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Ricorso inammissibile: la valutazione della pena

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, ribadendo un principio fondamentale: la valutazione sulla congruità della pena è una prerogativa del giudice di merito. Il ricorso è stato respinto perché le questioni sollevate erano manifestamente infondate e non consentite nel giudizio di legittimità, confermando che la Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di grado inferiore, a meno che questa non sia palesemente illogica o arbitraria.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione e i Limiti sulla Valutazione della Pena

L’ordinanza in esame offre uno spunto cruciale per comprendere i confini del giudizio di legittimità e le ragioni per cui un ricorso inammissibile viene dichiarato tale. La Corte di Cassazione ha rigettato l’impugnazione di un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello, stabilendo che le doglianze relative alla misura della pena non possono trovare spazio in sede di legittimità, se non in casi eccezionali. Questo principio riafferma la netta distinzione tra il giudizio di merito e quello di legittimità, un pilastro del nostro sistema processuale.

I Fatti del Ricorso

Un soggetto condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello di Bologna ha proposto ricorso per Cassazione. Le sue censure si concentravano principalmente su due aspetti: la valutazione dei suoi precedenti penali ai fini della determinazione dell’abitualità e, soprattutto, la presunta eccessività della pena inflitta. Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello non aveva motivato in modo adeguato la quantificazione della sanzione e il bilanciamento tra le circostanze aggravanti e attenuanti.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda sulla constatazione che le questioni sollevate dall’imputato erano manifestamente infondate e, in parte, non consentite nel giudizio di legittimità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro alla Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: i limiti invalicabili del giudizio di legittimità

La Corte ha chiarito in modo inequivocabile le ragioni della sua decisione, basandosi su principi consolidati. In primo luogo, ha evidenziato che la graduazione della pena, ovvero la sua quantificazione concreta, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere deve essere esercitato seguendo i criteri indicati dagli articoli 132 e 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere del colpevole, ecc.).

La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito sulla congruità della pena. Un’impugnazione su questo punto è ammissibile solo se la decisione del giudice inferiore è frutto di “mero arbitrio o di ragionamento illogico” e priva di una “sufficiente motivazione”. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano correttamente tenuto conto anche dei precedenti penali per la valutazione complessiva, e la loro motivazione era stata ritenuta logica e sufficiente.

Analogamente, anche il giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti e attenuanti è un’attività discrezionale che sfugge al sindacato di legittimità, a patto che sia sorretta da una motivazione non arbitraria. Citando una sentenza delle Sezioni Unite (n. 10713/2010), la Corte ha ricordato che è sufficiente una motivazione che ritenga la soluzione dell’equivalenza tra le circostanze come la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena in concreto.

Le Conclusioni: implicazioni pratiche della pronuncia

Questa ordinanza è un monito importante per chi intende impugnare una sentenza di condanna in Cassazione. Non è sufficiente un generico dissenso sulla severità della pena per ottenere una revisione. È necessario dimostrare che la decisione del giudice di merito è viziata da un errore di diritto o da un’illogicità manifesta e macroscopica nella motivazione.

In assenza di tali vizi, il tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti o della congruità della pena si scontra inevitabilmente con una dichiarazione di ricorso inammissibile. Ciò comporta non solo la conferma della condanna, ma anche l’aggiunta di ulteriori oneri economici per il ricorrente, come il pagamento delle spese e della sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

Cosa significa che un ricorso è dichiarato inammissibile?
Significa che la Corte di Cassazione lo respinge senza entrare nel merito della questione, perché le ragioni presentate non rispettano i requisiti previsti dalla legge. Ad esempio, si chiede alla Corte di valutare elementi (come la congruità della pena) che sono di competenza esclusiva dei giudici di primo e secondo grado.

La Corte di Cassazione può ridurre una pena ritenuta troppo alta?
No, non direttamente. La Cassazione non può sostituire la sua valutazione a quella del giudice di merito sulla misura della pena. Può annullare la sentenza e rimandarla a un altro giudice solo se la motivazione sulla quantificazione della pena è totalmente assente, palesemente illogica o arbitraria.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la condanna impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con un importo di 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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