Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6508 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6508 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a MARSALA il 28/08/1982
avverso la sentenza del 11/04/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME
Ritenuto che il primo motivo di ricorso che contesta violazione di legge in relazione agli artt. 4, 21, 23 e 33-bis, comma 2, cod. proc. pen., è inammissibile in quanto meramente riproduttivo del profilo di censura adeguatamente disatteso con corretti argomenti giuridici dalla sentenza impugnata (vedi pag. 3) con i quali il ricorrente omette di confrontarsi;
che, peraltro, si è al cospetto di un riparto di attribuzioni e non, come dedotto, di un profilo di incompetenza, con la conseguenza che la relativa eccezione doveva essere eccepita nei termini di decadenza di cui all’art. 33-quinquies cod. proc. pen. (e tanto non risulta allegato);
che, peraltro, risulta in ogni caso corretto il rigetto della relativa eccezione da parte della Corte di merito, in virtù del principio affermato dalla Corte di legittimità secondo cui, ai fini della determinazione della competenza, non si tiene conto della recidiva qualificata, trattandosi di scelta legislativa non irragionevole, posto che la recidiva, pur quando si delinea come circostanza ad effetto speciale, resta un’aggravante peculiare, inerente alla persona del colpevole, sicché, se ritenuta applicabile, può legittimamente riverberarsi sul solo trattamento sanzionatorio e non sull’accertamento della competenza o dell’individuazione della pena ai fini cautelari, ove vengono in rilievo criteri che prescindono dalla biografia criminale dell’indagato (Sez. 3, n. 7235 del 27/10/2023, Rv. 285952 – 01);
ritenuto che il secondo motivo di ricorso che contesta difetto di motivazione e violazione di legge in riferimento all’art. 448 cod. proc. pen. è manifestamente infondato;
considerato che il giudice di merito ha adempiuto all’onere argomentativo esplicitando le ragioni del suo convincimento circa il rifiuto della richiesta di patteggiamento (si vedano, in particolare pag. 3-4 della sentenza impugnata);
ritenuto che il terzo motivo di ricorso che denuncia la correttezza della motivazione posta a base del giudizio di responsabilità per il reato di cui all’art. 611 cod. pen., è generico perché fondato su argomenti che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame e, pertanto, non specifici, inoltre ridondante in censure meramente di fatto;
ritenuto che il quarto motivo di ricorso che contesta la correttezza della motivazione posta a base del giudizio di responsabilità del reato ex art. 336 cod. pen., è indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito (si veda pag. 4), dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto
apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
ritenuto che il quinto motivo di ricorso che contesta il mancato riconoscimento del vincolo di continuazione è inammissibile poiché anch’esso generico per indeterminatezza in quanto privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., poiché non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo quindi al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato;
ritenuto che il sesto motivo di ricorso che contesta la sussistenza della recidiva non è consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato;
che avendo il giudice di merito dato motivatamente conto del fatto che la condotta incriminata costituisce significativa prosecuzione di un processo delinquenziale già avviato (si veda, in particolare, pag. 5);
rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore delle Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2025.