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Ricorso inammissibile: la valutazione dei fatti

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio. La Suprema Corte ribadisce che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti o le prove, come la testimonianza degli agenti, ma di verificare la corretta applicazione della legge. Anche la richiesta di attenuanti è stata respinta, confermando che il ricorso inammissibile non può essere utilizzato per ottenere una terza valutazione del merito.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Perché la Cassazione non Riesamina i Fatti

L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 18716/2024 offre un chiaro esempio di un principio fondamentale del nostro sistema giudiziario: i limiti del giudizio di legittimità. Quando un ricorso viene dichiarato ricorso inammissibile, significa che la richiesta dell’imputato non supera il vaglio preliminare della Corte, spesso perché si tenta di trasformare il giudizio di Cassazione in un terzo grado di merito, cosa non consentita. Analizziamo il caso specifico per comprendere meglio le ragioni di tale decisione.

I Fatti del Processo

Un uomo veniva condannato in primo grado dal Tribunale e successivamente dalla Corte d’Appello per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti (marijuana e hashish) in concorso con un’altra persona. La condanna si basava su prove solide, tra cui l’osservazione diretta da parte degli agenti di polizia di uno scambio di droga contro denaro. L’imputato, non rassegnato alla condanna, decideva di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando principalmente un’errata valutazione delle prove e la mancata concessione di circostanze attenuanti.

Le ragioni del ricorso inammissibile

Il ricorrente basava la sua difesa su due punti principali:

1. Vizio di motivazione sulla responsabilità: Sosteneva che i giudici di merito avessero errato nel ricostruire i fatti, dando più peso alla testimonianza degli agenti di polizia piuttosto che a quella dell’acquirente della droga. In pratica, chiedeva alla Cassazione di rivalutare le prove e offrire una nuova interpretazione dei fatti.
2. Mancata concessione delle attenuanti: Si doleva del fatto che non gli fossero state riconosciute né l’attenuante del danno di lieve entità (art. 62 n. 4 c.p.) né le attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.), che avrebbero comportato una riduzione della pena.

L’Analisi della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato completamente le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione della Corte si fonda su principi procedurali molto chiari. Per quanto riguarda il primo punto, la Corte ha ribadito che il suo compito non è quello di riesaminare i fatti del processo. I giudici di primo e secondo grado hanno il compito di accertare come si sono svolti gli eventi e valutare le prove. La Cassazione, invece, è un giudice di ‘legittimità’, il cui ruolo è verificare che i giudici precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e non contraddittorio. Chiedere di preferire una testimonianza rispetto a un’altra è una richiesta di valutazione del merito, preclusa in sede di legittimità.

La Questione delle Attenuanti

Anche le censure relative alle attenuanti sono state giudicate manifestamente infondate. La Corte ha chiarito due aspetti importanti:

* Attenuante del danno lieve: Il diniego non si basava solo sulla quantità di droga venduta in quella specifica occasione, ma sulla quantità complessiva trovata nella disponibilità degli imputati, che evidentemente non era considerata così esigua.
* Attenuanti generiche: La loro concessione richiede la presenza di elementi positivi e meritevoli di considerazione riguardo alla vita o alla condotta dell’imputato. La semplice menzione delle proprie ‘condizioni di vita’ non è sufficiente, in assenza di altri fattori, a giustificare una riduzione della pena. La valutazione del giudice di merito, seppur sintetica, è stata ritenuta adeguata.

Le Motivazioni

La motivazione principale dietro la dichiarazione di inammissibilità risiede nella natura stessa del ricorso. Esso era volto a sollecitare un ‘diverso apprezzamento delle risultanze acquisite’, ovvero una nuova valutazione delle prove e dei fatti, compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Corte di Cassazione ha confermato la coerenza e la logicità della ricostruzione operata nei gradi precedenti, basata sull’osservazione diretta dello scambio da parte degli agenti operanti, che avevano anche riconosciuto gli imputati avendoli già identificati in circostanze analoghe. Pertanto, la tesi difensiva è stata considerata un tentativo inammissibile di ottenere un terzo grado di giudizio sui fatti.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma un principio cardine del processo penale: il ricorso per Cassazione non può diventare un appello mascherato. Le parti non possono utilizzare questo strumento per rimettere in discussione l’accertamento dei fatti così come cristallizzato nelle sentenze di primo e secondo grado, a meno che non emerga un vizio logico palese e incontrovertibile nella motivazione. La decisione ha comportato per il ricorrente non solo la conferma definitiva della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria di tremila euro alla Cassa delle Ammende. Questo serve da monito sull’importanza di strutturare un ricorso in Cassazione esclusivamente su questioni di diritto o vizi di motivazione evidenti, e non su un disaccordo circa la valutazione delle prove.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché l’imputato chiedeva una nuova valutazione dei fatti e delle prove, come la scelta tra la testimonianza degli agenti e quella dell’acquirente. Questo tipo di valutazione è di competenza dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) e non della Corte di Cassazione, che si limita a un controllo sulla corretta applicazione della legge.

È possibile contestare in Cassazione la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito?
No, non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove per arrivare a una diversa ricostruzione dei fatti. Il ricorso è ammesso solo se si contesta un errore nell’applicazione della legge (errores in iudicando) o un vizio logico grave e manifesto nella motivazione della sentenza (errores in procedendo), non una semplice divergenza di valutazione.

Perché non sono state concesse le attenuanti all’imputato?
Le attenuanti non sono state concesse per due ragioni: l’attenuante del danno di particolare tenuità è stata negata considerando non solo la droga venduta, ma la quantità complessiva a disposizione degli imputati. Le attenuanti generiche sono state negate per l’assenza di elementi positivi concreti che potessero giustificare una riduzione della pena, ritenendo insufficiente il generico richiamo alle condizioni di vita del ricorrente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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