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Ricorso inammissibile: la richiesta è necessaria

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro una condanna per rapina e spaccio. La decisione chiarisce che non è possibile richiedere una nuova valutazione dei fatti in sede di legittimità e che l’applicazione delle sanzioni sostitutive, previste dalla Riforma Cartabia, necessita di una specifica richiesta dell’imputato in appello, non potendo essere disposta d’ufficio.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Conferma la Decisione di Appello

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha dichiarato un ricorso inammissibile, fornendo importanti chiarimenti sui limiti del giudizio di legittimità e sull’applicazione delle sanzioni sostitutive introdotte dalla Riforma Cartabia. Il caso riguardava un imputato condannato per rapina aggravata e cessione continuata di sostanze stupefacenti. Questa decisione sottolinea un principio fondamentale: la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul fatto, ma un organo che valuta la corretta applicazione della legge.

I Fatti del Processo

Un soggetto, condannato in primo grado, presentava appello. La Corte di Appello di Torino, pur confermando la sua responsabilità, aveva riformato la pena. In particolare, aveva escluso l’aggravante della recidiva e riconosciuto la prevalenza delle attenuanti generiche, rideterminando così la sanzione. Nonostante questo parziale accoglimento, l’imputato decideva di ricorrere in Cassazione, affidando la sua difesa a tre distinti motivi.

I Motivi del Ricorso e la Valutazione della Corte

Il ricorrente contestava la sentenza d’appello su tre fronti principali, ma la Suprema Corte ha ritenuto le sue argomentazioni non meritevoli di accoglimento.

La Reiterazione dei Motivi: un Ricorso Inammissibile per Definizione

I primi due motivi del ricorso erano incentrati sulla responsabilità per la cessione di stupefacenti. L’imputato chiedeva una rilettura delle intercettazioni e una diversa qualificazione giuridica del reato, sostenendo che si trattasse di un’ipotesi di lieve entità (art. 73, comma 5, D.P.R. 309/90). La Cassazione ha bollato questi motivi come meramente reiterativi di doglianze già esaminate e logicamente respinte dalla Corte d’Appello. I giudici di merito avevano infatti motivato in modo congruo la loro decisione, evidenziando la continuità dell’attività di spaccio e un minimo apparato organizzativo, elementi che escludevano la lieve entità. La Suprema Corte ha ribadito che chiedere una nuova valutazione delle prove, come le intercettazioni, è un’attività preclusa in sede di legittimità.

Riforma Cartabia e Sanzioni Sostitutive: la Necessità della Richiesta

Il terzo motivo, definito ‘manifestamente infondato’, riguardava la mancata applicazione delle sanzioni sostitutive per le pene detentive brevi, introdotte dalla Riforma Cartabia (art. 20-bis cod. pen.). Il ricorrente lamentava che il giudice d’appello non si fosse pronunciato su questo punto. La Cassazione ha colto l’occasione per consolidare un principio giurisprudenziale cruciale: affinché il giudice d’appello possa applicare tali sanzioni, è indispensabile una richiesta esplicita da parte dell’imputato. Tale richiesta non deve necessariamente essere contenuta nell’atto di impugnazione, ma deve pervenire al più tardi durante l’udienza di discussione. In assenza di una specifica istanza, il giudice non è tenuto a pronunciarsi d’ufficio.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano su principi consolidati del diritto processuale penale. In primo luogo, il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Ciò significa che la Corte non può riesaminare i fatti o le prove, ma solo verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente le norme di legge e abbiano fornito una motivazione logica e non contraddittoria. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva adeguatamente scrutinato e disatteso le argomentazioni difensive, rendendo il ricorso su tali punti una mera ripetizione inammissibile.

In secondo luogo, per quanto riguarda le sanzioni sostitutive, la Corte ha applicato un’interpretazione rigorosa della disciplina transitoria della Riforma Cartabia. Richiedere una specifica istanza da parte dell’imputato risponde a una logica di collaborazione processuale e responsabilizzazione delle parti, evitando che il giudice debba esplorare d’ufficio opzioni non sollecitate dalla difesa.

Le Conclusioni

L’ordinanza si conclude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Come conseguenza diretta, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende. Questa decisione rappresenta un monito importante: il ricorso per cassazione deve basarsi su vizi di legittimità concreti e non può essere utilizzato come un pretesto per ottenere una terza valutazione del merito della causa. Inoltre, chiarisce in modo inequivocabile che i benefici introdotti da nuove riforme, come le sanzioni sostitutive, devono essere richiesti attivamente dalle parti interessate secondo le modalità previste dalla legge.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando, tra le altre ragioni, si limita a riproporre le stesse argomentazioni (doglianze) già esaminate e respinte in modo logico e corretto dalla corte precedente, oppure quando chiede alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e i fatti, compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito (primo grado e appello).

Per ottenere le sanzioni sostitutive della Riforma Cartabia in appello, il giudice può applicarle di sua iniziativa?
No. Secondo la giurisprudenza citata, affinché il giudice d’appello sia tenuto a pronunciarsi sull’applicabilità delle sanzioni sostitutive, è necessaria una richiesta specifica da parte dell’imputato. Questa richiesta deve essere presentata al più tardi nel corso dell’udienza di discussione del processo d’appello.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la persona che lo ha presentato (il ricorrente) viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro, in questo caso fissata in 3.000 euro, in favore della Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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