Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27369 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27369 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME nato a MILANO il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 12/07/2023 della CORTE APPELLO di MILANO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; sentite le richieste del PG COGNOME, che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile; sentite le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, per il ricorrente, che si
è riportato ai motivi e ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Milano ha integralmente confermato la pronuncia di condanna emessa in data 10 giugno 2021 dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Lodi nei confronti, per quanto qui rileva, di NOME COGNOME, per i reati di concorso in rapina aggravata e in porto di strumento atto a offendere.
Ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, formulando due motivi di impugnazione, che qui si riassumono nei termini di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, si deduce la violazione di legge e la contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione riguardo alla valutazione degli elementi di prova posti a sostegno della ribadita affermazione di responsabilità in ordine ai reati contestati. Il ragionamento alla base della pronuncia di condanna poggerebbe su criteri sostanzialmente presuntivi e congetturali, enfatizzando una conversazione telefonica probatoriamente neutra e analoghi precedenti dell’imputato. Sono stati viceversa ignorati i rilievi difensivi diretti ad evidenzia l’impossibilità di collocare COGNOME sul luogo della rapina, alla luce delle immagini della videosorveglianza e dell’accenno alla provenienza meridionale dei rapinatori, nonché del mancato rinvenimento degli abiti visibili dai suddetti fotogrammi.
2.2. Con il secondo motivo, la difesa censura la mancata concessione delle attenuanti generiche e l’eccessiva asprezza della pena.
Il ricorso è inammissibile.
3.1. I giudici di appello, condividendo la più ampia ricostruzione di primo grado (p. 3-9, sentenza Gup, ove si sottolinea anche che l’accento dei rapinatori era «del posto»), riconoscono valore di confessione stragiudiziale, riscontrata da marginali ulteriori elementi logici, a un dialogo intercettato all’interno di un veicolo su c erano presenti i tre còrrei e la convivente di COGNOME (p. 4). L’interpretazione e l valutazione del contenuto delle conversazioni costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità, quando – come nel caso di specie non si ravvisino vizi logico-giuridici (cfr., Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715; Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337).
Il primo motivo risulta meramente confutativo rispetto alla doppia conforme motivazione dei giudici di merito e sollecita una nuova ponderazione del compendio probatorio, impossibile nel giudizio di legittimità.
3.2. A fondamento della statuizione contestata con il secondo motivo, la Corte di appello ha incensurabilmente valorizzato i gravi precedenti penali dell’imputato, coerentemente con il consolidato orientamento di legittimità, per cui, al fine di ritenere od escludere la configurabilità di circostanze attenuanti generiche, il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente e atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio: anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può, pertanto, risultare all’uopo sufficiente (cfr., Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, COGNOME e altri, Rv. 249163).
Analogamente, la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, Ferrario, Rv. 259142), ciò che – nel caso di specie, dove è stata sottolineata la gravità dei fatti e la sostanziale mitezza dell’aumento a titolo di continuazione rispetto a precedente condanna – non ricorre.
4. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di colpa emergenti dall’impugnazione (Corte cost., 13 giugno 2000, n. 186), nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 1’8 maggio 2024