LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ricorso inammissibile: l’aggravante e l’onere del PM

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un Pubblico Ministero contro l’annullamento di una misura cautelare per turbativa d’asta. La ragione risiede nel fatto che il PM, pur contestando l’esistenza del reato base, non ha specificamente impugnato l’esclusione dell’aggravante mafiosa né ha argomentato sulla sussistenza delle esigenze cautelari, rendendo il ricorso inammissibile per carenza di interesse.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando l’Esclusione dell’Aggravante Mafiosa Rende Inutile l’Appello

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 43767 del 2024, offre un importante spunto di riflessione sulle strategie processuali e sui requisiti di ammissibilità delle impugnazioni. Il caso riguarda un ricorso inammissibile presentato da un Pubblico Ministero, la cui analisi ci permette di comprendere meglio il peso dell’aggravante mafiosa e l’onere della prova in materia di misure cautelari.

I Fatti del Caso: Turbativa d’Asta e il Ritiro Strategico

La vicenda ha origine da un’ordinanza di arresti domiciliari emessa nei confronti di un soggetto, indagato per il reato di turbata libertà degli incanti (comunemente nota come turbativa d’asta), con l’aggravante di aver agito con metodo mafioso. L’indagato, in qualità di creditore, aveva promosso una procedura ad evidenza pubblica per la vendita di un opificio. Tuttavia, si era successivamente ritirato dalla gara a seguito della promessa, ricevuta da un emissario di una nota organizzazione criminale, di vedere comunque soddisfatto il proprio credito. Tale ritiro, secondo l’accusa, aveva favorito altri soggetti nell’aggiudicazione, avvantaggiando di fatto il clan.

In un primo momento, il Tribunale del riesame aveva annullato la misura cautelare, ritenendo che la condotta dell’indagato non integrasse il reato contestato e, soprattutto, escludendo la sussistenza dell’aggravante mafiosa.

La Decisione del Tribunale del Riesame: Esclusione del “Metodo Mafioso”

Il punto cruciale della decisione del Tribunale del riesame è stata l’esclusione dell’aggravante del metodo mafioso. I giudici hanno motivato tale scelta evidenziando come l’obiettivo perseguito dall’indagato non fosse quello di agevolare l’associazione criminale, bensì quello, strettamente personale, di recuperare il credito che vantava. Per la configurazione dell’aggravante mafiosa è infatti richiesto il cosiddetto “dolo specifico”, ovvero la volontà diretta e principale di favorire il sodalizio criminale, non essendo sufficiente un vantaggio indiretto o la mera intenzione di favorire un singolo esponente del clan.

Il Ricorso del Pubblico Ministero e le Argomentazioni della Cassazione

Il Pubblico Ministero ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che il Tribunale del riesame avesse errato nel ritenere penalmente irrilevante la condotta dell’indagato. Secondo l’accusa, il semplice accordo collusivo finalizzato a ritirarsi dalla gara è di per sé sufficiente a integrare il reato di turbativa d’asta, a prescindere dal movente individuale dell’agente.

La Corte di Cassazione, pur concordando in linea di principio con questa interpretazione del reato base, ha tuttavia individuato una debolezza fatale nell’impostazione del ricorso del PM, che lo ha reso inammissibile.

L’Onere della Prova e il Ricorso Inammissibile del PM

La Corte ha osservato che il Pubblico Ministero, nel suo ricorso, non ha contestato in modo specifico la parte della motivazione con cui il Tribunale del riesame aveva escluso l’aggravante mafiosa. Questa omissione ha avuto una conseguenza decisiva. L’esclusione di tale aggravante, infatti, fa venir meno la presunzione legale di sussistenza delle esigenze cautelari prevista dall’art. 275, comma 3, del codice di procedura penale.

Di conseguenza, spettava al Pubblico Ministero l’onere di dimostrare, con elementi concreti, l’attualità delle esigenze cautelari che giustificassero il ripristino della misura. Il ricorso, invece, si concentrava solo sull’esistenza del reato, senza fornire alcuna argomentazione sul perché, a distanza di quasi sei anni dai fatti, fosse ancora necessario mantenere l’indagato agli arresti domiciliari, specialmente in assenza della gravità indiziaria legata al contesto mafioso. Questa mancanza ha reso il ricorso inammissibile per carenza di interesse.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte di Cassazione è eminentemente processuale. La declaratoria di inammissibilità non si fonda sulla non sussistenza del reato di turbativa d’asta, ma sulla struttura stessa del ricorso presentato. L’interesse a ricorrere del PM è legato alla possibilità concreta di ottenere il ripristino della misura cautelare. Se l’argomentazione non affronta tutti i presupposti necessari per tale ripristino – in questo caso, le esigenze cautelari non più presunte – il ricorso è privo del suo scopo pratico e deve essere dichiarato inammissibile. La Corte sottolinea che chi impugna un provvedimento deve contestare tutte le parti della motivazione che ne sorreggono la decisione, specialmente quando da esse derivano conseguenze procedurali così rilevanti.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito sull’importanza di una strategia processuale completa e attenta. Evidenzia come, in materia cautelare, non sia sufficiente dimostrare la gravità degli indizi relativi al reato, ma sia indispensabile argomentare anche sulla persistenza delle esigenze che giustificano la limitazione della libertà personale. L’esclusione di un’aggravante ad effetto speciale, come quella mafiosa, modifica radicalmente il quadro probatorio e impone all’accusa un onere argomentativo più stringente, la cui inosservanza può portare a un esito di inammissibilità del ricorso.

Perché il ricorso del Pubblico Ministero è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il Pubblico Ministero non ha specificamente contestato la decisione del Tribunale del riesame di escludere l’aggravante mafiosa e, di conseguenza, non ha fornito argomentazioni sulla sussistenza attuale e concreta delle esigenze cautelari, che non erano più presunte per legge.

Ritirarsi da un’asta pubblica su promessa di terzi costituisce sempre reato di turbativa d’asta?
Sì, secondo la Corte, l’accordo collusivo diretto a influenzare la gara, anche tramite il comportamento omissivo di un partecipante che si ritira, integra il delitto di turbata libertà degli incanti, essendo sufficiente il dolo generico, ossia la coscienza e volontà di turbare la gara.

Qual è la differenza tra l’obiettivo personale di un indagato e il “dolo specifico” richiesto per l’aggravante mafiosa?
L’obiettivo personale (in questo caso, recuperare un credito) è un movente individuale. Il “dolo specifico” per l’aggravante mafiosa, invece, richiede che il fine “diretto” dell’azione sia quello di favorire l’associazione mafiosa, non essendo sufficienti vantaggi indiretti o il semplice favorire un suo esponente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati