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Ricorso inammissibile: la prova non è decisiva

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile presentato da un amministratore condannato per bancarotta fraudolenta. Il ricorrente sosteneva di aver agito sotto costrizione, adducendo prove che la Corte ha giudicato generiche e irrilevanti. La sentenza sottolinea l’importanza di presentare motivi di ricorso specifici e pertinenti, confermando la condanna e stabilendo principi chiari sulla nozione di prova decisiva.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando le Prove Non Bastano

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20728 del 2024, ha fornito importanti chiarimenti sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi, in particolare quando si lamenta la mancata assunzione di una prova ritenuta decisiva. Il caso riguarda un amministratore di società condannato per bancarotta fraudolenta, il cui tentativo di ribaltare la sentenza di secondo grado si è scontrato con un giudizio di ricorso inammissibile. Questa pronuncia evidenzia come la genericità e l’irrilevanza delle argomentazioni difensive non possano superare il vaglio di legittimità.

I Fatti: Dalla Condanna per Bancarotta al Ricorso in Cassazione

La vicenda processuale ha origine dalla condanna inflitta dalla Corte d’Appello di Firenze a un amministratore unico di una S.r.l., dichiarata fallita. L’imputato era stato ritenuto responsabile di bancarotta fraudolenta, sia documentale che patrimoniale, e di altri reati tributari. In appello, la pena era stata rideterminata in due anni e due mesi di reclusione, mentre il reato di bancarotta preferenziale era stato dichiarato estinto per prescrizione.

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandolo su un unico motivo: l’omessa assunzione di una prova che egli considerava decisiva. Nello specifico, sosteneva di aver gestito la società sotto la costrizione di un terzo soggetto, asseritamente appartenente alla criminalità organizzata. A sostegno di questa tesi, la difesa ha richiamato una precedente sentenza di assoluzione del Tribunale di Bologna (relativa a fatti di un’altra società) e le dichiarazioni di una funzionaria di banca sulla possibilità di gestire un conto corrente da remoto.

Analisi del ricorso inammissibile e la sua reiezione

La Suprema Corte ha respinto le argomentazioni difensive, dichiarando il ricorso inammissibile per diverse ragioni fondamentali. La Corte ha innanzitutto rilevato un’incoerenza di fondo nel motivo di ricorso: la difesa lamentava la ‘mancata assunzione di una prova decisiva’ senza però specificare quale prova, richiesta durante l’istruttoria e non ammessa, sarebbe stata così determinante. Questa mancanza di specificità rende il motivo generico e astratto.

L’irrilevanza delle Prove Indicate

La Corte ha poi smontato il valore probatorio degli elementi portati dalla difesa, giudicandoli del tutto irrilevanti ai fini della decisione:
1. La sentenza di Bologna: Il fatto che l’imputato fosse stato assolto in un altro procedimento non aveva alcuna attinenza con il caso in esame, poiché quella sentenza riguardava fatti e, soprattutto, una società completamente diversa.
2. Le dichiarazioni della funzionaria di banca: Queste dichiarazioni si limitavano a confermare una possibilità tecnica, ovvero la gestione a distanza di un conto corrente. Tuttavia, non fornivano alcun elemento concreto per attribuire soggettivamente tale gestione a un terzo, né tanto meno per dimostrare la presunta costrizione subita dall’amministratore.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha motivato la dichiarazione di inammissibilità evidenziando che il ricorso era fondato su mere ‘deduzioni’ prive delle necessarie ‘ragioni di diritto e dei dati di fatto a sostegno’. Mancava, in sostanza, una correlazione logica e giuridica tra le censure mosse e la sentenza impugnata. Quest’ultima, al contrario, aveva fornito una motivazione congrua e logica per la condanna, basata sugli elementi raccolti nel corso del processo. La difesa, invece di contestare specifici punti della motivazione d’appello, ha tentato di introdurre elementi esterni e non pertinenti, una strategia che si è rivelata inefficace davanti al giudice di legittimità.

Conclusioni

La sentenza in esame ribadisce un principio cardine del processo penale: un ricorso per cassazione, per essere ammissibile, deve essere specifico, pertinente e logicamente connesso alla decisione che si intende impugnare. Non è sufficiente addurre elementi astratti o relativi ad altri contesti per sperare di ottenere una riforma della sentenza. La nozione di ‘prova decisiva’ implica non solo la sua potenziale capacità di cambiare l’esito del giudizio, ma anche la sua diretta rilevanza rispetto ai fatti contestati e la dimostrazione che la sua acquisizione sia stata ingiustamente negata nelle fasi di merito. In assenza di tali presupposti, il ricorso non può che essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo la sentenza, un ricorso è inammissibile quando è incoerente (ad esempio, lamenta la mancata assunzione di una prova senza specificare quale), generico (perché fondato su deduzioni prive di supporto fattuale e giuridico) e non correlato alla decisione impugnata.

Perché una sentenza di assoluzione in un altro processo non è stata considerata una prova rilevante?
Perché tale sentenza era relativa a fatti accaduti in un contesto diverso e riguardava un’altra società, risultando quindi del tutto irrilevante per dimostrare la fondatezza delle accuse nel processo in questione.

Cosa significa che le dichiarazioni di un testimone non sono sufficienti a provare un fatto?
Nel caso specifico, le dichiarazioni della funzionaria di banca provavano solo la possibilità tecnica di gestire un conto da remoto, ma non dimostravano chi effettivamente avesse compiuto tali operazioni. Mancava quindi un collegamento diretto tra la possibilità astratta e la riferibilità soggettiva della gestione all’imputato o a terzi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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