Ricorso Inammissibile: la Cassazione Boccia i Motivi Ripetitivi
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: presentare un ricorso inammissibile, che si limiti a ripetere le stesse argomentazioni già respinte in appello, porta a una declaratoria di inammissibilità. Questo caso, nato da una condanna per guida in stato di ebbrezza, offre spunti cruciali sulla corretta redazione degli atti di impugnazione e sulla distinzione tra vizi procedurali gravi e mere irregolarità.
I Fatti del Caso
Un automobilista veniva condannato sia in primo grado dal Tribunale di Mantova che in secondo grado dalla Corte di Appello di Brescia per il reato di guida in stato di ebbrezza, aggravato da specifiche circostanze. La condanna consisteva in una pena detentiva di due mesi di arresto e una multa di 2.000 euro, entrambe sospese.
Non rassegnato, l’imputato, tramite il suo difensore di fiducia, proponeva ricorso per Cassazione, lamentando due presunti vizi procedurali che, a suo dire, avrebbero dovuto invalidare l’intero processo.
Le Doglianze e il Principio del Ricorso Inammissibile
L’imputato basava il suo ricorso su due motivi principali, entrambi di natura procedurale:
1. Erronea applicazione dell’art. 366 del codice di procedura penale: Si contestava il tardivo deposito di alcuni atti di indagine nella segreteria del Pubblico Ministero e il conseguente omesso avviso al difensore.
2. Violazione dell’art. 347 del codice di procedura penale: Si lamentava un’irregolarità nella comunicazione della notizia di reato.
La Corte di Cassazione ha stroncato entrambe le argomentazioni, dichiarando il ricorso inammissibile nel suo complesso. La ragione di fondo è che le doglianze erano una semplice riproposizione dei motivi già presentati e motivatamente respinti dalla Corte d’Appello, senza alcun confronto critico con le argomentazioni contenute nella sentenza di secondo grado.
L’Omesso Avviso di Deposito Atti: una Semplice Irregolarità
Per quanto riguarda il primo motivo, la Suprema Corte ha confermato la correttezza della decisione d’appello. L’omesso avviso al difensore del deposito degli atti compiuti dal Pubblico Ministero o dalla polizia giudiziaria non costituisce una causa di nullità. Si tratta, infatti, di una mera irregolarità che incide unicamente sulla decorrenza dei termini a disposizione della difesa per esercitare i propri diritti, come l’esame degli atti e la richiesta di copie. Tale omissione non rientra tra le nullità assolute previste dall’art. 178 c.p.p., che riguardano la presenza e l’intervento del difensore durante il compimento dell’atto, non le comunicazioni successive.
L’Irrilevanza dell’Irregolarità della Notizia di Reato
Anche la seconda censura è stata ritenuta manifestamente infondata. La Corte ha sottolineato che, pur potendo esserci stata un’irregolarità formale nella comunicazione della notizia di reato, questa era del tutto priva di rilievo pratico. Ciò in quanto il testimone della polizia giudiziaria aveva compiutamente riferito in dibattimento su tutta l’attività di indagine svolta, sanando di fatto qualsiasi potenziale vizio formale.
le motivazioni
La decisione della Corte si fonda su un principio consolidato: il ricorso per cassazione non può essere una sterile ripetizione dei motivi d’appello. L’imputato ha l’onere di confrontarsi criticamente con la sentenza impugnata, spiegando perché le argomentazioni del giudice di secondo grado siano errate. Limitarsi a riproporre le stesse lamentele, ignorando le risposte già fornite, trasforma il ricorso in un atto generico e, di conseguenza, inammissibile.
La Corte distingue nettamente tra irregolarità procedurali, che non compromettono la validità degli atti, e nullità, che invece ne determinano l’inefficacia. Nel caso di specie, i vizi lamentati dall’imputato sono stati correttamente qualificati come mere irregolarità, incapaci di inficiare l’esito del processo.
le conclusioni
L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per la difesa. Per evitare una declaratoria di ricorso inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, è indispensabile che l’atto di impugnazione non sia una copia dei motivi d’appello, ma un’analisi critica e puntuale della decisione di secondo grado. È necessario evidenziare le specifiche illogicità o violazioni di legge commesse dal giudice d’appello, argomentando in modo specifico e pertinente. In assenza di questo sforzo critico, il ricorso è destinato a un’inevitabile dichiarazione di inammissibilità.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si limitava a riproporre gli stessi motivi già presentati e respinti nel giudizio d’appello, senza confrontarsi criticamente con le argomentazioni della sentenza impugnata. Questo comportamento rende il ricorso generico e privo dei requisiti di legge.
L’omesso avviso al difensore del deposito degli atti di indagine è una causa di nullità del processo?
No. Secondo la Corte di Cassazione, si tratta di una mera irregolarità che non incide sulla validità o utilizzabilità degli atti. Rileva solo ai fini della decorrenza del termine entro cui la difesa può esercitare i propri diritti, come l’esame degli atti e la richiesta di copie.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso fissata in 3.000 euro, in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21475 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21475 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MANTOVA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/10/2022 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO ED IN DIRITTO
1. COGNOME NOME, a mezzo del difensore di fiducia, ricorre per cassazione avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Brescia con sentenza in data 3 ottobre 2022 ha confermato la sentenza del Tribunale di Mantova che lo aveva ritenuto colpevole del reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. b), 186 bis comma 1 lett. a) e comma 3 d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285 condannandolo alla pena sospesa di mesi due di arresto e di Euro 2000,00 di ammenda.
Con il primo motivo deduce l’inosservanza e l’erronea applicazione dell’art. 366 cod. proc. pen.
Con il secondo deduce la violazione dell’art. 347 cod.proc.pen. con riferimento all’art. 181 cod.proc.pen.
Il ricorso é nel complesso manifestamente infondato.
Entrambe le doglianze sono reiterative dei motivi di appello che sono stati adeguatamente vagliati nella sentenza impugnata e come tali inammissibili.
A riguardo non può che ribadirsi quanto già più volte chiarito da parte di questa Corte di legittimità, secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre, Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME, Rv. 243838)
Sul primo profilo il giudice d’appello, afferente il tardivo deposito degli atti nel segreteria del Pubblico Ministero, ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui l’omesso avviso del deposito, previsto dall’art. 366 del cod. proc. pen., riguardante i verbali degli atti compiuti dal P.M. e dalla polizia giudiziaria quali il difensore ha diritto di assistere, costituisce una mera irregolarità che senza incidere sulla validità ed utilizzabilità dell’atto, rileva solo ai fini decorrenza del termine entro il quale è consentito l’esercizio delle attività difensive (esame dell’atto e richiesta di copia). Tale omissione, non espressamente prevista tra le nullità assolute, non può essere neppure inclusa tra le nullità previste dall’art. 178, comma primo, lettera c), cod. proc. pen. riguardando queste ultime l’intervento e la presenza del difensore “al momento” del compimento dell’atto processuale (Sez. 4, n. 41702 del 20/09/2004, Rv. 230276).
Del pari manifestamente infondata é la seconda censura.
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Ed invero la doglianza, pur potendo investire un profilo di irregolarità della c.n.r. é priva di rilievo avendo il teste di COGNOME compiutamente riferito in ordine all’attività di indagine compiuta.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile senza formalità di procedura, ai sensi dell’art. 610 comma 5-bis cod. proc. pen.; ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 17.4.2024