutivo dell’appello: Le questioni non sollevate in appello non possono, di regola, essere introdotte per la prima volta in Cassazione. È onere della parte processuale dedurre tutte le proprie doglianze nel momento processuale corretto.

La declaratoria di inammissibilità non è una mera formalità, ma la conseguenza diretta del mancato rispetto di queste regole, con l’ulteriore effetto negativo della condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

Perché i primi due motivi di ricorso sono stati considerati generici?
Perché si limitavano a riproporre censure già valutate e respinte dalla Corte d’Appello, senza presentare argomenti nuovi o specifici contro la motivazione della sentenza impugnata.

Per quale motivo è stato respinto il motivo sulla mancata applicazione della particolare tenuità del fatto?
Perché la richiesta di applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis cod. pen. non era stata avanzata durante il giudizio di secondo grado (appello) e, pertanto, non poteva essere sollevata per la prima volta in Cassazione.

Quali sono le conseguenze per il ricorrente quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro, in questo caso tremila euro, in favore della Cassa delle ammende, oltre alla conferma definitiva della sentenza di condanna.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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