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Ricorso inammissibile: la reiterazione dei motivi

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di tre imputati condannati per spaccio di stupefacenti. La decisione si fonda sul principio per cui la mera riproposizione in Cassazione dei medesimi motivi già respinti in appello, senza una critica specifica alla sentenza di secondo grado, rende il ricorso inammissibile per genericità. Questo caso evidenzia l’importanza di formulare censure specifiche contro la decisione impugnata, anziché limitarsi a ripetere argomenti pregressi.

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Pubblicato il 16 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile per motivi ripetitivi: la lezione della Cassazione

Quando si presenta un ricorso alla Corte di Cassazione, non è sufficiente essere convinti della propria innocenza o dell’ingiustizia della pena. È fondamentale strutturare l’impugnazione in modo specifico, criticando puntualmente la sentenza di secondo grado. Una recente pronuncia della Suprema Corte ribadisce un principio cruciale: la mera riproposizione degli stessi motivi già respinti in appello rende il ricorso inammissibile. Questo articolo analizza la sentenza per comprendere le ragioni di tale rigore procedurale e le implicazioni pratiche per la difesa.

I fatti del processo

Il caso riguarda tre individui condannati in primo grado e in appello per diversi episodi di concorso in detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, tra cui crack, hashish, cocaina e marijuana. Le accuse erano aggravate dalla cessione a minorenni. La Corte di Appello aveva confermato le condanne, limitandosi a ridurre la pena per una degli imputati grazie al riconoscimento delle attenuanti generiche.

I motivi del ricorso in Cassazione

Insoddisfatti della decisione di secondo grado, i tre imputati hanno presentato ricorso per cassazione, basando le loro difese su diversi punti:

* Errata qualificazione del fatto: Due dei ricorrenti sostenevano che i fatti avrebbero dovuto essere inquadrati nell’ipotesi di lieve entità (art. 73, comma 5, D.P.R. 309/1990), ma la Corte di Appello aveva già respinto questa tesi evidenziando l’esercizio non episodico dello spaccio, la pluralità di droghe e la presenza di una rudimentale organizzazione.
* Trattamento sanzionatorio: Si contestava il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche nella loro massima estensione e la mancata applicazione del minimo della pena, criticando il potere discrezionale del giudice di merito.
* Mancata restituzione di somme sequestrate: Veniva lamentata la mancata disposizione del dissequestro di una somma di denaro confiscata.
* Continuazione tra reati: Un imputato contestava il mancato riconoscimento del vincolo della continuazione con reati oggetto di una precedente condanna.

La Decisione della Corte: un ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato tutti i ricorsi inammissibili. La ragione di questa decisione non risiede nel merito delle questioni sollevate, ma in un vizio procedurale fondamentale: la mancanza di specificità dei motivi. I giudici supremi hanno osservato una “perfetta sovrapponibilità” tra i motivi presentati in Cassazione e quelli già dedotti e puntualmente respinti dalla Corte di Appello.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha applicato un principio consolidato secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella “pedissequa reiterazione” di quelli già esaminati e disattesi dalla corte di merito. Un ricorso di questo tipo è considerato solo apparentemente specifico, perché omette di assolvere la sua funzione tipica: quella di una critica argomentata e puntuale avverso la sentenza impugnata.

In altre parole, il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono semplicemente riproporre le stesse argomentazioni. Esso deve, invece, attaccare specificamente le ragioni per cui il giudice di appello ha ritenuto infondati i motivi di gravame. Contestare genericamente il potere discrezionale del giudice nel determinare la pena o nel valutare le circostanze, senza evidenziare un vizio logico o una violazione di legge nella motivazione della sentenza d’appello, si traduce in una critica di merito non consentita in sede di legittimità.

Le conclusioni

La sentenza in esame offre un’importante lezione pratica: per avere successo in Cassazione, non basta ripetere le proprie ragioni. È indispensabile analizzare a fondo la sentenza di secondo grado e costruire un’impugnazione che ne demolisca la coerenza logico-giuridica. I motivi devono essere nuovi, o comunque formulati come critica specifica al ragionamento del giudice d’appello. Un ricorso inammissibile non solo porta alla conferma della condanna, ma comporta anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende. La difesa tecnica, quindi, deve concentrarsi sulla ricerca di vizi di legittimità, evitando di trasformare l’ultimo grado di giudizio in un’inutile replica delle fasi precedenti.

Perché i ricorsi sono stati dichiarati inammissibili dalla Corte di Cassazione?
I ricorsi sono stati dichiarati inammissibili perché si limitavano a ripetere gli stessi motivi già presentati e respinti dalla Corte di Appello, senza formulare una critica specifica e argomentata contro la motivazione della sentenza di secondo grado.

Cosa significa che un motivo di ricorso è una ‘pedissequa reiterazione’?
Significa che il motivo presentato in Cassazione è una copia identica di un motivo già esaminato e rigettato nel precedente grado di giudizio (l’appello). Questo rende il ricorso generico e non specifico, poiché non contesta il ragionamento logico-giuridico della sentenza impugnata.

È possibile contestare in Cassazione la decisione del giudice sulla quantità della pena?
No, se la contestazione si limita a una critica della scelta discrezionale del giudice di merito. È possibile farlo solo se si dimostra che la motivazione della sentenza d’appello su quel punto è manifestamente illogica, contraddittoria o viola specifiche disposizioni di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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