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Ricorso inammissibile: la valutazione del giudice

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’indagata accusata di partecipazione a un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti in carcere. I motivi, ritenuti generici e ripetitivi, contestavano la mancanza di autonoma valutazione del giudice e l’insussistenza del reato associativo. La Corte ha confermato la validità della misura cautelare, sottolineando che un ricorso inammissibile non consente un esame del merito.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Genericità Sbarra la Via alla Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 848/2024, ha offerto un importante chiarimento sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi, dichiarando un ricorso inammissibile presentato contro un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Il caso riguardava un’indagata accusata di far parte di un’associazione criminale dedita all’introduzione di droga in un istituto penitenziario. Questa pronuncia sottolinea un principio fondamentale: per accedere al giudizio di legittimità, non basta dissentire, ma è necessario formulare censure specifiche e pertinenti, evitando la mera ripetizione di argomenti già respinti.

Il Contesto: Traffico di Stupefacenti e Misura Cautelare

L’indagine aveva portato alla luce un’organizzazione criminale che gestiva l’introduzione e lo spaccio di sostanze stupefacenti all’interno di una casa circondariale. Secondo l’accusa, l’indagata svolgeva un ruolo centrale, occupandosi dei rifornimenti e del reperimento della droga non solo per il proprio compagno detenuto, ma anche per altri membri del gruppo, garantendo così la continuità dell’attività illecita. Sulla base di questi elementi, il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) aveva emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, confermata successivamente dal Tribunale del riesame.

I Motivi del Ricorso: Una Difesa a Tre Punte

La difesa dell’indagata ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre principali motivi di contestazione.

La Presunta Mancanza di Autonoma Valutazione

Il primo motivo denunciava la violazione dell’articolo 292 del codice di procedura penale. Secondo la difesa, sia il GIP che il Tribunale del riesame non avrebbero compiuto un’autonoma valutazione degli indizi, limitandosi a recepire acriticamente le argomentazioni della richiesta del Pubblico Ministero. In sostanza, si contestava un vizio di motivazione per “incorporazione” passiva degli atti d’accusa.

L’Insussistenza del Reato Associativo

Con il secondo motivo, si contestava la configurabilità del reato associativo (art. 74 d.P.R. 309/90). La difesa sosteneva che le azioni dell’indagata fossero dettate da un legame sentimentale con uno dei detenuti e non dalla volontà di affiliarsi a un’organizzazione criminale. Mancavano, a suo dire, gli elementi costitutivi del reato, come il vincolo permanente, l’esercizio continuativo dell’attività illecita e la consapevolezza di agire per gli interessi del sodalizio.

L’Eccessività della Misura Cautelare

Infine, il terzo motivo riguardava le esigenze cautelari. La difesa riteneva la misura della custodia in carcere eccessiva e sproporzionata, sostenendo che gli arresti domiciliari sarebbero stati sufficienti a contenere il pericolo di recidiva, anche in considerazione di alcuni problemi di salute dell’indagata.

La Decisione della Cassazione: Perché il Ricorso Inammissibile è Stato Confermato

La Corte di Cassazione ha rigettato tutte le argomentazioni difensive, dichiarando il ricorso integralmente inammissibile per genericità dei motivi.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che il primo motivo era meramente oppositivo e reiterativo. I giudici hanno ribadito un principio consolidato: la tecnica dell'”incorporazione” è legittima quando dal provvedimento emerge che il giudice ha comunque compiuto una rielaborazione critica degli elementi. Nel caso di specie, l’indagata non aveva specificato quali aspetti fossero stati omessi e come una valutazione diversa avrebbe potuto portare a conclusioni differenti.

Anche il secondo motivo è stato giudicato generico. Il Tribunale del riesame aveva adeguatamente delineato la struttura dell’organizzazione e il ruolo centrale dell’indagata. La Corte ha sottolineato che il movente personale (il legame affettivo) non esclude la partecipazione all’associazione, se la condotta si inserisce funzionalmente nelle dinamiche del gruppo criminale. Il suo compito di reperire stupefacenti, specialmente in momenti di difficoltà per il sodalizio, dimostrava piena consapevolezza e adesione al progetto criminale.

Infine, per quanto riguarda le esigenze cautelari, la Cassazione ha ritenuto la motivazione del Tribunale del riesame congrua e logica. Il pericolo di recidiva era stato correttamente desunto dall’abilità dimostrata, dalla non occasionalità delle condotte, dai precedenti penali e dalla perseveranza dell’indagata anche dopo i sequestri subiti, elementi che indicavano una radicata propensione a delinquere e un’insensibilità al rispetto delle regole.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rappresenta un monito sulla necessaria specificità dei ricorsi per cassazione. Non è sufficiente riproporre le medesime doglianze già esaminate e respinte nei gradi di merito. Per evitare una declaratoria di ricorso inammissibile, è indispensabile articolare censure precise, che mettano in luce vizi di legittimità specifici della decisione impugnata e dimostrino la loro rilevanza causale sull’esito del giudizio. In assenza di tali requisiti, l’accesso al supremo grado di giurisdizione rimane precluso, confermando le decisioni dei giudici di merito.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile per genericità?
Un ricorso è dichiarato inammissibile per genericità quando si limita a ripetere argomenti già respinti nei gradi precedenti senza confrontarsi specificamente con la motivazione della sentenza impugnata, oppure quando solleva critiche vaghe senza indicare come un presunto errore di diritto avrebbe potuto cambiare la decisione finale.

Agire per motivi personali, come un legame affettivo, esclude la partecipazione a un’associazione per delinquere?
No. Secondo la sentenza, il movente personale non è di per sé sufficiente a escludere la partecipazione a un’associazione criminale. Ciò che rileva è il contributo funzionale e consapevole fornito al mantenimento e al funzionamento del sodalizio, indipendentemente dalle ragioni personali che spingono ad agire.

L’obbligo di ‘autonoma valutazione’ impedisce a un giudice di richiamare gli atti del Pubblico Ministero?
No. Il principio di autonoma valutazione non vieta al giudice di redigere un’ordinanza utilizzando la tecnica della cosiddetta ‘incorporazione’ (cioè richiamando parti di altri atti, come la richiesta del PM). Tale tecnica è legittima a condizione che dal contenuto complessivo del provvedimento emerga chiaramente che il giudice ha effettuato una conoscenza e una rielaborazione critica degli elementi, facendo proprie le conclusioni in modo consapevole.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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