Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6455 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6455 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a SALERNO il 20/11/1968
avverso la sentenza del 17/09/2024 della CORTE APPELLO di SALERNO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME
considerato che il primo motivo di ricorso, con il quale si deduce la violazione di legge in relazione alla prescrizione del reato, è manifestamente infondato;
che, invero, si prospettano enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo di cui all’art. 157, secondo comma, cod. pen. e con la consolidata giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez. U, n. 9567 del 21/04/1995, Cosmo, Rv. 202003 – 01; Sez. 7, ord. n. 39944 del 08/07/2022, COGNOME, Rv. 284186 – 01; Sez. 2, n. 14767 del 21/03/2017, Aquaro, Rv. 269492 – 01), secondo cui, in tema di ricettazione, l’ipotesi attenuata non costituisce un’autonoma previsione incriminatrice, ma una circostanza attenuante speciale e che, di conseguenza, ai fini dell’applicazione della prescrizione, deve aversi riguardo alla pena stabilita dal primo comma dell’art. 648 cod. pen.;
ritenuto che il secondo motivo, con il quale si insiste nel contestare il mancato proscioglimento dell’imputato in relazione all’estinzione del reato per intervenuta prescrizione, è privo di specificità e non consentito in questa sede;
rilevato, a tale proposito, che con l’atto di appello si eccepiva i perfezionamento della prescrizione ritenendo che l’ipotesi attenuata comportasse un minor tempo utile per la maturazione della stessa rispetto alla ricettazione di 648, comma primo, cod. pen. e nessun cenno si faceva in relazione alla possibile retrodatazione dell’inizio del termine di decorrenza al momento in cui era stata inoltrata la denuncia di smarrimento, così che tale questione risulta dedotta per la prima volta nella sede di legittimità, sulla base di un accertamento di fatto non consentito in sede di legittimità;
atteso che, invero, la prescrizione è un evento giuridico il cui accertamento non è il frutto del mero computo aritmetico del relativo termine sul calendario, ma implica la risoluzione di plurime questioni di diritto e di fatto che devono essere specificamente affrontate dall’interessato secondo quanto disposto, a pena di inammissibilità, dall’art. 581 cod. proc. pen. (cfr. Sez. 2, n. 35791 del 29/05/2019, COGNOME, Rv. 277495);
osservato che anche l’ultimo motivo, con il quale si contesta il coinvolgimento dell’imputato nel reato presupposto e, di conseguenza, la qualificazione del fatto e la prescrizione del reato, oltre a non essere specifico, non è consentito;
che, invero, non sono deducibili con il ricorso per cassazione questioni che non abbiano costituito oggetto di motivi di gravame, dovendosi evitare il rischio che in sede di legittimità sia annullato il provvedimento impugnato con riferimento ad un punto della decisione rispetto al quale si configura a priori un inevitabile
difetto di motivazione per essere stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello;
che, inoltre, si prospettano enunciati ermeneutici in palese contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo cui, ai fini della configurabilità del delitto di ricettazione non occorre la prova positiva che l’imputato non sia stato concorrente nel delitto presupposto, essendo sufficiente che non emerga la prova del contrario (cfr. Sez. 2, n. 4434 del 24/11/2021, dep. 2022, Desideri, Rv. 282955 – 01; Sez. 2, n. 46637 del 12/09/2019, COGNOME, Rv. 277594 – 01);
che, nella specie, la Corte territoriale ha correttamente omesso di pronunziarsi sul punto perché si tratta di questioni non devolute alla sua cognizione, come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata, che l’odierno ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente nel ricorso, se incompleto o comunque non corretto (si vedano, in particolare, pagg. 1 e 2);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
considerato, infine, che «l’inammissibilità del ricorso per cassazione preclude la possibilità di rilevare d’ufficio, ai sensi degli artt. 129 e 609 comma secondo, cod. proc. pen., l’estinzione del reato per prescrizione maturata in data anteriore alla pronuncia della sentenza di appello, ma non rilevata né eccepita in quella sede e neppure dedotta con i motivi di ricorso. (In motivazione la Corte ha precisato che l’art. 129 cod. proc. pen. non riveste una valenza prioritaria rispetto alla disciplina della inammissibilità, attribuendo al giudice dell’impugnazione un autonomo spazio decisorio svincolato dalle forme e dalle regole che presidiano i diversi segmenti processuali, ma enuncia una regola di giudizio che deve essere adattata alla struttura del processo e che presuppone la proposìzìone di una valida impugnazione)» (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266818 – 01).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 21 gennaio 2025.