Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti dell’Accordo sulla Pena in Appello
Quando un imputato decide di accordarsi sulla pena in appello, quali sono le conseguenze per un eventuale ricorso successivo? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: l’accordo preclude la possibilità di contestare la pena concordata. Analizziamo questa decisione per comprendere perché un ricorso inammissibile può costare caro.
I Fatti del Caso
Il caso nasce da una condanna in primo grado emessa dal Tribunale di Genova. L’imputato era stato inizialmente accusato di rapina, ma il reato è stato riqualificato in tentato furto aggravato. In seguito, le parti hanno raggiunto un accordo in Corte d’Appello, ai sensi dell’art. 599-bis del codice di procedura penale.
Questo accordo prevedeva l’applicazione di una pena determinata (due mesi e venti giorni di reclusione e 80 euro di multa) e la rinuncia, da parte dell’imputato, a tutti i motivi di appello ad eccezione di quelli relativi al trattamento sanzionatorio. La Corte d’Appello ha accolto l’accordo, pronunciando la sentenza concordata.
Nonostante ciò, l’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione: a suo dire, non era stata applicata la massima riduzione di pena prevista per il delitto tentato.
La Decisione della Corte di Cassazione e il ricorso inammissibile
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile senza neppure la necessità di una discussione formale. La decisione si fonda su un principio procedurale tanto semplice quanto ferreo: la pena applicata era esattamente quella che le parti avevano concordemente richiesto.
Il giudice d’appello aveva già valutato la congruità della pena concordata, e una volta che l’accordo viene ratificato, non è più possibile contestarne il merito. La scelta di concordare la pena implica l’accettazione del suo ammontare, chiudendo la porta a successive contestazioni sulla sua quantificazione.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha spiegato che il fulcro della questione risiede nella natura stessa dell’accordo previsto dall’art. 599-bis c.p.p. Si tratta di un patto processuale in cui l’imputato, in cambio di una pena certa e spesso più mite, rinuncia a contestare determinati aspetti della sentenza. 
Nel momento in cui la difesa e l’accusa propongono una pena congiunta e il giudice la ritiene equa, si cristallizza il trattamento sanzionatorio. Pertanto, un ricorso che mira a rimettere in discussione proprio quel trattamento sanzionatorio, come la misura della riduzione per il tentativo, è intrinsecamente contraddittorio e, di conseguenza, inammissibile. L’inammissibilità comporta non solo il rigetto del ricorso, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma alla Cassa delle ammende, in questo caso fissata in 4.000 euro.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un’importante lezione pratica per la difesa penale. La scelta di un “patteggiamento in appello” è una strategia che deve essere ponderata con attenzione. Se da un lato offre il vantaggio di una pena certa e prevedibile, dall’altro comporta la rinuncia a contestare la decisione nel merito. Presentare un ricorso inammissibile non solo non porta a risultati, ma espone l’imputato a significative conseguenze economiche. La decisione della Cassazione serve da monito: gli accordi processuali vanno onorati e le loro conseguenze accettate, pena l’applicazione di sanzioni che ne disincentivano l’abuso.
 
Perché il ricorso alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la pena applicata dalla Corte d’Appello era il risultato di un accordo formale tra accusa e difesa. Avendo l’imputato concordato la pena, che il giudice ha ritenuto congrua, ha implicitamente rinunciato a contestarne successivamente la quantificazione.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo specifico caso è stata determinata in quattromila euro.
È possibile contestare l’entità di una pena dopo averla concordata in appello ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p.?
No. Secondo quanto stabilito dalla Corte, una volta che le parti hanno concordato una pena e il giudice d’appello l’ha ritenuta equa (‘congrua’), non è più possibile impugnarla per contestarne il merito, come ad esempio la misura delle attenuanti o delle riduzioni applicate.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34566 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7   Num. 34566  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/03/2025 della CORTE APPELLO di GENOVA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Genova indicata in epigrafe.
All’esito di giudizio abbreviato, con sentenza del Tribunale di Genova del 23 maggio 2024, COGNOME è stato ritenuto responsabile del reato di cui agli artt. 56, 624, 625 n. 7, 99, comma 4 cod. pen., così diversamente qualificato il fat (all’imputato era contestata violazione dell’art. 628, comma 2, cod. pen.).
La sentenza di appello è stata pronunciata ai sensi degli artt. 599-bis cod. proc. pen. avendo le parti concordato sull’applicazione della pena di mesi due, giorni venti di reclusione ed € 80 di multa, con rinuncia da parte dell’imputato a tutti i motivi diversi da quelli inerenti al trattamento sanzionatorio.
Considerato che il ricorrente deduce vizi di motivazione per non essere stata applicata la massima riduzione di pena prevista per il delitto tentato.
Rilevato che la pena applicata è quella concordemente richiesta dalle parti, valutata congrua dal giudice di appello, sicché il ricorso è inammissibile.
Ritenuto che l’inammissibilità possa essere dichiarata senza formalità d procedura a norma dell’art.610, comma 5-bis, cod. proc. pen., e ad essa consegua la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Ritenuto che, in considerazione delle ragioni di inammissibilità, il ricorrente debba essere condannato anche al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, determinata nella misura di euro quattromila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
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Così deciso il 7 ottobre 2025
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