Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 848 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 848 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME nata a Salerno il 24/11/1995
avverso l’ordinanza del 15/06/2023 del Tribunale del riesame di Salerno letti gli atti, il ricorso e l’ordinanza impugnata; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni del difensore, avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il difensore di NOME ha proposto ricorso avverso l’ordinanza in epigrafe con la quale il Tribunale del riesame di Salerno ha confermato quella genetica, emessa dal GIP del medesimo Tribunale, che aveva applicato all’indagata la misura custodiale per il reato di partecipazione all’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di reati di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 90, in particolare, ad introdurre sostanze stupefacenti all’interno della Casa circondariale di Salerno (capo 1) e numerosi
reati fine (capi 3, 4 e 47), contestualmente annullando l’ordinanza per il reato di associazione per delinquere, oggetto del capo 2).
Ne chiede l’annullamento per i seguenti motivi.
1.1 Con il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 292 cod. proc. pen. per mancanza di autonoma valutazione.
Il GIP si sarebbe limitato a rinviare agli esiti dell’attività di indagine contenuti nella richiesta cautelare e il Tribunale del riesame non avrebbe fornito risposta esaustiva all’eccezione di nullità formulata sia in punto di gravità indiziaria che di esigenze cautelari; non si sarebbe limitato ad integrare la motivazione, ma si sarebbe persino sostituito al giudice nell’esaminare le fonti di prova, nell’individuare i gravi indizi di colpevolezza e nell’analizzare i precedenti penali su cui fondare la prognosi di recidiva.
1.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge in relazione all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 90 e plurimi vizi della motivazione in relazione al reato associativo.
Il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto sussistenti i gravi indizi a carico dell’indagata, la cui partecipazione associativa è fondata su supposizioni, in quanto la COGNOME cede sostanza stupefacente, anche all’interno del carcere, ma al di fuori di un contesto associativo. La circostanza che ella si impegni a saldare i debiti del COGNOME, del quale è innamorata, dimostra che non è un’associata; cede sostanza alla compagna del COGNOME, ma senza condividere gli utili. Nel caso di specie mancano gli elementi costitutivi del reato associativo, potendo al più ravvisarsi un mero concorso nei reati di cessione di sostanze stupefacenti; manca il vincolo permanente, l’esercizio continuativo dell’attività illecita e il dolo specifico, né la ricorrente era consapevole di fare gli interessi dell’associazione né ne conosceva struttura e dinamiche.
1.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizi di motivazione in relazione alle esigenze cautelari, non solo per mancanza di attualità e concretezza delle esigenze cautelari per reati commessi in epoca non recente, ma perché la misura applicata è eccessiva, risultando gli arresti domiciliari idonei ad impedire il pericolo di recidiva, anche in considerazione dei dedotti problemi di salute della ricorrente, che il Tribunale del riesame non ha valutato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per genericità dei motivi.
1.1. Il primo motivo è inammissibile perché meramente oppositivo e reiterativo, in quanto non tiene conto della motivazione resa dal Tribunale, che ha dato atto della valutazione, sebbene sintetica, compiuta dal giudice della cautela per ogni imputazione e della motivazione unitaria resa in punto di esigenze cautelari per posizioni omogenee, con riferimento al ruolo svolto da
ciascun indagato. E’ consolidato il principio secondo il quale l’autonoma valutazione del giudice é compatibile con la redazione dell’ordinanza con la tecnica c.d. dell'”incorporazione” con condivisione delle considerazioni già espresse da altri, giacché autonoma valutazione non vuol dire valutazione diversa o necessariamente difforme, purché dal contenuto complessivo del provvedimento emerga la conoscenza degli atti e la rielaborazione critica degli elementi sottoposti al vaglio giurisdizionale (Sez. 5, n. 1304 del 24/09/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275339).
1.2. Né d’altro canto la ricorrente ha indicato gli aspetti della motivazione in relazione ai quali l’asserita accettazione acritica della prospettazione accusatoria ha impedito apprezzamenti di segno contrario e di tale rilevanza da condurre a conclusioni diverse da quelle adottate. E’, quindi, necessario, pena la genericità della censura, che sia delineata la rilevanza causale dell’omissione valutativa denunciata (Sez. 1, n. 46447 del 16/10/2019, Firozpoor, Rv. 277496) e, a fronte di una eccezione generica, come nella specie, il Tribunale del riesame non è tenuto a fornire una motivazione più articolata e ad indicare specificamente le pagine ed i passaggi del provvedimento impugnato in cui rinvenire detta autonoma valutazione (Sez. 2, n. 42333 del 12/09/2019, COGNOME, Rv. 278001).
