Ricorso inammissibile: quando la Cassazione non può riesaminare i fatti
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. Quando un ricorso si limita a criticare la valutazione dei fatti compiuta dal giudice precedente, senza individuare specifiche violazioni di legge, il suo esito è segnato: si tratta di un ricorso inammissibile. Questo caso offre uno spunto prezioso per comprendere i confini del sindacato della Suprema Corte, specialmente in materia di misure alternative alla detenzione.
I fatti del caso: la richiesta di detenzione domiciliare negata
Il ricorrente, condannato a una pena di tre anni di reclusione per reati legati al traffico di sostanze stupefacenti, aveva presentato istanza per ottenere la misura della detenzione domiciliare. Il Tribunale di sorveglianza, tuttavia, aveva respinto la richiesta. Contro questa decisione, il difensore del condannato proponeva ricorso in Cassazione, lamentando una violazione di legge e una carenza di motivazione da parte del provvedimento impugnato.
L’analisi della Corte e il principio del ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione, nell’esaminare il ricorso, lo ha immediatamente qualificato come inammissibile per diverse ragioni. Innanzitutto, i motivi proposti non sollevavano questioni di diritto, ma si concentravano su “profili di mero fatto”. In altre parole, il ricorrente non contestava una errata applicazione della legge, ma piuttosto il modo in cui il Tribunale di sorveglianza aveva valutato la sua personalità e la sua idoneità alla misura alternativa. Questo tipo di doglianza esula dalle competenze della Cassazione.
I limiti del giudizio di legittimità
Il ruolo della Corte di Cassazione, nota come giudice di legittimità, è quello di assicurare la corretta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge. Non può, quindi, sostituire la propria valutazione dei fatti a quella compiuta dai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello), a meno che la motivazione di questi ultimi non sia manifestamente illogica, contraddittoria o del tutto assente. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che il provvedimento del Tribunale di sorveglianza fosse, al contrario, logico e ben motivato.
Le motivazioni della decisione
La decisione impugnata aveva chiarito in modo dettagliato perché il condannato non fosse ritenuto idoneo alla detenzione domiciliare. Le motivazioni si basavano su elementi concreti emersi durante il processo. In primo luogo, non era emerso alcun segnale di una revisione critica del proprio comportamento illegale. Anzi, dalla stessa sentenza di condanna risultava che l’imputato aveva ammesso di aver effettuato altri trasporti di sostanze stupefacenti per quantitativi ingenti (in chili).
L’elemento decisivo, tuttavia, era stato il tentativo, avvenuto tramite familiari, di “fare pulizia”, ovvero di occultare altro stupefacente custodito in un diverso luogo di deposito. Questo comportamento, secondo il Tribunale di sorveglianza, dimostrava in modo inequivocabile l’intrinseca inidoneità del soggetto a beneficiare di una misura alternativa, che presuppone un minimo di affidabilità e un percorso di ravvedimento.
Le conclusioni
La Corte di Cassazione, confermando la logicità di tale ragionamento, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, a causa della colpa nell’aver promosso un’impugnazione palesemente priva di fondamento. Questa ordinanza serve da monito: un ricorso in Cassazione deve essere costruito su solide argomentazioni giuridiche, non su un tentativo di rimettere in discussione l’apprezzamento dei fatti già vagliato dai giudici di merito.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché contestava profili di mero fatto, ovvero la valutazione del giudice sulla personalità del condannato, anziché sollevare questioni sulla corretta applicazione della legge, unico ambito di competenza della Corte di Cassazione.
Quali elementi hanno dimostrato l’inidoneità del condannato alla detenzione domiciliare?
L’inidoneità è emersa dalla mancanza di una revisione critica del proprio passato criminale, dall’ammissione di aver compiuto altri trasporti di ingenti quantità di stupefacenti e, soprattutto, dal tentativo di occultare altra droga tramite i familiari.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Oltre a rendere definitiva la decisione impugnata, la dichiarazione di inammissibilità ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19855 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19855 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 10/01/1984
avverso l ‘
ordinanza del 17/12/2024 del Tribunale di sorveglianza di Milano
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che, con il provvedimento impugnato, è stata rigettata la richiesta del condannato di detenzione domiciliare relativa all ‘ esecuzione della pena detentiva di anni tre di reclusione irrogatagli per il reato di cui agli artt. 73 e 80 d. P.R. n. 309 del 1990.
Ritenuto che il motivo unico proposto a mezzo del difensore, avv. NOME COGNOME inosservanza di legge penale e violazione dell ‘art. 47-ter, comma 1bis, Ord. pen. ), si configura come doglianza inammissibile in quanto attinente a profili di mero fatto, non specifica rispetto all ‘ indicazione delle ragioni di fatto e di diritto che la sorregge, nonché manifestamente infondata, poiché il denunciato vizio di carenza motivazionale non t rova riscontro nell’esame del provvedimento impugnato.
Considerato che il provvedimento gravato ha chiarito, con valutazione di
merito, dandone conto con motivazione non manifestamente illogica, dunque incensurabile in questa sede, come non emerga l ‘ avvio di revisione critica rispetto alle condotte per le quali il ricorrente ha riportato condanna e che anzi, emerge dalla stessa sentenza di condanna, che vi sono stati altri trasporti di stupefacente, in chili, come ammesso dallo stesso COGNOME in sede di interrogatorio, nonché il tentativo, attraverso familiari, di ‘fare pulizia’ , cioè, di non far reperire altro stupefacente che evidentemente era custodito presso altro luogo di deposito (di qui la logica conclusione dell ‘ intrinseca inidoneità della misura alternativa richiesta).
Ritenuto che, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna alle spese processuali, nonché (v. Corte Cost. n. 186 del 13 giugno 2000), valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen. con l’onere del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, determinata equitativamente.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 3 aprile 2025