Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione non Riesamina i Fatti
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è un terzo grado di merito. Quando un ricorso si basa su una presunta errata valutazione delle prove, la sua sorte è segnata e viene dichiarato ricorso inammissibile. Questo caso, relativo a un reato ambientale, offre uno spunto chiaro per comprendere i confini invalicabili del ricorso in Cassazione.
I Fatti di Causa
Il legale rappresentante di un consorzio era stato condannato dal Tribunale per il reato di stoccaggio non autorizzato di rifiuti, previsto dal Testo Unico Ambientale. L’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, basando la sua difesa su due motivi principali. In primo luogo, sosteneva che il giudice di merito avesse commesso un'”errata valutazione degli elementi di prova”, attribuendo la responsabilità dello stoccaggio dei rifiuti a lui, legale rappresentante del consorzio dal 2016, anziché al precedente conduttore dell’immobile. In secondo luogo, lamentava l’eccessività della pena inflittagli.
La Decisione della Corte: Un Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha respinto integralmente il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su argomentazioni nette che tracciano una linea di demarcazione chiara tra il giudizio di merito (primo grado e appello) e quello di legittimità (Cassazione).
Le Motivazioni
La Corte ha analizzato separatamente i due motivi di ricorso, evidenziandone la palese infondatezza e inammissibilità.
Il Primo Motivo: Il Divieto di Rivalutare i Fatti
La Cassazione ha subito chiarito che il primo motivo di ricorso era inaccoglibile. Contestare la “errata valutazione degli elementi di prova” costituisce una “doglianza in punto di fatto”. In altre parole, il ricorrente non stava lamentando una violazione di legge da parte del giudice, ma stava chiedendo alla Cassazione di riesaminare le prove (come testimonianze, documenti, ecc.) per giungere a una diversa ricostruzione dei fatti.
Questo tipo di richiesta è precluso in sede di legittimità. La Corte Suprema non è un “terzo giudice” che può decidere chi ha ragione o torto nel merito della vicenda, ma ha il solo compito di verificare che la legge sia stata applicata correttamente. Proporre una versione alternativa dei fatti, come ha fatto il ricorrente, si scontra frontalmente con i limiti strutturali del giudizio di Cassazione.
Il Secondo Motivo: La Congruità della Pena
Anche il secondo motivo, relativo all’eccessività della pena, è stato giudicato “manifestamente infondato”. I giudici hanno sottolineato che il Tribunale aveva fornito una motivazione logica e priva di vizi. Anzi, il giudice di merito aveva scelto di applicare una pena pecuniaria (una multa) al posto di quella detentiva, ritenendola congrua in relazione alla gravità del reato commesso. La scelta e la quantificazione della pena rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito e, se motivate adeguatamente, non sono sindacabili in Cassazione.
Le Conclusioni
L’ordinanza ribadisce un concetto cruciale: un ricorso inammissibile è la conseguenza inevitabile quando si tenta di trasformare la Corte di Cassazione in una terza istanza di giudizio sui fatti. Gli avvocati devono strutturare i ricorsi esclusivamente su questioni di diritto, come l’errata interpretazione di una norma o vizi procedurali. Ogni tentativo di rimettere in discussione l’apprezzamento delle prove operato dal giudice di merito è destinato al fallimento. La conseguenza per il ricorrente non è solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e un’ulteriore somma alla Cassa delle Ammende, rendendo il tentativo di ricorso ancora più oneroso.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile senza entrare nel merito di chi fosse il responsabile dei rifiuti?
Perché il ricorrente ha chiesto alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti e le prove, un’attività che non è permessa in sede di legittimità. La Corte può solo verificare la corretta applicazione della legge, non stabilire una nuova versione dei fatti.
È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove fatta da un Tribunale?
No, non direttamente. Un ricorso basato su una “errata valutazione degli elementi di prova” è considerato una doglianza di fatto e quindi inammissibile. Si può contestare solo un vizio logico o una palese contraddittorietà nella motivazione del giudice, non la sua scelta di credere a un testimone piuttosto che a un altro.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso penale?
Comporta la conferma definitiva della condanna. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, 3.000 euro) in favore della Cassa delle Ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46439 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46439 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 08/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a SERRAMAZZONI il 19/02/1953
avverso la sentenza del 20/06/2023 del TRIBUNALE di MODENA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che il primo motivo di impugnazione di COGNOME che contesta la correttezza della della motivazione posta/base della dichiarazione di responsabilità per il reato di cui all’art. 256 comma 1 lett. a) d.lg n. 152 del 2006, non è consentito dalla legge in sede di legittimità, perché è costituito da doglianza in punto di fatto, come desumibile dalla stessa epigrafe del motivo rubricato “errata valutazione degli elementi di prova” e diretto a prospettare una alternativa versione dei fatti secondo cui lo stoccaggio del rifiuti nel cortile del capannone fosse imputabile al precedente conduttore, genericamente indicato là dove il COGNOME risulta legale rappresentante del consorzio dal 2016.
Ritenuto che il secondo motivo di ricorso che lamenta l’eccessiva della pena è manifestamente infondato posto che il giudice ha, con motivazione immune da censure, irrogato la pena pecuniaria in luogo di quella detentiva, in misura che ha ritenuto congrua in relazione alla gravità del fatto.
Rilevato che pertanto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 1’08 novembre 2024
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Il Presidente