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Ricorso inammissibile: la ripetitività dei motivi

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un automobilista condannato per guida in stato di ebbrezza. Il ricorso è stato giudicato manifestamente infondato perché i motivi addotti erano una mera reiterazione di quelli già respinti in appello, senza un confronto critico con la motivazione della sentenza impugnata. La Corte ha inoltre chiarito che l’omesso avviso di deposito degli atti da parte del PM costituisce una mera irregolarità e non una causa di nullità.

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Pubblicato il 21 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione Boccia i Motivi Ripetitivi

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: presentare un ricorso inammissibile, che si limiti a ripetere le stesse argomentazioni già respinte in appello, porta a una declaratoria di inammissibilità. Questo caso, nato da una condanna per guida in stato di ebbrezza, offre spunti cruciali sulla corretta redazione degli atti di impugnazione e sulla distinzione tra vizi procedurali gravi e mere irregolarità.

I Fatti del Caso

Un automobilista veniva condannato sia in primo grado dal Tribunale di Mantova che in secondo grado dalla Corte di Appello di Brescia per il reato di guida in stato di ebbrezza, aggravato da specifiche circostanze. La condanna consisteva in una pena detentiva di due mesi di arresto e una multa di 2.000 euro, entrambe sospese.

Non rassegnato, l’imputato, tramite il suo difensore di fiducia, proponeva ricorso per Cassazione, lamentando due presunti vizi procedurali che, a suo dire, avrebbero dovuto invalidare l’intero processo.

Le Doglianze e il Principio del Ricorso Inammissibile

L’imputato basava il suo ricorso su due motivi principali, entrambi di natura procedurale:

1. Erronea applicazione dell’art. 366 del codice di procedura penale: Si contestava il tardivo deposito di alcuni atti di indagine nella segreteria del Pubblico Ministero e il conseguente omesso avviso al difensore.
2. Violazione dell’art. 347 del codice di procedura penale: Si lamentava un’irregolarità nella comunicazione della notizia di reato.

La Corte di Cassazione ha stroncato entrambe le argomentazioni, dichiarando il ricorso inammissibile nel suo complesso. La ragione di fondo è che le doglianze erano una semplice riproposizione dei motivi già presentati e motivatamente respinti dalla Corte d’Appello, senza alcun confronto critico con le argomentazioni contenute nella sentenza di secondo grado.

L’Omesso Avviso di Deposito Atti: una Semplice Irregolarità

Per quanto riguarda il primo motivo, la Suprema Corte ha confermato la correttezza della decisione d’appello. L’omesso avviso al difensore del deposito degli atti compiuti dal Pubblico Ministero o dalla polizia giudiziaria non costituisce una causa di nullità. Si tratta, infatti, di una mera irregolarità che incide unicamente sulla decorrenza dei termini a disposizione della difesa per esercitare i propri diritti, come l’esame degli atti e la richiesta di copie. Tale omissione non rientra tra le nullità assolute previste dall’art. 178 c.p.p., che riguardano la presenza e l’intervento del difensore durante il compimento dell’atto, non le comunicazioni successive.

L’Irrilevanza dell’Irregolarità della Notizia di Reato

Anche la seconda censura è stata ritenuta manifestamente infondata. La Corte ha sottolineato che, pur potendo esserci stata un’irregolarità formale nella comunicazione della notizia di reato, questa era del tutto priva di rilievo pratico. Ciò in quanto il testimone della polizia giudiziaria aveva compiutamente riferito in dibattimento su tutta l’attività di indagine svolta, sanando di fatto qualsiasi potenziale vizio formale.

le motivazioni

La decisione della Corte si fonda su un principio consolidato: il ricorso per cassazione non può essere una sterile ripetizione dei motivi d’appello. L’imputato ha l’onere di confrontarsi criticamente con la sentenza impugnata, spiegando perché le argomentazioni del giudice di secondo grado siano errate. Limitarsi a riproporre le stesse lamentele, ignorando le risposte già fornite, trasforma il ricorso in un atto generico e, di conseguenza, inammissibile.

La Corte distingue nettamente tra irregolarità procedurali, che non compromettono la validità degli atti, e nullità, che invece ne determinano l’inefficacia. Nel caso di specie, i vizi lamentati dall’imputato sono stati correttamente qualificati come mere irregolarità, incapaci di inficiare l’esito del processo.

le conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per la difesa. Per evitare una declaratoria di ricorso inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, è indispensabile che l’atto di impugnazione non sia una copia dei motivi d’appello, ma un’analisi critica e puntuale della decisione di secondo grado. È necessario evidenziare le specifiche illogicità o violazioni di legge commesse dal giudice d’appello, argomentando in modo specifico e pertinente. In assenza di questo sforzo critico, il ricorso è destinato a un’inevitabile dichiarazione di inammissibilità.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si limitava a riproporre gli stessi motivi già presentati e respinti nel giudizio d’appello, senza confrontarsi criticamente con le argomentazioni della sentenza impugnata. Questo comportamento rende il ricorso generico e privo dei requisiti di legge.

L’omesso avviso al difensore del deposito degli atti di indagine è una causa di nullità del processo?
No. Secondo la Corte di Cassazione, si tratta di una mera irregolarità che non incide sulla validità o utilizzabilità degli atti. Rileva solo ai fini della decorrenza del termine entro cui la difesa può esercitare i propri diritti, come l’esame degli atti e la richiesta di copie.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso fissata in 3.000 euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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