2. Parimenti inammissibile per genericita e il secondo motivo.
Il Tribunale ha illustrato l’accordo, la struttura verticistica e l’articolazione del gruppo criminale, composto dai detenuti destinatari dello stupefacente da vendere in carcere (e dei telefonini, ugualmente destinati alla vendita, oltre che essenziali per i contatti con l’esterno), dai referenti esterni e dalle donne- mogli e fidanzate dei detenuti- disposte a procurare, occultare nei pacchi destinati ai detenuti o consegnare nel corso dei colloqui le sostanze stupefacenti; ha dato atto del collegamento costante esistente tra i detenuti e l’esterno, dei metodi utilizzati per introdurre lo stupefacente in carcere – principalmente mediante lanci oltre la recinzione o mediante droni – e dei sistemi di pagamento utilizzati; del ruolo apicale degli “ebolitani” e dell’alleanza con i “napoletani”, della posizione subalterna dei fiduciari del vertice e dei detenuti incaricati delle cessioni e delle riscossioni violente, emerse dalle intercettazioni e dalle dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia, protagonisti diretti delle vicende, per aver assistito ai traffici illeciti.
In tale sistema illecito, puntualmente delineato, è stato collocato e ritenuto centrale il ruolo della ricorrente, incaricata dei rifornimenti e di reperire lo stupefacente non solo per il Nisi, ma anche per altri detenuti in momenti di difficoltà o fibrillazione, conseguenti a perquisizioni e sequestri operati dagli inquirenti. Proprio tale circostanza è stata valorizzata dal Tribunale, che ha attribuito pari rilievo alla circostanza che fossero gli associati a rivolgersi alla
ricorrente perché consapevoli della disponibilità e della sua possibilità di soddisfare le loro esigenze e che fosse la stessa ricorrente a preoccuparsi delle loro esigenze ed a garantire l’approvvigionamento per il funzionamento del sistema.
Con argomentazioni lineari e logiche il Tribunale ha confutato le censure difensive, riproposte nel ricorso, sia in ordine al sentimento provato dalla ricorrente per il COGNOME sia alla mancata condivisione degli utili con il COGNOME (v. pag. 33), trattandosi di rilievi non in grado di sminuire la valenza probatoria dei colloqui intercettati e delle fonti dichiarative convergenti sul sistema creato e sulla capacità della ricorrente di procurare e cedere stupefacenti di varia natura anche ad una vasta clientela con modalità seriali e metodo sicuro (numerosissime sono le cessioni, oggetto del capo 47, realizzate utilizzando un’utenza dedicata, v. pag. da 33 a 43).
Risulta, pertanto, congrua, logica e coerente la motivazione resa in ordine all’addebito associativo, cui il ricorso si limita a contrapporre una lettura alternativa e riduttiva delle condotte della ricorrente, isolandole dal contesto scoperto e privandole della funzionalità emersa, diretta a garantire il mantenimento del sistema illecito all’interno del carcere e in favore dei sodali.
Anche in punto di esigenze cautelari l’ordinanza si sottrae a censure, risultando ampiamente motivato il pericolo di recidiva, attuale e concreto, desunto sia dall’abilità e dalla capacità dimostrata dalla ricorrente, sia dal numero delle cessioni e dalla non occasionalità delle condotte, oltre che dalla personalità negativa della ricorrente, gravata da precedenti per reati contro il patrimonio ed in materia di stupefacenti, che depongono per una radicata propensione a delinquere.
Anche la scelta della misura è giustificata con motivazione adeguata, che valorizza la insensibilità al rispetto delle regole, rimarcando la circostanza che l’indagata ha continuato ad agire anche dopo i sequestri eseguiti, e dà atto della insussistenza di condizioni incompatibili con il regime detentivo.
Per le ragioni esposte il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, equitativamente determinata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Il Presidente
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen. Così deciso, 22 novembre 2023
Il consiglierg estensore