Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11137 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11137 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 20/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BARI il 07/03/1998
avverso la sentenza del 22/01/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto che, con sentenza emessa in data 22 gennaio 2024, la Corte di appello di Bari ha confermato, quanto alla responsabilità penale e alla pena, la sentenza del Tribunale di Bari del 9 maggio 2023, con la quale l’imputato COGNOME era stato condannato alla pena sospesa di anni due di reclusione ed euro 4.000,00 di multa, per il reato di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, perché, senza autorizzazione, deteneva illecitamente, al fine di cederla a terzi, sostanza stupefacente del tipo cocaina, per un peso lordo complessivo di 125,719 grammi, suddivisi in 40 dosi singole, di parte del quale cercava di disfarsi gettandola dalla propria abitazione nell’atrio adiacente di pertinenza dell’immobile confinante;
che, avverso la sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, censurando: 1) il difetto di motivazione in ordine alla pretesa riferibilità a lui del sostanza stupefacente rinvenuta nel cortile attiguo alla sua abitazione; 2) la violazione di legge, nonché i vizi motivazionali, relativamente al diniego delle circostanze attenuanti generiche di cui all’art. 62-bis cod. pen., malgrado la sussistenza di elementi positivi di segno contrario.
Considerato che il ricorso è inammissibile;
che il primo motivo di censura è inammissibile, poiché diretto a sollecitare una rivalutazione di merito preclusa in sede di legittimità, sulla base di un’alternativa “rilettura” del quadro probatorio, già adeguatamente valutato dai giudici di merito, con coerenti e conformi argomentazioni;
che, in particolare, la Corte di appello ha evidenziato, con motivazione pienamente logica e scevra da contraddizioni, come fosse del tutto ragionevole ritenere che l’imputato – che, intento a confezionare sostanza stupefacente del tipo cocaina da cedere, gettandola anche attraverso il balcone della sua abitazione, una volta accortosi della presenza dei militari alla porta, la chiudeva sbattendola violentemente, impendendo agli operanti di entrare se non dopo averla sfondata – avesse chiuso l’ingresso per disfarsi quanto meno del pezzo singolo di maggior peso della medesima sostanza che era intento a confezionare;
che, invero, il lasso temporale intercorso prima dell’ingresso degli operanti nell’immobile risultava congruo a percorrere gli spazi dell’abitazione necessari al tentato occultamento della sostanza, apparendo peraltro inverosimile la circostanza che lo stupefacente rinvenuto sia stato lasciato incustodito sul manto stradale da terzi;
che anche il secondo motivo di doglianza deve ritenersi inammissibile, in quanto afferente al trattamento punitivo che, contrariamente a quanto prospettato dalla difesa, appare sorretto da sufficiente e logica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive;
che, nel caso di specie, i giudici di merito hanno compiutamente motivato i diniego delle invocate circostanze, evidenziando, non solo la parziale ammission degli addebiti, bensì anche il considerevole quantitativo di cocaina rinvenuto, da consentire di ricavarne 632 dosi medie singole droganti, pur essendo l’imputat disoccupato, a dimostrazione del fatto che evidentemente costui traeva dall spaccio le somme necessarie al proprio sostentamento;
che, del resto, la sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai dell’art. 62-bis cod. pen. è oggetto di un giudizio di fatto e può essere esclusa da giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propri decisione, di talché la stessa motivazione, purché congrua e non contraddittori non può essere sindacata in Cassazione (ex multís, Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Rv. 259899; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Rv. 248244);
che, tenuto conto della sentenza del 13 giugno 2000, n. 86, della Cort costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per rit che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazio della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesi consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2024.